CALABRIA; CALABRIAINARMI  

 " PER LA PATRIA! "

 

   
" CALABRESI CHE PORTARONO LA "SANTA CROCE" DEL CARDINALE RUFFO"    

di MARIO SACCA'

   
   
     
 

In un documento dell’ Archivio Borbone[1] sono elencati i nomi di 76 persone che nel 1799 parteciparono alla spedizione del cardinale Fabrizio Ruffo per “il riacquisto del Regno”  caduto e sostituito dalla Repubblica Napoletana. L’autorevole storico Umberto Caldora  nella premessa alla pubblicazione del testo, inedito, evidenziò  l’estrazione quasi tutta calabrese degli “individui” che avevano seguito l’eminente prelato. Essi costituivano un “campione delle forze meno ignobili e meno anonime… dell’ “armata cristiana”: prevalevano “i borghesi (patrizi, galantuomini, civili, professionisti)  legati alla conservazione, talvolta ad interessi terrieri”. Un ulteriore aspetto era costituito dai paesi di provenienza che “si trovavano lungo o prossimi all’itinerario seguito da Ruffo. Il che significa che la controrivoluzione – sottolineò Caldora – fu avvertita e sostenuta esclusivamente nelle località attraversate dal cardinale”. Il numero più consistente era originario di S. Eufemia non solo perché era una “riserva di inquieto e scontento bracciantato agricolo, disposto quindi ad azioni violente e reazionarie - ma anche perché in quella piana rilevante fu la convergenza di uomini sì che il Ruffo potè ripartirne con una massa accresciuta e rinforzata”. Ferdinando IV compensò a piene mani quanti parteciparono alla caduta della Repubblica Napoletana supplendo alla mancanza di risorse delle casse regie con l’utilizzo dei beni dei “Rei di Stato”, in gran parte possessori di feudi, beneficiari di rendite, piccoli proprietari: una cospicua massa di beni, sui quali  appuntò ogni avidità un’immane schiera di postulanti spesso privi di ogni scrupolo e dignità. E chi più chi meno, riuscì ad avere la sua fetta della gran torta disponibile in sì orgiastica festa, tra le sarabande popolari e le forche di Piazza del Mercato, dov’erano finiti Corradino e Masaniello”. Non tutti parteciparono all’iniqua divisione  dei premi come si evince dal documento, redatto nel 1803. Una volta che aveva riavuto il trono Ferdinando smise di dimostrare la sua gratitudine ai restauratori sanfedisti rimasti senza segni tangibili di riconoscimento alla loro opera controrivoluzionaria.

Nel documento pubblicato da Umberto Caldora i sanfedisti sono scritti in ordine alfabetico[2]. Ricorderò solo quelli  vissuti all’istmo dei due mari o legati al suo territorio:

1-  D.n Antonio e D.n Odoardo Stocco di Cosenza.

Sono nobili patrizj di Cosenza; si sono sempre distinti nell’attaccamento alla Real Corona e nella esecuzione de’ Regi Servigj; onde dal grado, che avevano, delle milizie provinciali passarono con gli stessi gradi a servire della 2.a Compagnia di Cacciatori del p.mo Reggimento Estero, ed indi furono rispediti nelle Calabrie per altre non poco interessanti commissioni. Nella massima emergenza del Regno, fedele essi mantennero, ed attaccato alla Real Corona il loro Feudo della Decollatura, senza deporre giammai l’uniforme militare. Altrettanto fecero praticare ne’ paesi circonvicini. Colla di loro cooperazione fu realizzato Scigliano. Col mezzo della Emigrata Francese Mad.me D’Albron, che passò per Cosenza, fecero capitare nelle mani di Sua Maestà in Palermo un veridico rapporto delle loro utili operazioni e dello stato della Provincia, animandolo a venire, o mandare persona di distinto carattere, poiché il Regno sarebbe ritornato subito sotto la Reale ubbidienza, esibendosi di mettersi alla testa di Sudditi attaccati e fedeli al Trono. Inteso appena l’arrivo dell’ Ecc.mo Cardinale Fabrizio Ruffo nella Calabria Ulteriore si portarono con grossa partita di gente armata ad incontrarlo in Maida. Dopo di averli accolti ed incorporati all’Esercito Cristiano fè loro l’Em.za Sua confidenza dell’accennata relazione consegnatale dalla M.tà del re Nostro Signore. Alli 19 di Marzo 1799 con lettere del lodato E.mo furono essi destinati per Cosenza presso quel Visitatore D.n Saverio Lacquaniti. Colla savia loro condotta restituirono il buon ordine in quella Provincia, che vivea nella massima anarchia. Si batterono coraggiosamente co’ nemici di Paola e Rossano fino alla loro resa. Ai 18 Aprile detto anno furono dal grado di Alfieri promossi per Patenti dell’ Ecc.mo Vicario a quello di Tenenti col soldo corrispondente, e colla dichiarazione che i loro servigj meritavano maggior compenso. Furono nel giorno istesso destinati, cioè il Ten.te D-n Antonio Comandante della Truppa rimasta di guarnigione in Cosenza ed il Tenente D.n Odoardo per Ajutante. Spedirono a proprie spese presso l’Armata Cristiana uomini di linea e di massa non meno che cavalli da tempo in tempo. Procederono all’arresto ed sterminio delle Comitive di malviventi che infestavano la Provincia, rendendola libera al traffico, e quieta con vistoso dispendio. Eseguirono tutti gl’incarichi loro dati da Visitatori politici ed economici della Provincia, perlocchè si resero per lettera meritevoli di lodi del lodato E.mo con promessa di compatir loro negli ascensi la dovuta giustizia. Ricuperarono molti cavalli ed attrezzi militari dello sbandato Esercito con spesa e con pericolo della vita.

Dismesse le masse con Reale Dispaccio de’ 31 Ottobre 1799 furono destinati al comando ed alla riunione de’ soldati veterani, che in copioso numero consegnarono al Preside D-n Felice Strada, cui anche consegnò il detto D.n Antonio moltissime armi di munizione recuperate, non che lettiere nuove, e paglioni fatti formare per detta Truppa; provvide di cavalli l’ Esercito per ordine del Visitatore Economico, e condottili a proprie spese in Napoli, li consegnò al Ministro della Reale Azienda. A dì 2 di Febraro 1801  ebbero la Reale Patente di Tenenti delle Milizie Provinciali col soldo corrispondente a tenore dello Stabilimento dell’anno 1800.  Non hanno dunque ricevuto compenso corrispondente dalla resa di Cosenza in poi, mentre il soldo mensuale di Duc.ti sedici di cui godono attualmente è minore di quello che percepivano allorchè prima delle vicende erano Alfieri de’ cacciatori, come si è sopra enunciato.

 

2-   Il Sacerd.e[3] D.n Bruno Cosentino di Squillace in Calab.a Ultra

E’ un Sacerdote religiosissimo e molto attaccato alla Real Corona. Armato si unì all’Esercito Cristiano nascente nel Pezzo pochi giorni dopo l’arrivo colà dell’Ecc.mo Ruffo.  Fu dichiarato uno dei Cappellani del Reggimento, che si stava organizzando dal Magg.e D.n Natale Perez de Vera, e poi n’ebbe la patente in Altamura ai 10 Maggio 1799. Seguì l’Armata con fermezza e valore in tutta la campagna per lo riacquisto del Regno, percependo il soldo di ducati dieci otto mensuali a nome di quanto erasi dall’Em.za Sua già prescritto; e col carattere di Cappellano proprietario del sud.o Reggim.to passò in Gaeta e Capua, ricevendo il soldo mensile di ducati venti al mese a tenore delle reali istituzioni. Ritornato il Reggimento in Napoli, si mantenne nell’esercizio di detto impiego fino a tt.to Giugno 1801. Nel nuovo piano formato dal Cappellano Maggiore a prò dei Cappellani dello sbandato Esercito, si trovò il Cosentino superante,  ma seguitò a servire da Cappellano aggregato collo stesso soldo fino a Xmbre del d.o anno. Dopo questa epoca fu dimesso dal soldo e dall’impiego. Ha ricorso più volte al Real Trono per esserne reintegrato, perché legittimamente eletto dal Vicario Gen.le  del Regno nel tempo della campagna, e nel tempo, Dio sa, quale condotta tenevano i Cappellani dell’Esercito sbandato, o per ottenere altro compenso in premio di un così costante ed intaccabile servizio. Rimangono ancora le di lui suppliche indecise.

Nota: E’ veramente cosa lacrimevole che siensi trovati esuberanti gl’individui che han servito in quella armata, la quale recuperò il Regno. Questo soggetto fu Cappellano del nuovo Regg.to, che non esisteva, e perciò nessun diritto potevano avervi i Cappellani del vecchio Esercito.

 

3-  Domenico Gioffrè di S.a Eufemia in Calabria ultra

Si unì all’Armata Cristiana nella Punta del Pezzo due giorni dopo l’arrivo colà dell’ E.mo Ruffo e la seguitò fino al conquisto di Napoli e suoi forti. Egli è bracciante, e qual soldato di Truppa a massa in tutta la campagna percepì il giornaliero pres di grana venticinque al giorno.

Nota: Nonostante la bassa sua condizione essendo stato uno de’ primi e costantemente fino all’ ultimo al servizio, merita a mio credere di essere collocato fra le principali Guardie delle Dogane.

 

4-  Domenico Ascrizzi di S.a Eufemia in Calabria ultra

E’ un bracciale. Si unì all’Armata Cristiana nella Punta del Pezzo, la seguì fino al totale riacquisto del Regno, e si distinse per il suo valore e coraggio in tutti gli attacchi;  percepì il soldo delle solite grana venticinque al giorno, e finalmente è di tanta onoratezza che non ebbe alcuna parte nei saccheggi.

 

5-  Domenico Gioffrè di Gio. Batt.a di S.ta Eufemia in Calabria ultra

Era vaticale. Ai 18 Febraro 1799 in S.ta Eufemia si unì all’Armata Cristiana portando seco un proprio mulo, del quale ne  ritirò le competenti giornate. La seguì fino a Monte Scaglioso. Da tal  luogo fu colla sua bestia spedito presso gl’Ingegneri Oliverio e Vinci per esaminare la posizione di Altamura. Fu quivi arrestato da nemici, perdette il mulo, soccombette alla fucilazione e sotterrato semivivo. Dissotterrato poi dopo la presa dal Colonnello Carbone, e da altri, perché semivivo e ferito fu mandato all’ospedale di Matera per guarire, se potevasi. Morì peraltro dopo due giorni. Rimasero la moglie e tre figli miserabilissimi, e vanno al presente elemosinando per vivere, perché l’unico loro sostentamento ricavasi dalle braccia del fucilato, e dalle vetture della bestia.

Nota: Sembra dalla clemenza di Sua Maestà di dar loro una qualche proporzionata sensualità.

 

6-  Domenico Gioffrè quondam Andrea, o Antonino alias Turco di S.ta Eufemia in Calabria ultra

Era un massaro. Si unì all’Armata Cristiana alla Punta di Pezzo dopo pochi giorni che vi arrivò l’E.mo Cardinal Ruffo; e siccome lo stesso condusse molti carri, così fu destinato alla guida de’ medesimi. La seguì fino all’Amendolara, dove per le fatiche indicibili si ammalò e finì di vivere, gettando sangue dalla bocca. Lasciò la moglie bastantemente povera e mendica, tantochè sembra non essere immeritevole di qualche benignità sovrana.

Nota: anche questa infelice vedova sembra degna della pietà di Sua Maestà

  

7-  Domenico Gaglioti di S.ta Eufemia in Calabria ultra

E’ un panettiere. Si unì all’Armata Cristiana nel Pezzo pochi giorni dopo l’arrivo colà dell’ E.mo Vicario Gen.le; la seguì con coraggio ed onoratezza non solo per tutta la campagna del riacquisto del Regno, ma anche nello Stato Romano, tirando il prest giornaliero di grana venticinque. Ritiratosi in patria dopo essersi dismesse le Masse, ricevette D.ti 7 e grana 50 per il viaggio.

Nota: potrebbe meritare grado distinto squadre di campagna o per servizio alle Dogane.di S.ta Eufemia in Calabria ultra.

 

8-  Francesco Bagnato di S.ta Eufemia in Calabria ultra.

E’ bracciale. Si unì all’Armata Cristiana nel Pezzo pochi giorni dopo l’arrivo dell’E.mo Cardinal Ruffo; la seguì con indicibile coraggio fino alla Capitale. Si trattenne in servizio fino a tutto il mese di Agosto 1799, e quindi colla solita regalia si restituì nella sua patria.

Nota: Potrebbe impiegarsi con distinzione nelle squadre di campagna o fra le Guardie delle Dogane.

 

9-  Francescantonio Crearzo di Santa Eufemia in Calabria ultra

Era un maestro falegname. Si unì all’Armata Cristiana nella Punta del Pezzo pochi giorni dopo l’arrivo colà dell’ E.mo Cardinal Ruff;  la seguì bravamente fino a Montescaglioso, da dove fu spedito in compagnia degli Ingegneri Oliverio e Vinci per esaminare la posizione di Altamura. Fu cogli altri arrestato da nemici e fucilato,  morendo sul colpo. Lasciò vedova la moglie con cinque figli, e questa famiglia infelice va elemosinando per vivere. La donna si chiama Anna Trunfo.

Nota: Merita la vedova qualche sensualità proporzionata al numero dei figli.

