Mentre il Governo Badoglio rassicurava gli amici
tedeschi della fedeltà degli italiani verso lalleanza
germanica, invece, in gran segreto, per uscire dalla
guerra e per liberare lItalia dai nazisti, curava i
negoziati di pace, invocando verso i Governi Alleati un
massiccio intervento militare.
E così si arriva allarmistizio dell8 settembre 1943, a
seguito del quale cessano le ostilità tra gli italiani e
gli anglo-americani, mentre si alimenta la guerra
contro i tedeschi che si erano sentiti traditi dagli
stessi italiani. Invero la convivenza tra lesercito
italiano e quello tedesco nel passato era stata
discreta, le cose però cambiarono dopo i nuovi accordi
tattici.
A questo punto il Comando Germanico, interpellando i
soldati italiani che faceva prigionieri, chiedeva loro
se volevano continuare a combattere nelle file
dellesercito tedesco, quindi per Hitler e per
Mussolini, perché, in alternativa, sarebbero stati
inviati nei campi di prigionia in Germania.
Pochi furono quelli che si arruolarono, mentre coloro
che non giurarono fedeltà a Mussolini e alla costituita
Repubblica Sociale, furono spediti in Germania.
I soldati catturati vennero prima considerati prigionieri
di guerra, poi furono definiti internati
militari (IMI), mentre alla fine della guerra, nel
1944, vennero qualificati lavoratori civili.
Perché si creavano queste distinzioni? La motivazione
era seria e vitale, perché mentre i prigionieri di
guerra avevano il riconoscimento di tutte le
garanzie previste dalla Convenzione di Ginevra del 1929,
gli internati militari invece non ricevevano
alcuna garanzia.
Nonostante vi fosse già stata in quel periodo la
liberazione di Mussolini sul Gran Sasso e la
proclamazione della Repubblica Sociale, Hitler impose
che la condizione di prigioniero fosse
tramutata in quella di internato.
Infatti, i tedeschi rifiutavano di offrire assistenza
agli internati, anche quando la Croce Rossa
Internazionale chiedeva di volerli assistere.
I prigionieri di guerra divenuti lavoratori
civili, privati dell assistenza da parte delle
Associazioni umanitarie, venivano sottoposti a lavori
pesanti, per cui, i maltrattamenti e lo sfruttamento
rendevano grandemente difficili le condizioni di vita e
di lavoro di questi schiavi militari.
Ma questi internati furono soprattutto sfruttati come
manodopera, come forza-lavoro nelle industrie belliche,
nelledilizia, nelle miniere o utilizzati anche come
pompieri nelle città bombardate. Ma vi furono pure
coloro che morirono durante la preparazione dei famosi
V2.
Chi non aveva una specifica professionalità, per esempio
come elettricista, meccanico o artigiano, veniva inviato
a svolgere lavori nei campi.
I prigionieri, pur di rallentare il ritmo della guerra e
far cessare subito ogni ostilità con la sconfitta del
nazisti, spesso nelle fabbriche dove producevano
armamenti, effettuavano sabotaggi. