Era l’11 Settembre del 2005 quando, intorno alle
13, scesi dall’autobus sul piazzale del Sacrario del Monte S.
Michele assieme alla delegazione municipale ed ai ragazzi delle
scuole di Catanzaro che avevano partecipato al concorso sul tema “La
Brigata Catanzaro e la Prima Guerra Mondiale”, indetto
dall’assessorato alla P.I. retto dall’ avv. Antonio Sgromo.Ci
accompagnava il dott Pierluigi Lodi, responsabile dell’ Ufficio
Territorio dell’ Amministrazione Provinciale di Gorizia, profondo
conoscitore di ogni aspetto della Grande Guerra e dei luoghi in cui
si svolse.
Il giorno precedente eravamo stati sul Monte Mosciagh per
partecipare all’ inaugurazione di un cippo in memoria della Brigata
e della sua vittoriosa partecipazione allo scontro che li si era
svolto il 27 e 28 Maggio 1916 durante la Strafexepedition degli
Austro Ungarici, effigiato da Achille Beltrame in una copertina
della Domenica del Corriere e citato nel bollettino ufficiale dell’
Esercito. In quella circostanza i nostri meridionali, assieme ai
commilitoni di altre parti del Paese, avevano riconquistato 6
cannoni da 75/24 modello Deport, che erano caduti in mano Austriaca,
recuperati dal Cap. Giovanni
Ippolito di Canicattì. L’episodio in sè non aveva grande rilievo
strategico ma fu il primo segnale di riscossa del nostro Esercito
che fino ad allora aveva subito una pesante sequenza di sconfitte.
Se gli avversari avessero proseguito nell’ avanzata ben presto
sarebbero penetrati nella pianura veneta: lo impedì solo la tenacia
dei nostri combattenti e a metà Giugno Conrad, non sostenuto dai
Tedeschi al comando del gen Falkenhayn, dovette rinunciare alle sue
ambizioni, uscendone battuto e ridimensionato.
La
ricostruzione di quella battaglia costituira’ uno dei prossimi
impegni, dal momento che si stanno concludendo ricerche che
consentono di documentare meglio il ruolo di ufficiali e soldati
calabresi. Con il ritorno a Gorizia la nostra rappresentanza
avrebbe percorso lo stesso itinerario che 90 anni fa, su strade e
con mezzi certamente diversi, aveva portato i soldati della
Catanzaro a partecipare alla VI Battaglia dell’ Isonzo che si
concluse con la presa del capoluogo Isontino nella prima decade di
Agosto del 1916.
Il Comando Supremo Italiano aveva pensato alle
operazioni offensive fin dal Settembre 1915 con un’intensa
preparazione logistica volta ad accumulare i mezzi necessari per
superare lo forte resistenza avversaria sul Carso. Dopo l’ esito
vittorioso dell’ Altopiano di Asiago, che aveva risollevato il
morale delle truppe italiane, sulle cui ragioni sara’ il caso di
intrattenersi in altra occasione,ebbe inizio la VI battaglia dell’
Isonzo che avrebbe attaccato il campo trincerato di Gorizia Il piano
prevedeva due attacchi principali ai lati del campo trincerato di
Gorizia dalle alture del Sabotino al Podgora e dal S. Michele a
Doberdò; altra azione diversiva doveva essere sferrata con adeguato
anticipo sul settore di Monfalcone.L'operazione, che venne affidata
alla 3° Armata era stata preparata accuratamente; per la prima volta
sul fronte italiano si affiancava al cannone la bombarda, nata per
infrangere la barriera dei reticolati.
Dopo un poderoso tipo di
preparazione furono conquistate di slancio le importanti posizioni
del Sabotino e le tanto contrastate cime del S. Michele. Il 9 agosto
le nostre avanguardie entravano in Gorizia e quindi si attestavano
oltre il Vallone. Il 29 Giugno gli italiani avevano subito la
perdita di oltre diecimila soldati, vittime del primo attacco
austriaco con il gas. Tuttavia il duro colpo non aveva piegato i
nostri combattenti la cui reazione immediata sorprese tutti. L’
episodio si sarebbe ritorto ancora di più contro l’allora nemico che
aveva finito molti dei moribondi con le mazze ferrate. Gli italiani
non attesero molto per vendicarsi ma senza comportamenti altrettanto
barbari. L’ azione contro lo schieramento avversario ebbe inizio
il 4 Agosto nel settore di Monfalcone. Il 6 Agosto alle 7 del
mattino incominciò il nostro tiro di artiglieria da Tolmino (alto
Isonzo), al mare,preludio dell’ attacco alle due teste di ponte
collocate agli estremi del campo di combattimento. Il Sabotino venne
preso di slancio e quel giorno iniziò la rapida e contraddittoria
carriera di Badoglio.
Caddero,oltre ad Oslavia, il
Calvario e il Grafenberg mentre resistevano ancora il Podgora e l’
altura di Piuma. Nella piana di Lucinico furono conquistate due
linee di trincee giungendo vicini all’ Isonzo. A Sud le nostre
truppe presero le quattro cime del S Michele e le alture di
Monfalcone. Nei giorni successivi le resistenze residue cedettero,
furono anche respinti numerosi contrattacchi sull’ intero fronte
dello scontro e giorno 9 la Bandiera Italiana sventolò sulla
stazione ferroviaria di Gorizia. Il primo ad entrare in città fu,
secondo dati fin qui noti, il Tenente Aurelio Baruzzi della Brigata
Pavia.