 

10-    D.n Francesco Antonio De Vito della città di Catanzaro

Si unì alla compagnia del capitan D.n Rocco Raimondo de Raimonde spedita dall’ E.mo Ruffo all’assedio di Cotrone nella Marina di Catanzaro. Passò pericolo di annegarsi nel fiume Alli, in cui cadde. Nell’attacco di detta città diede prove di valore. Fu quindi incorporato nella Compagnia del Maggiore D.n Nicola Gualtieri detto Pane di Grano. Seguì l’Armata fino alla presa di Napoli, e come in ogni attacco, con particolarità si distinse nell’attacco del castello di S.t Elmo e quindi nello Stato Romano fino alla resa di quella capitale. Dal Comandante Rodio pe’ meriti di valore fu egli proposto in Alfiere, e Sua Maestà si degnò con Reale Dispaccio de’ 13.8bre 1799 da Palermo confermargli un tal grado. Dimesse le masse, tornò in patria il De Vito ed il Preside di Catanzaro con sua particolar Patente, e come Subispettore delle Milizie provinciali lo graduò in secondo Tenente delle medesime ed eseguì lodevolmente diversi e rilevanti ordini in Provincia di Real pertinenza in servizio tanto dello stesso Preside, quanto del Visitatore Economico e Tesoriere Interino d.n Saverio Lacquaniti. Disapprovate le Patenti del detto Preside, tornò egli nel grado di Alfiere senza soldo, ed essendo povero all’eccesso, gli mancano i mezzi al proprio anche scarso sostentamento.

Nota: potrebbe essere Alfiere provinciale con soldo.

 

11-    D.n Giuseppe e D.n Luigi Costa di Majarato in Calabria ultra

Sono due galant’uomini molto attaccati alla Sovranità. Giunto appena l’ E.mo Cardinal Ruffo alla Punta del Pezzo, dopo essersi presentati al Consigliere Fiore, ed al Colon.lo Carbone furono spediti ad unir gente armata pel bisogno della impresa. Infatti riuscì loro di unire circa cinquecento teste, che fecero trovare allestite nella città di Mileto. Fecero quindi riaver dall’errore, ov’erano caduti, gli abitanti di Monte Leone; seguirono con tutta quella massa l’Armata, e si fecero molto onore all’attacco di Cotrone, da dove il Consigliere di Fiore li spedì a Messina per accompagnare i rei di Stato verso li 7 di Aprile con l’incarico di doversi riunire dopo la consegna de’  rei all’Esercito, e procurare insieme ad altri uomini. Eseguita una tal commissione con la più scrupolosa fedeltà, verso li 15 Giugno si portarono essi in Napoli alla testa di tutta quella brava gente, e subito vennero destinati all’ assedio di Castel Nuovo, indi a quello di S.t Elmo, dopo la resa del quale passarono sotto Capua. Qual piazza resa tornarono essi in Napoli, ed alle loro suppliche mossa Sua Maestà concesse a D.n Giuseppe il grado di Tenente, a D.n Luigi il grado di Alfiere nelle Milizie Provinciali. In tutto il corso della campagna e in tutte le commissioni loro addossate si diportarono con bravura ed esattezza senza risparmiar fatica, senza conoscere pericoli. Implorano perciò dalla Generosità Sovrana altro compenso proporzionato.

Nota: Sembra che se avessero il soldo corrispondente, dovesse loro bastare la ricompensa.

 

