CALABRIAINARMI

 " PER LA PATRIA! "

 
UN ITALIANO, NATO IN CALABRIA, NELLA GRANDE GUERRA
 

 IL CAPORALE  ESCO SILVESTRI: MURATORE, CANTASTORIE-SOLDATO

di Mario Saccà

 

Il caporale Esco Silvestri, muratore in tempo di pace e mitragliere nella Grande Guerra, era dotato di "spirito poetico".

Scriveva in una forma mista italo-calabrese e buona parte delle parole finivano in "e", come annota lo scrittore Corrado Tumiati nel racconto "Il caporale poeta".

"Biondo, silenzioso, con lo sguardo che pare tonto e assonnato,   <<marca  visita>> in linea e a riposo, per portarmi i suoi versi, e in compenso io debbo dargli l’olio di ricino per non farlo punire."

Il suo estro era simile a quello dei cantastorie, inventore di parole bislacche e poco osservante delle regole della punteggiatura; scriveva dove e come poteva: sotto la tenda o in trincea per raccontare la guerra vissuta, fonte privilegiata dei suoi versi.

"Zaino di sanità" fu pubblicato nel 1947 dall’editore Sansoni ed inserito, in seconda edizione, nel  libro dal titolo "I tetti rossi":  la prima, curata da Treves, era valsa a Tumiati il Premio Viareggio del 1931.

Tre dei racconti brevi che contiene riguardano eventi nei quali furono protagonisti soldati provenienti dalla Calabria.

Uno, "Errori", raccontò, dopo 31 anni dal suo svolgimento, echi della rivolta della Brigata Catanzaro nella notte fra il 15 e il 16 Luglio 1917 avvenuta a Santa Maria La Longa(1). Fino ad oggi, assieme a quella di Gabriele D'Annunzio, è l'unica testimonianza sul dramma dei caduti e dei fucilati in quelle ore.

Il nostro caporale,  inquadrato nel 142° Reggimento Fanteria, dedicò alcuni versi alla tragedia,  ripresi parzialmente  dallo scrittore ferrarese  nel racconto, che ricordò come  "la Brigata Catanzaro fu certamente una delle più gloriose e delle più provate nella grande guerra. Il suo proverbiale eroismo la condannò a due anni ininterrotti di guerra carsica. Stremata, mutilata, consunta risorgeva dal sangue e dalla morte con energie nuove, sempre imbattibile":

 

"Sanguinis mortisque colores

 Gestamus  ubique victores"

 

 
era il motto che significava  il colore rosso e nero delle sue mostrine.

Ma nel piccolo comune friulano le fatiche inumane, la stanchezza per le lunghe permanenze in trincea, il dolore per la  morte che aveva colpito a centinaia i soldati anche  nell’ultima battaglia isontina (2), la X,  esplosero  con forza disperata . Alle richieste dei combattenti si opposero la mitraglia, la fucilazione ed il  ritorno sui luoghi del massacro per partecipare all’XI battaglia carsica dell’Isonzo, detta della Bainsizza.

Il caporale-muratore nella circostanza avrebbe scritto un poemetto dal titolo "Brigate Zingare", per simboleggiare gli spostamenti continui  della Catanzaro sui campi di battaglia:

Voi lo sapete amice care

Che i zingare fermo non possono stare

Solo tre giorni in un paese

E  continuare di nuovo a marciare

Il prologo della rivolta di Luglio fu la prima manifestazione di insofferenza del Giugno 1916 quando alcuni soldati spararono dei colpi in aria gridando la loro stanchezza e la voglia di essere inviati in trentino, zona più tranquilla delle massacranti  colline del Carso.

Esco descrisse motivi e modi della protesta :

Tra i soldati tutti stanchi

S’incomincia un mormoria

E la sera della partenza

Ci fu una piccola fucileria

Adottò un modo brillante per sfuggire alla censura  militare regalando i diari in rima al suo ufficiale.

Non accadde nulla di rilevante:

piccolo incidentine

Intanto arrivano l’automobile

E c’insaccano come sardine

La produzione poetica del caporale calabrese  fu probabilmente  custodita da Tumiati fino alla  morte, avvenuta a Firenze nel 1967, allorchè dispose che tutti i suoi appunti venissero bruciati: volontà forse seguita dai figli. Scrisse: "Pochi foglietti ingialliti sono la sola cosa che mi sia rimasta di lui, né so più dove egli sia, se ancora viva, se ancora sia poeta". Anche essi finirono nel caminetto?

Malgrado i tre decenni dal Novembre 1918 lo scrittore  scelse  di consegnare ai posteri la memoria del biondo muratore  e della sue storie  di trincea . Esco aveva fatto  parte della sua vita di ufficiale, un uomo semplice ma capace di indurre al sorriso con l’ironica interpretazione della brutalità della guerra. Per "poetare" non si estraniava dalla realtà ma ne leggeva il senso raccontando in versi ambienti, uomini, gioie e sofferenze dei soldati  come un autentico cantastorie:

O musa mia prestami attenzione

rinfrescami un pò la mia memoria

seguime nel cammino in continuazione

a ciò possa comporre questa storia

Scrivere dobbiamo di quella missione

che dell’ umanità è onore e gloria…

E qui è bene chiarire un pò le idee

Parlo dei posti di medicazione in trincee.

Alcuni componimenti  sono dedicati  ai posti di medicazione in prima linea (Tumiati fu ufficiale medico con specializzazione in psichiatria, ndr) senza trascurare alcun dettaglio, il "gentile aspette" del tenente che fuma nel ricovero la sua sigaretta, " l’aspette ardite" dei suoi portaferiti.

Ma a un tratto scoppia una granate

Tramuta la tragedia in poesia

-Pronte le barelle arrivano dei feriti

-Son grave son grave - si sente un mormorio

-Signor Tenente oh che strazio al cuore

Aiutami lei io muoio di dolore

Il medico presta la sua opera e il nostro trovatore  scrive:

Gli fa somministrare un pò di ristore

E lo cura con affette amorevolmente

-Non è nulla sai un pò di dolore

 che la tua ferita è leggermente

 Sei stato ferite sul campo dell’ onore

 Gli dice con le labbra sorridente…

 Animi gentile piene di nobiltà

 Voi siete i pioniere dell’ umanità.

E  termina cosi:

Quanto più forte è il combattimente

Tanto più grande è il loro compite

Sotto un fuoco infernale di bombardamente

Ce sempre un grande accorrere di ferite      

Lor compiono il loro dovere con ardimente

Danno agli altri la vita con la propria vita.

"Non ho ritegno a chiamare ancora poeta il mio piccolo caporale…. parla ancora da bravo ragazzo italiano. Incapace di enfasi patriottica come di ottuso pessimismo. Attento a ciò che vede, pronto a ridere, se c’è da ridere, anche fra le pene, a riscaldarsi di legittimo orgoglio di fronte a spettacoli di forza e di eroismo, a rattristarsi umanamente d’ogni dolore e d’ogni ingiustizia" ( C. Tumiati , Zaino di sanita’, ed Sansoni, FI, 1947)

Un giorno Esco fu catturato e poi liberato dal contrattacco italiano. L’unico suo rammarico fu di aver perso il binocolo ma "Adesso ne ho uno molto migliore" – disse - e mostrò un fiammante Zeiss, sottratto agli ungheresi.

Anche le gesta della sua Brigata  Catanzaro  (apparteneva al 142° fanteria) lo ispirano :

Quanto più bella mi fioriva la vita

mi ritrovai vestite da soldato…

Indi  esalta i suoi comandanti:

Gloria a te o condottier gagliardo

Che il Carso per prima col nobile sangue redesti

Oh Maggiore Fronticello (3) nero era il tuo sguardo

La morte ti sorrise e tu da eroe cadesti…

Castelnuovo e Bosco Cappuccio videro le gesta e la morte del colonnello Cassola (Arturo  Cassoli, primo comandante del 142° e medaglia d’oro, ndr) <<gran conoscitore>> al quale non poteva succedere che un eroe:

Ratti (4) si chiamava e popolare si rese

Ed il papà lo chiamavano i prodi calabrese

<Natale in  trincea>> e << L’ammazza pidocchi>>: due "chanson de geste" nelle quali rinomina armi, oggetti e vita quotidiana dei soldati.

"Le bombe a mano sono frutta, le bombarde panettoni, i razzi fuochi d’artificio, l’acqua delle doline vino spumante"  (cfr Zaino di sanità, note prec.)

S’incomincia l’estrazione

Alle undice e venticinque

E il primo premio estratto

Fu un proiettile da 305

Così è la lotteria in battaglia, come non sorridere? Immaginate un colto signore che rilegge le rime dopo tanto tempo: scommetterei che oltre ad una risata qualche  lacrima ha percorso il suo viso.

Vi fu chi nella Sanità dell’Esercito propose l’uso di certi scapolari in grado di uccidere i pidocchi che infestavano i soldati; Silvestri li derise così:

Al vedere quell’apparate voi ridete

Perché vi mette il cuore in allegria

Con quelle stole assomiglio a un prete

Scongiuratore della pidocchieria…

Se fosse stato istituito un premio letterario per i  soldati il nostro avrebbe potuto sperare nella vittoria!

