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LA PRIMAVERA DI PRAGA

 

 

Primavera 1967: l’Europa si prepara a vivere il Sessantotto e l’invasione sovietica di Praga.

Il 1967 sarà storicamente ricordato come l’anno delle spinte rivoluzionarie e reazionarie del periodo post bellico: dopo, infatti, la rivolta dei neri e degli hippies, iniziata decenni prima, l’America si prepara al cambiamento alla fine degli anni sessanta, con il fenomeno noto come il “Sessantotto” caratterizzato dalla possente spinta a sinistra del kennedismo, nonostante Bob Kennedy avesse proposto graduali e moderatissimi cambiamenti di rinnovamento sociale. Parallelamente, in Europa, il primo atto storico del Sessantotto avviene all’Est con l’elezione, il 5 gennaio 1968, di Alexander Dubček alla segreteria del partito comunista cecoslovacco. In Cecoslovacchia si erano percepiti, in forma sempre più crescente, quei segnali di graduale malcontento socio politico verso il regime locale. Era avvertita la necessità delle riforme nel paese, che Dubček titolò come "Socialismo dal volto umano", con il fine di sviluppare il sistema economico esistente e di accostare ad esso una più rilevante libertà politica, di stampa e di espressione. Questo progetto riformista trovò larghi consensi nella maggioranza del paese ed anche tra gli operai nelle fabbriche.

                                                     Alexander Dubcek trova consensi tra le donne

Alexander Dubcek acclamato

Tuttavia l’URSS valutò tali intenti del sessantotto come minaccia alla sicurezza stessa dell'Unione Sovietica e, pertanto, il consenso popolare cecoslovacco generò la conseguente reazione di Mosca che culminò con l’intervento delle truppe del Patto di Varsavia. Dubček venne arrestato da parte delle forze speciali sovietiche e trasportato, unitamente ai suoi principali collaboratori e ai più eminenti rappresentanti del nuovo corso, a Mosca, dove fu costretto a siglare un protocollo d'intesa con il Cremlino che vincolava si il suo ritorno alla guida del Partito ma con il ripristino dell’ordine politico nel paese. Dal punto di vista storico, negli anni sessanta del secolo scorso, i motivi di questi segnali di pericolo furono valutati dall’URSS a causa della collocazione geografica della Cecoslovacchia, i cui territori erano situati proprio al centro dello schieramento difensivo del Patto di Varsavia ed un eventuale, o nascente, tradimento non poteva essere rassegnato nel periodo di “Guerra Fredda”. Dubček, infatti, era convinto sostenitore del  cosiddetto "nuovo corso", una strategia politica volta ad introdurre elementi di democrazia in tutti i settori della società, fermo restando il ruolo dominante del partito unico. Tuttavia, dopo la parentesi di nominato Ambasciatore in Turchia, egli fu espulso dal partito comunista cecoslovacco e trovò impiego solo come operaio in un’azienda forestale.

L'acronimo "Primavera di Praga", del quale quest'anno ricorre il cinquantenario, ovvero il periodo delle riforme e di grande mobilitazione politica con un vastissimo sostegno popolare, il più robusto e organico tentativo di ristrutturazione del socialismo, fu coniato ed usato dai media occidentali quando, solo più tardi, il fenomeno divenne di spessore internazionale e solo successivamente si estese in tutta la Cecoslovacchia.

La stagione delle riforme di Dubček ebbe bruscamente fine nella notte fra il 20 e il 21 agosto 1968, quando una forza militare, stimata fra i 200.000 e i 600.000 soldati e fra 5.000 e 7.000 veicoli corazzati, invase il paese. Le unità principali, che effettuarono l'invasione, erano le formazioni corazzate e meccanizzate del Gruppo di forze sovietiche di stanza in Germania e  che penetrarono in Cecoslovacchia dalla Sassonia. Il grosso dell'esercito cecoslovacco, forte di 11 o 12 Divisioni, obbedendo ad ordini segreti del Patto di Varsavia, era stato schierato alla frontiera con l'allora Germania Ovest, per agevolare l'invasione e impedire l'arrivo di aiuti dall'occidente.

Momenti dell'invasione sovietica a Praga

Dubček, denominato l’eroe della Primavera di Praga, tornò alla vita pubblica nel 1988 quando il regime gli concesse di muoversi in Italia per ricevere un titolo accademico in quel di Bologna. E’ il 13 novembre quando, in occasione del IX Centenario dalla sua fondazione, l’Università di Bologna gli tributò la laurea honoris causa in Scienze politiche, dedicandogli anche il giardino di “Palazzo Hercolani” in Strada Maggiore. Il 12 dicembre successivo il Consiglio comunale di Bologna conferì a Dubček la cittadinanza onoraria. Rientrato in Cecoslovacchia, il 1 settembre 1992, Dubček andò a Mosca a deporre sui fatti del 1968 davanti al Tribunale Costituzionale che stava processando il Partito comunista sovietico. La vettura sulla quale viaggiava, una BMW, sbandò in circostanze misteriose sull’autostrada nei pressi di Humpolec, precipitando in una scarpata. Dubček, immediatamente ricoverato e in gravissime condizioni, morirà in ospedale poco tempo dopo, il 7 novembre 1992, per le ferite riportate. I funerali si svolsero il 12 novembre 1992 a Bratislava, capitale della Slovacchia, in forma solenne, con la partecipazione di rappresentanti del governo e del parlamento cecoslovacco e di quelli della repubblica slovacca. Vaclav Havel, l’ex Presidente della repubblica cecoslovacca, formulò l’ultimo saluto al protagonista della Primavera di Praga. Il 27 novembre 2008, presso la facoltà di scienze politiche dell'Università di Bologna, sede di Forlì, fu scoperto un busto a lui dedicato, per l'imminente ricorrenza dei 20 anni dal conferimento della laurea honoris causa.

Busto di Alexander Dubcek

In definitiva la Primavera di Praga è stato un periodo storico di liberalizzazione politica dove le riforme furono il  tentativo da parte di Dubček di concedere ulteriori diritti ai cittadini grazie ad un decentramento parziale dell'economia e alla democratizzazione. Le libertà inclusero anche un allentamento delle restrizioni alla libertà di stampa e di movimento e la ripartizione della Cecoslovacchia in due nazioni distinte: la Repubblica Ceca e la Repubblica Slovacca. Questo è stato uno dei pochi cambiamenti che è sopravvissuto alla fine della Primavera di Praga. Le riforme, in particolare il decentramento delle autorità amministrative, non furono assecondate dai sovietici che, dopo il fallimento dei negoziati, inviarono truppe e blindati del Patto di Varsavia ad occupare il paese e tale occupazione si concluse alla fine del 1990. Benché il paese attraversò, con l’occupazione, un periodo di “normalizzazione”, si sviluppò un'ondata di emigrazione, stimata in 70.000 unità nell'immediato e di 300.000 in totale, che interessò soprattutto cittadini di elevata qualifica professionale. Gli emigranti riuscirono in gran parte ad integrarsi senza problemi nei paesi dell'Europa occidentale, ove si rifugiarono.

(A cura del dott. Andrea GALIANO)  

 

dal "QUOTIDIANO DEL SUD" del 25/01/2018

 
 

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