12-D.n Gio. Batt.a Griffo[4] di Borgia in Calabria ultra

E’ un galantuomo benestante, ch’esercitava la professione di avvocato, culto, giovine, Dottor di Legge, di molto coraggio ed attaccato per sentimento alla Real Corona. Unito egli al Capitan Raimondi, a D.n Giovanni Celea ed al Cap.o Spadea nel giorno 25 Febbraio 1799 realizzò la città di Squillace, arrestando varj delinquenti di Stato. Indi colla sua non poca gente armata si presentò nella Punta del Pezzo all’ E.mo Ruffo nel giorno 4 di Marzo, e l’ E.za Sua in vista de’ lodevoli portamenti opinò di graduarlo e lo graduò fino da quel momento in primo  Tenente con sua patente de’ 5 Marzo data dal quartier gen.e del Pezzo, e ciò per animarlo viepiù al buon servigio del Re Nostro Signore. Ricevette l’ incarico di unire altra gente e disporsi all’ assalto di Catanzaro con fermarsi in Borgia sua patria. Giunta colà l’ Armata ai 10 di Marzo, il Griffo si fece trovar pronto con altra molta gente d’armi, coadiuvando non poco alla situazione all’ alloggio della truppa. Realizzata appena sotto il giorno 15 di detto mese la città di Catanzaro fu egli spedito colla sua massa all’assalto di Cotrone, distinguendosi in questo incontro per l’ attività e la bravura. Colla stessa gente e con egual fermezza seguì l’Armata fino a Corigliano, ove le fatiche della guerra lo debiliteranno a segno che fu sorpreso da febre e da un tumore nella gola. Dall’Ispettore Genle M.me Ruffo gli venne accordata licenza di rimpatriare. Guarito appena il Griffo, raggiunse l’Armata nel giorno 27 Maggio in Spinazzola, e fu destinato ad Aiutante al Mar, e Malaspina, disimpegnando con fedeltà tutte le commissioni addossategli fino alla presa della Capitale. Trovandosi in Portici nel giorno 14 di Giugno fu spedito dal Commendator Ruffo a sollecitare dall’E.mo Vic.o generale un rinforzo di truppa per assistere alla colonna di Schipani, ed in questo incontro diede segni di valore. Dopo la realizzazione di Napoli e de’ Castelli fu il Griffo destinato dal M.se Malaspina a funzionare da interino Commissario di Guerra per passare a rivista le masse. Con Reale Dispaccio de’ 5 Ag. 1799 fu confermato nel grado di Tenente e sotto il 12.9mbre 1801 gliene fu spedita la Real Patente. Nello stesso mese di Agosto 1799 fu destinato Regio Incaricato per l’amministrazione de’ beni de’ rei di Stato nella Calabria citra; carica che ha esercitato fino a che la clemenza di Sua Maestà gli fece restituire ai med.mi rei e finalmente è da notarsi che il Griffo in tutto il corso della campagna si mantenne a proprie spese non avendo mai percepito soldo, o ricevuto compenso, e presentemente sta servendo da Tenente nel primo squadrone de’ Dragoni delle Milizia Provinciali di Catanzaro senza soldo per destino datogli dall’Ispettore Generale Maresciallo de Rosheneim.

Nota: Ancor questi sembrerebbe doversi collocare nell’ esercito.

 

13-    D.n Lattanzio Magisani di San Pietro di Maida in Calabria ultra

E’ un galantuomo onesto e coraggioso, che si unì all’Esercito Cristiano alla testa di molta gente armata due miglia distante da Maida, e lo seguì fino a Cotrone, e per il contegno lodevole di cui fè mostra in quell’incontro, fu dall’E.mo Ruffo premiato col grado di Alfiere. Spedito quindi per una commissione di Stato, in passando per il piano di Girifalco venne assalito da una orda di ribelli e fatta a’ medesimi colla sua gente una valida resistenza, piuttosto che commettere la viltà di fuggire, superato dalla forza maggiore, rimase vittima del coraggio. Lasciò superstite una povera e numerosa famiglia priva dell’ unico sostegno. L’E.mo Vicario, durante l’esercizio del comando fece pagare alla vedova Maggisani  la metà del soldo, che percepiva il detto Alfiere. Da quel momento in poi non ebbe la vedova alcun sollievo e vive miseramente.

Nota: sembra che tale somministrazione fosse meritata dalla vedova di un uomo di sommo valore e fedeltà, e per il quale si salvò in molte occasioni l’ artiglieria e la polvere.

 

14-    D.n Luigi Augello di Marcellinara in Calabria ultra

E’ un uomo civile ed attaccato al Real Trono, che intese appena esser giunto l’E.mo Ruffo in Borgia, unitamente a’ due fratelli, e molta gente si presentò colà all’Esercito Cristiano. Marciò coraggiosamente e si battè con coraggio sotto Cotrone, ed in ogni incontro fino alla resa della Capitale. Nella spedizione col M.se della Valva Visitatore si diportò onestissimamente. Adempiuta la commissione fu licenziato, e restituitosi in Napoli per implorare ed ottenere qualche premio a tanto di fatiche, nulla ottenne, e costretto perciò dalla necessità prese servizio nel treno da volontario. In tale servizio fece la campagna di Siena, e nel ritornare alla Capitale, siccome non poteva sostentarsi col soldo che percepiva nel treno, si licenziò, e vive miserabilmente non avendo ottenuto mai il più che menomo premio.

Nota: potrebbe forse darglisi luogo nelle Regie Finanze.

 

15-        D.n Nicola Rocca di Sellia in Calabria ultra

E’ un uomo civile di quel paese, il quale appena che fu informato dell’arrivo dell’E.mo Ruffo nella Provincia di Calabria per il riacquisto del Regno, si presentò con gente armata al Casino di Schipani, ed essendosi offerto  a servire fu dall’E.mo sua con rescritto dichiarato capo di una partita di massa. Nella presa di Altamura, ove si battè con coraggio, restò ferito in una coscia. Guarito appena tornò al servizio e fino al termine della Campagna si diportò lodevolmente in tutti gli attacchi, e particolarmente sotto S.t Elmo, dove rimase mortalmente ferito a segno che per più mesi star dovette nell’ospedale a curarsi. Dimorò più tempo in Napoli, ma costretto poi dal bisogno si ritirò in Provincia sena aver potuto ottenere alcun premio a tanti servigi, e vive elemosinando.

