CALABRIAINARMI

 " PER LA PATRIA! "

"Una testimonianza sull'8 settembre 1943"

 

 

 

    La disfatta di Caporetto e l’8 settembre 1943, rappresentano due date infauste per la storia dell’Italia contemporanea. In entrambi i casi gli eventi sono avvenuti nel pieno delle due guerre mondiali con effetti devastanti per la nostra Nazione.

    Se a seguito della rotta di Caporetto, il regno d’Italia resse e si arrivò alla vittoria finale dopo dodici mesi di strenui combattimenti, cui gli italiani tutti (civili compresi) si compattarono intorno alla monarchia ed alle istituzioni; la data dell’armistizio, invece, ha determinato molteplici situazioni che vanno dal cambio degli alleati e del fronte di combattimento, all’inizio della guerra civile, dal caos istituzionale ed amministrativo, all’Italia divisa in due; la cui naturale conclusione, a guerra ultimata, fu la scomparsa della monarchia sabauda e la nascita della repubblica.

    L’aspetto più grave dell’8 settembre è stato comunque il fatto di aver lasciato uno Stato, e le forze armate tutte senza ordini e sbandate, in balia delle rappresaglie dell’ex alleato, già preparato da tempo a tale evenienza e quindi organizzato a gestire la nuova situazione venutasi a creare.

    I problemi maggiori si ebbero non solo in Italia ma anche all’estero per le truppe dislocate fuori dai confini nazionali, che dovettero fronteggiare, in solitudine e nell’incertezza, tale momento critico, cercando di bilanciare la necessità della sopravvivenza alla dignità ed all’onore militare.

    L’on. Mario Casalinuovo qualche anno addietro, per i tipi dell’edizioni Rubbettino, ha scritto un libro dal titolo "8 settembre 1943. Un episodio poco conosciuto della Marina italiana", nel quale descrive ciò che capitò a lui e ad altri commilitoni all’indomani della ufficializzazione dell’armistizio.

    In quella data egli infatti si trovava presso l’isola di Brioni (Pola) in veste di partecipante al 9° corso per allievi ufficiali di Stato Maggiore della Marina militare, svoltosi in quella località individuata dal luglio del 1943 in sostituzione di Livorno, sede storica dell’Accademia navale, ove fino a quel momento si tenevano anche i corsi per gli ufficiali di complemento.

    Quanto avvenuto a Brioni è una pagina poco nota ma, comunque, significativa di quanto accaduto in quei tristi giorni. Infatti, appena ricevuta la notizia della cessazione delle ostilità verso le truppe anglo-americane, i comandi cercarono di avere maggiori ragguagli dalla madrepatria e riuscirono in poco tempo ad organizzare un rimpatrio via mare dei militari. Ma a seguito di varie vicissitudini ed anche a causa di incertezze e titubanze sulle modalità operative (più di mille marinai rimasero 24 ore imbarcati su una nave ospedale, "il Vulcania", ancorata al porto in attesa di prendere il largo verso il sud Italia, e successivamente fatta arenare), gli italiani non riuscirono a mettere in atto il piano di evacuazione, finendo tutti prigionieri delle truppe tedesche, nel frattempo sbarcate in massa sull’isola e nell’intera zona di Pola.

    Dopo un viaggio interminabile, prima via mare verso Venezia e poi in treno, si avviarono verso il triste destino dei campi di concentramento, dapprima a Markt Pongau e poi ad Imst, entrambi ubicati in Austria, ove furono costretti a lavorare, avendo in cambio un trattamento molto duro, motivato da non avere la qualifica di prigionieri di guerra bensì di internati militari. Status non riconosciuto dalle convenzioni internazionali che pertanto lasciava spazi di manovra molto ampi ad angherie e sistemi punitivi severi.

    L’autore non si dilunga molto sul tipo di vita durante la prigionia, anche per una forma di rispetto e sensibilità verso chi subì persecuzioni e atrocità molto più gravi. Egli però evidenzia come i militari italiani, nella quasi totalità, non cedettero alle lusinghe provenienti dai nazisti e dalle autorità di Salò, di combattere al loro fianco. Decisione questa che avrebbe rappresentato la fine della prigionia ed il cui rifiuto invece causò un trattamento loro riservato ancora più rigido che durò fino al termine della Seconda guerra mondiale.

    Il libro si chiude con due brevi storie aventi per protagonisti alcuni prigionieri di nazionalità russa, che Casalinuovo ebbe modo di conoscere durante l’internamento, tratteggiandone gli aspetti umani.

    Va dato atto all’autore di aver divulgato una pagina poco conosciuta dell’8 settembre che, pur non essendo stata cruenta, rappresentò per i giovani allievi dell’epoca un trauma esistenziale di non poco conto e che trovò, a distanza di trent’anni dalla fine della guerra, il giusto riconoscimento, a seguito di specifico intervento legislativo, con l’attribuzione del grado di guardiamarina (equivalente a sottotenente) a quei ragazzi (e vengono ricordati anche altri concittadini e calabresi) che per colpe a loro non imputabili non poterono terminare il corso ufficiali e nello stesso tempo mantennero in prigionia un atteggiamento dignitoso ed onorevole.

    Su questo solco, nella ricorrenza della giornata della memoria il Comando Militare Esercito "Calabria" ha organizzato un incontro (con annessa mostra, fruibile da tutti, nei locali della Caserma Pepe-Bettoja) ove si è discusso, non solo della persecuzione del popolo ebraico, ma anche dei tantissimi militari italiani che furono presi prigionieri ed internati in vari campi di concentramento, dai quali molti non fecero più ritorno alle loro case, attuando quella che, poco generosamente, viene definita "resistenza passiva" al nazifascismo.

    Infatti, a seguito di ricerche effettuate dall’Associazione "Calabria in Armi" nella persona del suo Presidente, Mario Saccà, coadiuvato da personale civile del Comando Esercito, presso l’Ufficio di stato civile del Comune di Catanzaro, sono stati individuati 9 nominativi di catanzaresi deceduti in prigionia (e sono solo una parte), che si uniscono alle centinaia di calabresi che subirono analoga triste sorte, a dimostrazione in ogni caso dell’elevato tributo di sangue che in ogni circostanza la nostra regione ed il meridione hanno dato ai grandi eventi bellici.

                                                                                              

                              A cura di Vincenzo Santoro

  

 

 

 

 
     

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