Ma i fogli con i suoi versi morirono, forse, con l’autore del libro.

"Legga questa, signor  tenente - mi disse piano - se le piace. Non badi agli spropositi".

Era il dialogo fra l’arma di Esco, la mitragliatrice, e una falce caduta in un campo e abbandonata: il poemetto più completo, ricordato da Tumiati a conclusione del racconto:

- Muta e tranquilla o sono nel riposare

Svelte e terribile io sono nel lavorare

E se una buona mane maneggiar mi sa

Alla mia vista ognun tremerà

 

Delle battaglie la regina io sona

E della vittoria son sempre la corona

Dal mio posto viete il passo ai nemice

Alto là gli dico io sono la mitragliatrice -

 

Poco lontano una falce arrugginite

A tale parlare si scosse tutta attonite

E disse – Io sono stata sempre così buone

Fra noi due non ce paragone

 

Io sono adoperate per falciare il grano

E tu pel sterminio della vita umano

Io lavoro per far l’uomo più forte

Mentre col tuo tu gli dai la morte -

 

A tale parlare chiaro franco e modeste

A dare risposte la mitragliatrice s’apreste

E disse – Se io non fo opere buone

La colpa non è mia ma della mano dell’uome.

Sradicato dal suo paese, dall’impastare sabbia e cemento, dal sovrapporre file di pietre o di mattoni per alzare case, precipitato nella  guerra moderna e nelle sue tremende armi stragiste il soldatino calabrese  ne imparò l’uso ma non ne nascose gli effetti letali  che uccidevano senza discernimento l’umanità e l’identità delle vittime.

L’uomo, come sempre, è l’unico responsabile della guerra  e dell’uso dei suoi mezzi.

"Esco Silvestri - conclude Tumiati nel 1947 - dove sarai oggi? Piccolo muratore di Calabria avrai ripreso metro cazzuola e piombino o sporcherai ancora carta con i tuoi versi? Io non so cosa avrà fatto di te la cosiddetta pace, ma so che la guerra non riuscì a sgannarti dai sogni e che più d’una volta le tue umili strofe seppero ricondurre sulle mie labbra un sorriso che credevo - per sempre -perduto".

Anch’io finisco qui, con la speranza che qualcuno risponda all’appello dell’autore.

 

(1)

La rivolta di Santa Maria la Longa fu l’unica che vide lo scontro armato fra i soldati degli stessi    reggimenti. Sull’evento sono stati scritti diversi libri, ma nessuno ha approfondito la ricerca per giungere alla verità definitiva.

Alcune recenti pubblicazioni sono state solo operazioni commerciali, visto l’interesse che si registra sulla Grande Guerra.

Nel racconto Tumiati ricorda di aver salvato dalla decimazione un suo attendente, calabrese, che aveva lavorato con lui durante la notte. La figlia dell’ autore, prof. Lucia Barbieri-Tumiati,  rammenta che quel soldato scrisse per tutta la vita al suo benefattore, ma non ne ricorda il nome. Collegando “Errori” all’altro racconto “Responsabilità”, ho pensato che potesse trattarsi del “ragazzo calabrese” Fraticola, un giovane bruno, tarchiato e timido che ricordava assieme al sardo Tedde.

Il cognome Fraticola è quasi esclusivo del  comune di Fagnano Castello ed è li che ho iniziato le ricerche.

(2)

Le battaglie dell’ Isonzo furono XI. Caporetto venne definita come la XII.

(3)

Maggiore Fronticelli Baldelli Giovanni, da Forlì. Caduto a Castelnuovo sul Carso il 26 Luglio 1915.

(4)

Colonnello Giuseppe Ratti, succeduto al colonnello Cassoli, primo comandante del 142°, dopo la sua morte avvenuta il 21 Ottobre 1915 a Bosco Cappuccio in seguito allo scoppio di una granata. Ratti comandò il reggimento dal 26 Ottobre 1915 al 30 Ottobre 1916.

Su Cassoli esiste un’ ampia documentazione. Nato a Ferrara, sposò la figlia dell’ ex sindaco di San Vito sullo Ionio (CZ), venne incaricato della formazione del 142° RF che addestrò personalmente sui monti del Pollino, prima di partire per la guerra. Cadde sul Carso e della sua morte esistono racconti in alcuni diari di guerra e sulla stampa calabrese che lo ricordò con grande rimpianto. La figlia di Cassoli, Anna, sposata a Curinga con un Perugini divenne madre di Arturo Perugini, che si ricorda come senatore della DC e primo sindaco di Lamezia Terme, alla cui unificazione aveva contribuito in maniera determinante con una sua proposta di legge.

 

 
 

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