Nota: essendo atto al servizio dopo le sue ferite, stimerei che potesse meritare di esser primo Sergente col grado di Alfiere, o diversamente merita a mio credere qualche ricompensa con impiego.

 

16-        D.n Pasquale Luciano Seg.rio del Tribunale di Catanzaro

Fu sempre fedele ed attaccato al Reale Trono, e prestò dei servigi non indifferenti specialmente nella straordinaria Delegazione di Stato del Consigliere D.n Angelo di Fiore. Si presentò in Mileto all’E.mo Ruffo in compagnia del colonnello D.n Antonio De Settis; fu promosso in Alfiere del Reggimento Reali Calabresi e situato al momento stesso nella Segr.ria della Delegazione suddetta. Da Monte Leone fu spedito con gente armata e con attrezzi di guerra per la Provincia di Cosenza;  prestò colà assistenza all’ Ajutante di Campo Cav.e D.n Giuseppe Mazza al Pro Tesoriere D.n Giuseppe Fedele, diportandosi con zelo e diligenza. Non lasciò di esporre al Real Trono le sofferte fatiche, e non solo non ne riportò alcun premio, ma neppure potè ottenere che gli fosse confermata la Patente di Alfiere speditagli  dall’ E.mo Vicario Gen.le, tanto che si è ridotto in uno stato molto deplorabile.

Nota: essendo vera la Patente ottenuta, parrebbe che, a tenore della Clementissima Intenzione di S. Maestà di confermare le Patenti date dal Cardinale dovrebbe lusingarsi di ottenere la richiesta conferma.

 

17-        D.n Rocco Zagari di S.ta Eufemia in Calabria Ultra

E’ un galantuomo attaccatissimo alla Real Corona, zelante e coraggioso, il quale prima delle vicende dello Stato servì da volontario nella campagna di Roma. Sbandato l’Esercito per non prender partito nella Repubblica prese la via della patria limosinando, e perché civile, non avvezzo in conseguenza a strapazzi violenti, cadde infermo per la strada. Incontrò l’Armata Cristiana in Mileto ma perché ammalato effettivamente, fu costretto di ripartire. Ristabilitosi finalmente raggiunse l’Armata poco dopo la presa della città di Napoli. Fu promosso in Cadetto, ed incardinato nel Reggimento Reali calabresi, servendo coraggiosamente fino al totale riacquisto del Regno. Col detto Reggimento passò in Gaeta e Capua. Ai 4 di Maggio 1801 fu graduato in Alfiere delle Milizie provinciali senza soldo. Il dispendio sofferto dalla casa per mantenerlo decorosamente in ambedue le campagne, e la morte del padre ridussero il Zangari in miseria. E’ in Napoli con Real licenza per ottenere, come implora umilmente, almeno il soldo di Alfiere in provincia.

Nota: tardi si unì alla’ Armata Reale.

 

18-        Rosario Pentimalli di Sant’ Eufemia in Calabria ultra.

E’ un maestro ferraro. Si unì questi all’ Armata Cristiana nel Pezzo giorni dopo l’arrivo colà dell’ E.mo Ruffo come Vicario generale. Sempre costante, e sempre coraggioso con aver soltanto esatta la diaria giornata di grana venticinque, la seguitò fino all’ intiera liberazione del Regno. Dimesse le masse, se ne tornò questi alla patria, essendogli stato solamente somministrato il prest per un mese.

Nota: sembra che potesse situarsi con distinzione in qualche squadra.

 

19-        Rosario Carbone di S.ta Eufemia in Calabria Ultra

Era un maestro calzolaio. Armato di tutto punto si unì all’Esercito Cristaino nella marina di Gioja, seguendolo fino al Pezzo. Fu indi spedito presso il Marchese Malaspina alla scorta de’ rei di Stato nella cittadella di Messina. Si riunì coll’Esercito in Gravina, e fino a Napoli combattendo bravamente si contradistinse sul ponte detto della Maddalena.. Nel giorno 14 Giugno 1799 resistendo ai Patriotti, che facevano fuoco nel Palazzo Stigliani, colle armi alla mano, fu colpito da fucilata nemica, e morì dopo poche ore. Restò superstite il padre vecchio, inabile, e senza alcun soccorso.

Nota: potrebbe che si potesse dare una qualche mensualità al padre dell’estinto.

 

20-        D.n Saverio Donato di Catanzaro

E’ una persona civile di quella città. In tempo delle passate vicende dimorava nella città del Pizzo coll’incarico di subalterno nel Tribunale, e come si era colà piantato l’albero tosto che si appurò dal medesimo l’arrivo dell’ E.mo Ruffo alla Punta del Pezzo, si cooperò moltissimo a far succedere la controrivoluzione. Sotto il giorno 24 Febraro 1799 si presentò il Donato all’Armata Cristiana, e destinato venne sul momento ad assistere presso la delegazione straordinaria di Stato col Consigliere D. n Angelo di Fiore. Non solo si diportò con lode nell’impiego di penna, ma colle armi alla mano si contradistinse per il coraggio in ogni attacco, seguendo la Truppa fino alla resa della Capitale, e i suoi forti. Avendo con riverenti suppliche esposti i proprj  meriti, con Real Carta de’ 20 Aprile 1800 ottenne di essere dichiarato Alfiere di cavalleria senza soldo, col destino per ora di servire nel secondo Reggimento de’ Dragoni Provinciali in Napoli, e siccome non percepisce soldo, si è perciò ridotto in uno stato quasi mendicante.

Nota: potrebbe aver luogo in qualche Udienza Provinciale.

 

21-        D.n Vincenzo Lupino di S.ta Eufemia in Calabria ultra

E’ un sacerdote di morigerati costumi attaccatissimo al Real Trono. Divulgatasi appena la notizia dell’arrivo dell’E.mo Vicario Generale alla Punta del Pezzo, formò una grossa compagnia di cento cinquanta uomini armati, e sotto il giorno 11 di Febraro 1799 si presentò all’ E.za Sua, portanto alla testa di questa brava gente la Bandiera della Croce. Fu il primo che si unì all’Armata nascente, e venne destinato in Porta Bandiera della Santa Croce, e pagatore di prest con l’Armata. In Mileto fu destinato Ufficiale della Contadoria di campagna. Servì con zelo ed illibatezza ne’ due laboriosi impieghi fino alla resa di Napoli, e quindi nello Stato Romano fino alla liberazione di quella Capitale, mantenendo illesa sempre la bandiera in ogni attacco, e segnatamente nell’ultimo sotto Frascati ai 21 di Agosto di detto anno, ove si contentò piuttosto di perdere l’intiero equipaggio per sostenerla e difenderla. Nell’entrar che fece in Napoli l’Armata ebbe la sorte di portare la nobile ed augusta Bandiera, la quale fu lavorata da Sua Maestà la Regina, e dalle Reali Principesse. Servì nelle due campagne senza percepire alcun soldo. Ebbe dalla Reale Munificenza un’annua pensione di Duc.ti 150 col peso della decima. E’ povero. Deve mantenere il padre vecchio, non può soccorrere il fratello gravato di nove figlj. Non intende il ricorrente d’interessar più oltre il Regio Erario, implora soltanto un impiego in una delle Chiese di questa Capitale, giacchè non può restituirsi in patria, essendo mostrato a dito, ed esposto alle persone mal’intenzionate o supplica per avere un Canonicato nella Chiesa di Reggio, o una qualche Badia di Regia Collazione per mantenersi, com’esige il carattere, ve sostentare il padre e i nipoti miserabili.

Nota: E’ stato ricompensato, ma non può negarsi l’ottima sua condotta, la costanza e l’eccellente costume.

 

22-        D. Vincenzo Petroli fu Capo-Ruota di Catanzaro ed Uditore dell’Esercito 

Ritrovandosi Uditore nel Tribunale di Lecce rese al Trono de’ servigi interessanti, e specialmente nella leva forzosa, promovendo per primo il genio di offerire a beneficio del Regio Erario de’ doni gratuiti, opera di Real gradimento.  Indi in Lucera da Capo-Ruota diè compimento alla leva suddetta, e condusse circa mille uomini ne’ reali accantonamenti. Di poi quando era Capo-Ruota della R.le Udienza in Catanzaro, e particolarmente dopo la invasione francese nel Regno, e la Cessione delle Piazze principali, trovandosi in Nicastro per disimpegnare la gelosa commissione della leva forzosa sotto il 2 Sett.bre 1798 sedò un tumulto popolare che si era contro quel Vescovo suscitato, e promosse del pari l’ oblazione di grossa somma per sovvenire il Regio Erario in quelle circostanze, inducendo quel popolo a prender l’ armi in difesa della buona causa. Tali non equivoche prove di lealtà e di attaccamento rimangono autenticate da Dispaccio de’ 10 Gennaio 1799 firmato in Palermo dall’ Ecc.mo Capitano Gen.le Acton, in cui si attesta il Real gradimento. Introdottasi in Catanzaro l’Anarchia,  in assenza di quel Preside umiliò a Sua Maestà in Palermo una rimostranza diretta  a proprie spese al Ten.te Gen.le Danero allora Governatore della Piazza di Messina, e portante lo stato della Provincia, sollecitandola a spedire un soggetto di fiducia nelle Calabrie, popolazioni fra le quali vigeva l’amor sincero al Sovrano. Seguita la controrivoluzione, si portò subito il Petroli alla Marina per raggiungere l’ E.mo Vicario Generale cui piacque eleggerlo Uditore dell’Esercito e lo ebbe sempre a’ fianchi in tutte le azioni belliche fino alla Capitale.

