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Il 13 aprile 1884 nella
caserma di Pizzofalcone a Napoli, il soldato di leva Salvatore Misdea di
22 anni da Girifalco (Catanzaro), appartenente al 19° reggimento di
fanteria, dopo un banale alterco con alcuni commilitoni, colto da raptus
di follia, uccideva 4 soldati, ferendone altri sette.
L’efferato fatto di sangue provocava un
vivace dibattito in Italia, anche perché l’episodio avveniva ad un
ventennio dal completamento dell’unità nazionale, quando ancora erano
palesi le differenze tra nord e sud, e quando la reale unità degli
italiani era troppo lontana a venire.
Il neo costituito Esercito italiano, a
seguito della coscrizione obbligatoria, accoglieva nelle sue file uomini
appartenenti a tutte le regioni italiane, accomunati da identica divisa
ma essenzialmente differenti per usi, costumi, tradizioni etc.; uomini,
in generale, poco inclini ad adeguarsi al servizio di leva ed alla dura
disciplina militare.
L’episodio delittuoso fu importante anche
da un punto di vista psichiatrico, perché diede la possibilità a Cesare
Lombroso, fondatore dell’antropologia criminale e perito di parte
durante il dibattimento, di asseverare le sue teorie sull’uomo
delinquente nato e sul pazzo selvaggio.
Questi i fatti:
Nella caserma partenopea, sede del 19°
Brescia, intorno alle 20 del 13 aprile 1884, scoppiò un alterco tra
alcuni soldati calabresi e graduati di altre regioni. Probabilmente
ultimo di una serie di episodi che avevano visto coinvolti calabresi e
soldati meridionali da una parte e militari di altre regioni dall’altra,
in contrapposizione proprio per le differenti provenienze geografiche.
In primis il caporale Zanoletti offese la Calabria ed i calabresi e
successivamente, a causa del litigio scoppiato tra militari, il caporale
Cordara diede uno schiaffo al Misdea, il quale reagì minacciandolo di
morte. Fu riportata parzialmente la calma ma, durante la notte, in
camerata, il Misdea, preso da sconforto e da rancore, covati forse da
tempo, e colto da raptus, si impossessò del suo fucile col quale iniziò
a fare fuoco su chiunque gli si parasse davanti. I soldati presenti
nella camerata si diedero alla fuga o si nascosero, ma per quelli che si
trovarono sotto tiro non ci fu scampo. Vennero da lui graziati solo i
soldati calabresi. Sparò una cinquantina di colpi fin quando venne
immobilizzato e portato in cella.
Dopo circa un mese, presso il Tribunale
Militare di Napoli, iniziò il processo a suo carico. Il Misdea venne
accusato di “insubordinazione
con vie di fatto, mediante omicidio consumato in persona di caporale, ed
omicidio mancato sulla persona di sottufficiali e caporali,commessa per
motivi non estranei alla milizia ed aggravata da omicidi consumati e
mancati di altri militari di grado uguale”.
Vennero
sentiti tanti testimoni per l’accusa e pochi per la difesa. Perito di
parte il professor Lombroso.
Durante il
processo si preferì spostare l’attenzione, anziché sui reali motivi che
potevano aver provocato la follia omicida del fante calabrese
(provocazioni, umiliazioni, angoscia, pregiudizi antimeridionali,
angherie, insofferenza alla disciplina, disadattamento), con la sua
propensione a delinquere scaturita dalla famiglia d’origine e dal
contesto sociale ed ambientale di nascita (Girifalco venne definita
“tana di briganti”).
Vennero
individuati i parenti e collaterali del Misdea malati di mente ed
etilisti; furono sentiti i testi anche su avvenimenti estranei al
processo e si rimarcò l’attenzione sui suoi specifici precedenti penali.
Il Lombroso
sostenne la tesi della correlazione tra epilessia (di cui Misdea era
sofferente) con la devianza criminale, affermando che la follia morale,
l’epilessia, l’ereditarietà, la barbarie del paese d’origine e della
famiglia, i traumi e l’alcoolismo, erano alla base del fatto criminoso
commesso, perorando la condanna a morte come unico mezzo per emendare la
società da un individuo nocivo e biologicamente incline alla violenza,
più che approfondire le vere cause del raptus e punire le effettive
colpe e le responsabilità personali. D’altronde il criminologo ribadì
sempre il concetto dell’uomo delinquente nato, cioè di colui che per
questioni genetiche e fisiche era propenso a delinquere, in virtù di una
stretta correlazione tra struttura anatomica del cervello ed i suoi
comportamenti. A questo si unì il concetto del pazzo selvaggio, cioè di
colui che commetteva il male solo per il male senza trarne alcun
beneficio, respingendo quindi l’idea che il crimine potesse essere
l’effetto dei problemi della società.
Gli elementi
scatenanti il plurimo omicidio nell’ambito del 19° reggimento di
fanteria, furono per il Lombroso: la sete di vendetta, l’odio, la vanità
del Misdea, ma anche le sue caratteristiche anatomiche, affermando che
“molte delle sue facciali deformazioni sono frequenti nei calabresi; ma
ciò poco conta. Invece è di somma importanza la forma della fronte e
degli zigomi. Il lobo destro, che lavora meno del sinistro, è più
sviluppato. C’è un appiattimento strano delle tempie; c’è un profondo
infossamento ai lati del frontale. Ricordo che gli idioti microcefali
presentano appunto questa forma. In Misdea la quantità di cervello è
normale, ma la disposizione è di microcefalo. In quanto allo strabismo,
si sa che di per sé non rileva molto: deriva da malattie celebrali o
dalla vita intrauterina. Ma il fatto diviene grave, quando è messo
d’accordo con tutti gli altri segni. Gli zigomi, vari di grandezza, sono
distanti l’uno dall’altro come nei giapponesi. Chi vede un giapponese
vede Misdea. La nota dei due incisivi segna anche una degenerazione. La
follia morale è un fatto atavistico, che su su va fino ai selvaggi,
all’uomo primitivo, agli orsi…Quello che in Misdea è sembrato un
sorriso, non è che la naturale sporgenza dei denti. Per trovare
consimili difetti bisogna retrocedere fino ai conigli…”.
Come
aggravanti della sua personalità vennero rimarcate anche le tare
ereditarie (padre etilista, madre isterica e fratelli dementi), nonché
la presenza a Girifalco del manicomio provinciale.
La difesa
cercò in maniera blanda di spostare l’attenzione sulle provocazioni che
potevano aver causato la strage da parte del soldato calabrese e sui
fenomeni di antimeridionalismo presenti in quello come in altri
reggimenti del regio esercito, e lo stesso Misdea tra molti “non
ricordo” affermò di aver voluto difendere l’onore della Calabria da
continue umiliazioni e vessazioni subite in caserma.
In virtù
principalmente dell’esito della perizia psichiatrica del Lombroso, il
Misdea fu però condannato a morte con degradazione, a seguito del
respingimento della domanda di grazia, e fucilato alla schiena a Bagnoli
all’alba del 20 giugno 1884. Affrontò comunque la morte con coraggio e
dignità ed al soldato che si apprestava a bendargli gli occhi, prima
dell’esecuzione, disse “ora vedrai come muore un calabrese”.
A seguito del
clamore suscitato dal caso, Cesare Lombroso pubblicò un opuscolo dal
titolo “Misdea e la nuova scuola penale”, cercando di spiegare
scientificamente le sue teorie, mentre Edoardo Scarfoglio pubblicò a
puntate “Il romanzo di Misdea” (ristampato come unicum nel 2003 con una
ricca appendice a cura della professoressa Manola Fausti) infarcito di
tante informazioni biografiche sul fante calabrese, con l’obiettivo
finale di scardinare le teorie del professore veronese ed i suoi
pregiudizi antimeridionali, per arrivare ad ipotizzare una riforma delle
giovani istituzioni nazionali, la leva obbligatoria e l’esercito
innanzitutto, per suggellare nei fatti l’unità tra gli italiani.
Nel 1978 la
Rai ha trasmesso uno sceneggiato dal titolo “Il povero soldato” sulle
tragiche vicende di Napoli.
Oggi, col termine “misdeismo”, si
intendono i comportamenti psicologici e le devianze causate dallo stress
e dalle tensioni presenti negli ambienti militari e dalla mancata
assuefazione alla stessa vita militare (fenomeni ovviamente molto più
frequenti quando era vigente il servizio obbligatorio di leva), mentre
le teorie lombrosiane esercitarono per svariati anni un’influenza
negativa e, sviluppate da scienziati, filosofi ed intellettuali, fecero
purtroppo breccia nelle politiche razziste ed eugenetiche di varie
nazioni nei primi decenni del XX° secolo. |
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