LA
PRESA DEL S. MICHELE
I calabresi che
combatterono la VI battaglia isontina furono tanti e presenti in
tutte le brigate. Molti caddero ed i loro nomi sono iscritti sui
monumenti eretti nei comuni della regione. Per ricordarli tutti ho
scelto di estrarre dal contesto generale la battaglia per la
conquista delle cime 1-2-3 e 4 del Monte S Michele, il baluardo più
difeso e insanguinato dell’ intera guerra. John R. Schindler nel
suo libro “Isonzo, il massacro dimenticato della Grande Guerra”,
editrice Goriziana 2002 scrive: “Gli austriaci subirono un’ altra
dura sconfitta sul versante settentrionale del Carso. Alle 7 del
mattino del 6 Agosto, più di cento batterie italiane aprirono il
fuoco sull’ altopiano di Doberdò; a mezzogiorno il tiro si
concentrò sul S. Michele. Alle 4 del pomeriggio, a conclusione di un
devastante bombardamento della durata di nove ore, l’XI Corpo di
Cigliana (gen. italiano comandante ndr) mise in atto il ben
pianificato attacco sul S. Michele. Il settore era presidiato dall’
81.a Brigata Honved , formata da cinque battaglioni; i suoi veterani
magiari del 1° e 17° Reggimento occupavano posizioni eccellenti e
conoscevano il terreno in ogni suo minimo dettaglio. Eppure, come
era avvenuto sul Sabotino, ciò non era sufficiente per tenere il
monte. I trinceramenti della Brigata furono raggiunti dal fuoco di
più di 500 cannoni italiani, che provocò la distruzione di decine di
piazzole di mitragliatrici e di mortaio, oltre l’ uccisione di
centinaia di difensori. La 22.a Divisione (italiana ndr),
raddoppiata nella forza, si lanciò all’attacco delle trincee
austriache, distanti appena un centinaio di passi in direzione est.
Le quattro brigate italiane, numericamente superiori in rapporto di
cinque a uno, superarono rapidamente le loro trincee. A seguito di
uno scontro breve ma feroce, i fanti, armati di baionetta,
raggiunsero la sommità. Alle 18 la vetta del S. Michele era occupata
dalle truppe delle Brigate Catanzaro ( 141° e 142° RF), Brescia (
19° e 20°RF), Ferrara ( 47° e 48° RF).
ESSE ERANO RIUSCITE
LADDOVE VENTISEI BRIGATE PRIMA DI LORO AVEVANO FALLITO.
Il Monte S.
Michele, dopo aver causato agli italiani ben 112.000 vittime, ora
apparteneva finalmente alla 3.a Armata. "La notizia della
conquista del S. Michele si sparse prima fra tutte le unità
dell’armata del Duca D’Aosta, poi raggiunse il quartier generale ed
infine lo Stato Maggiore di Cadorna a Udine. Il Carso fu percorso
da festeggiamenti spontanei dei fanti italiani, che potevano
finalmente inneggiare alla tanto agognata vittoria. La capitolazione
del S Michele oscurò persino la precedente conquista del Sabotino.
L’Italia aveva infine ottenuto un trionfo tangibile.” L’evento presagì l’imminente caduta di Gorizia dopo tre
giorni. I nostri conterranei, e con loro tanti siciliani, pugliesi,
campani, molisani, abruzzesi, erano numerosi nelle tre Brigate cui
gli storici di ogni parte del mondo riconoscono il determinante
valore che segnò uno dei momenti più importanti della condotta
italiana nella Guerra che, malgrado Caporetto, si concluse con la
vittoria unitamente agli alleati. La Brescia , la Catanzaro e la
Ferrara ebbero un segno tangibile per il sacrificio compiuto,
segnato dalla perdita di migliaia di soldati verso i quali va il
nostro ricordo assieme ai loro avversari di allora. Sulle cime
del S Michele vennero eretti dei cippi che l’ 11 Settembre 2005
andai a cercare percorrendo uno spazio nel quale erano state
imbandite grandi tavolate alle quali sedevano italiani, austriaci ed
ungheresi cantando e festeggiando la dove si erano scannati. Un bel
segno dei tempi che dimostra come la gente ama la pace e non il
combattimento. Tuttavia la storia di ciascun Paese appartiene ai
suoi abitanti caratterizzandone l’ identità. La nostra, anche
quella delle memorie regionali legate agli eventi che ho ricordati,
è più presente sul Carso che da noi.
I segni
della conquista del S. Michele e di Gorizia ci sono tutti, tranne
uno che è stato distrutto dai partigiani di Tito: il cippo della
Brigata Brescia, cui appartennero il Cap. Nazzareno Cremona,
eternizzato da Ungaretti con la Poesia pubblicata da Felice
Muscaglione, Don Carmine Cortese che ne fu il Cappellano militare,
Ercole Scalfaro, medaglia d’ oro e tanti altri cui va il mio
omaggio. Il 6 Agosto sarà il loro anniversario e per noi non solo
una ricorrenza ma la riflessione sul valore della parola Italia che
hanno difesa ed unita. Concludo con una proposta: avviamo la
ricostruzione del cippo della Brigata Brescia con una iniziativa che
coinvolga cittadini e istituzioni. Sarà il modo migliore per
ricordare tutto e tutti.