La Suprema Giunta di Governo di Napoli rappresentando il fin qui esposto a Sua Maestà in Palermo ne riportò il di lui destino col medesimo carattere di Uditore dell’Esercito per lo Stato Romano con Real Carta de’ 14 Agosto 1799. Corrispose alla fiducia de’ Superiori, disimpegnando gli obblighi dell’impiego con zelo e rettitudine nelle due campagne e nella susseguente, fino a Siena, riportandone la piena soddisfazione di tutti i  Generali, anzi dal Ten.te Gen.le Damas fu proposto per uno de’ Consiglieri nel Tribunale di Guerra, e Casa Reale, anzi per il suo buon servigio in Roma, ove scuoprì due congiure, che stavano al momento di scoppiare, dopo avere esercitate le altre cariche di Ministro di quella Giunta di Governo, dell’altra de’ Capi de’ Tribunali, della Giunta degli Allarmisti, e de’ Supremi Consiglj di Guerra meritò dal Sommo Pontefice Pio Settimo una commendatizia presso la Maestà Sua. Attesi tanti servigi a prò della Real Corona ottenne il Petroli il mensuale onorario di ducati sessanta, ma languisce senza impiego.

Nota: quantunque non debba dissimularsi che  il Petroli sottoscrisse con il resto della Udienza delle carte contrarie alla Corona, era però notoria ai Realisti la di lui fedeltà, quale verificata dal Card.le che scrive, fece sì ch’ Egli lo impiegò come dicesi di contro. Non ebbe mai alcun sospetto sopra di lui nel lungo corso del di lui servizio, e sebbene anziano e non soldato, fu sempre con le armi alla mano, incoraggendo i paesani, ed esposto ai pericoli che s’ incontrarono. Sicchè stima lo stesso Cardinale, e così opinarono i Generali, sotto i quali servì poi, che sia degno di essere impiegato nel vivo servizio di Sua Maestà ( D.G.)

 

23-        Vincenzo Federico di Santa Eufemia in Calabria Ultra

E’ un vaticale; si unì all’Armata Cristiana verso Rossano nell’atto che stava ritirandosi nella sua patria perché soldato del Corpo de’ cacciatori volontarj dello sbandato Esercito; la seguì fino alla presa di Napoli, e negli attacchi col nemico mostrò sempre spirito e fermezza. Fu spedito nello Stato Romano, e servì con egual candore fino alla liberazione della Capitale. Dimesse le masse rimpatriò colla consueta gratificazione di ducati sette e grana cinquanta per il viaggio. Ritornato il d.o Federico in Napoli ha supplicato per qualche premio a tante fatiche; ma nulla ottenne finora, e per vivere è costretto di andare elemosinando.

Nota: forse potrebbe situarsi con distinzione in qualche Squadra della Finanza.

Le possibilità di approfondire la ricerca sulla spedizione del cardinale Ruffo, su coloro che vi presero parte, sui motivi ambientali e culturali che li mossero è notevole. L’ampia disponibilità di testi sull’argomento lo consente ma, come sempre, bisogna recarsi nei luoghi dove le persone vissero, consultare gli archivi pubblici o privati esistenti per attribuire identità più precise alle storie dei singoli per meglio inserirle nella visione e nella scrittura della grande storia.

 

[1] Archivio di Stato di Napoli, f 239,cc.115r,-142r in Umberto hCaldora “Per la storia della spedizione sanfedista del Ruffo” ( 1799) ,estratto da Calabria Nobilissima, anno XIX- n° 49-50 del 1965.

[2] Nel documento l’ elenco alfabetico tiene conto dell’ iniziale del nome e non del cognome.

[3] I sacerdoti elencati nel documento sono cinque, compreso D Bruno Cosentino: D Antonio Ruffo di Pedavoli ( oggi Delianova); D Carlo Cortese di Tropea; D Giuseppe Pitari di Varapoti ; D Vincenzo  Lupino di S.ta Eufemia.

[4]  Capeggiò i galantuomini di Borgia nel troncare il tentativo di costituire colà la repubblica , CINGAR, Giacobini e sanfedisti in Calabria nel 1799

 

     
     

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