CALABRIAINARMI

 " PER LA PATRIA! "

"FUCILATE I FANTI DELLA CATANZARO"

 

 Un libro sulle decimazioni ed esecuzioni sommarie contro i soldati della “brigata di ferro”.

 

 A distanza di novant’anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale, proseguono regolarmente gli studi storici, le ricerche, i convegni aventi ad oggetto questo terribile avvenimento che ha cambiato radicalmente il volto della storia contemporanea ed il destino di milioni di persone tra militari e civili.

 Le ricerche, nei vari anni, hanno scandagliato  non solo i fatti e gli accadimenti propriamente bellici e di storia militare, ma anche gli aspetti sociali, umani, tecnologici,  etc. ad essi collegati.

 Un filone che solo da qualche decennio sta interessando molti studiosi italiani  e che per tantissimo tempo è stato invece trascurato, riguarda la Giustizia militare e lo studio del sistema disciplinare e punitivo durante la Grande guerra.

 C’e da dire che sul fronte italiano, più che negli altri, si toccarono punte esasperate di repressione che fecero introdurre, oltre alla giurisdizione ordinaria e straordinaria delle corti marziali, previste dai codici penali militari vigenti all’epoca, anche l’uso, e spesso l’abuso, di giustizia sommaria e senza processo, il cui fine ultimo era la fucilazione di soldati macchiatisi di reati considerati disonorevoli e disdicevoli per le forze armate.

 Vero mostro giuridico, le esecuzioni sommarie potevano essere ordinate, seduta stante, da singoli comandanti di reparto, anche di ridotte dimensioni, con lo scopo di dare l’esempio agli altri soldati, e fu reintrodotta la decimazione, cioè la pena consistente nel fucilare un soldato scelto a caso, tramite sorteggio o conta, ogni dieci appartenenti ad un reparto militare macchiatosi di reato collettivo. Sistema barbaro ed incivile che non distingueva il colpevole dall’innocente ma lasciava alla mera casualità la sorte degli uomini.

 I principi fondamentali della responsabilità soggettiva, della legalità, della difesa, vennero sopraffatti dall’esigenza militare di dare una risposta dura e immediata in caso di indisciplina, rivolta, sbandamento, codardia, diserzione, etc.

 La brigata Catanzaro, la cosiddetta brigata di ferro, che si battè valorosamente su vari fronti della Grande Guerra dando un contributo elevatissimo in termini di vite umane, fu interessata a due episodi di decimazione a seguito di giustizia sommaria, e più precisamente sul monte Mosciagh nella zona degli Altopiani nel maggio del 1916 ed a Santa Maria la Longa nel luglio del 1917.

 Negli anni di queste vicende si è parlato ben poco, ma è partita dalla città che ha dato i natali ed il nome alla brigata di fanteria nei primi mesi del 1915, la necessità di analizzare e riportare alla memoria tali episodi, tant’è che nel maggio 2005, su iniziativa dello storico catanzarese Mario Saccà, che da più tempo si occupa approfonditamente delle vicende della brigata, era stato organizzato un convegno, d’intesa con l’Amministrazione Comunale di Catanzaro, avente ad oggetto la storia della Catanzaro. Il convegno che aveva visto, tra gli altri, il coinvolgimento di storici, enti, istituzioni e scuole cittadine, oltre agli aspetti squisitamente militari, non poteva non trattare i tragici avvenimenti legati a fucilazioni sommarie e decimazioni avvenute al suo interno. In virtù dell’interesse suscitato è stata anche vissuta una fase itinerante nei luoghi simbolo ove si consumarono tali orrori sia in Trentino che in Friuli.

 Il merito maggiore, comunque, è stato quello di aver sollevato un velo su una delle pagine più nere dell’intero conflitto e di aver evitato di far cadere l’oblio su tragici fatti poco noti e per molto tempo né studiati né divulgati; tant’è che, proprio a seguito del convegno, c’è stato un proliferare di contatti ed occasioni di studio finalizzate ad approfondire tali vicende.

 Su questo percorso tracciato, si inserisce lo studio degli storici Marco Pluviano ed Irene Guerrini, che già nel 2004 hanno ben approfondito il tema delle esecuzioni sommarie e delle fucilazioni senza processo, i quali hanno pubblicato di recente un libro, per i tipi dell’edizioni Gaspari di Udine, dal titolo “Fucilate i fanti della Catanzaro. La  fine della leggenda sulle decimazioni della grande guerra”, che tratta i tragici avvenimenti che portarono ai due episodi di decimazione subiti dai fanti della brigata calabrese.

 Il libro ripercorre inizialmente gli aspetti inerenti la giustizia militare nel Regio Esercito italiano e quelli propriamente bellici e operativi della brigata Catanzaro in zona di guerra per poi soffermarsi ad analizzare i due specifici episodi di decimazione.

 Se per le vicende avvenute sul monte Mosciagh (vicino Asiago) sono, complessivamente, noti i fatti e circostanze che arrivarono alla punizione – comunque esagerata e non propriamente legittima -  per il reato di sbandamento ai danni di 12 soldati (di cui 8 fucilati per decimazione), molti punti oscuri e ancora non perfettamente conosciuti riguardano le fucilazioni, ordinate senza processo, a seguito di quella che fu ritenuta giustamente la più grave rivolta  avvenuta in seno al Regio Esercito italiano durante la Prima guerra mondiale a Santa Maria la Longa nell’estate del ’17, pochi mesi prima quindi della disfatta di Caporetto.

 Sono stati analizzati atti, incartamenti, testimonianze relative a tale tragico episodio, nonché gli studi condotti da Mario Saccà, che ha avuto tra le altre cose il merito di andare oltre i rapporti ufficiali, ma di aver condotto ricerche parallele presso archivi anche dei comuni interessati, arrivando, nell’estate del 2007 a scoprire ed ufficializzare, i nominativi di sedici fucilati, di cui 12 decimati appartenenti alla sesta compagnia del 142° reggimento di fanteria; unità che maggiormente partecipò alla rivolta e nei cui confronti fu applicata la terribile pena della decimazione.

 Ancora oggi non vi è molta chiarezza né sulle reali cause che portarono alla rivolta armata né sul numero esatto dei militari giustiziati. Rimane il dato significativo che molti soldati di un reparto militare, sempre distintosi in battaglia per coraggio ed ardimento, imbracciarono le armi contro i propri ufficiali e gli altri commilitoni, a causa del logoramento e stanchezza determinati da tantissimo tempo trascorso in prima linea ed in condizioni disumane e dagli ordini di tornare subito sulla linea del fuoco, in contraddizione con quanto promesso, pochi giorni prima, di uno spostamento verso il fronte trentino ritenuto, giustamente, più tranquillo di quello carsico, e che nei loro confronti fu attuata una durissima repressione, e non solo nell’immediatezza dei fatti, ma anche nei mesi successivi, tant’è che centinaia di soldati furono poi deferiti ai tribunali militari.

 Importanti nel testo sono poi gli approfondimenti sulla legittimità delle esecuzioni sommarie in generale e su tali forme di repressione in particolare, nonché l’indicazione di quello che oggi rimane, nella memoria collettiva, dei tragici fatti della brigata Catanzaro.   

                                                                                                                             A cura di Vincenzo Santoro

 

 

 
     

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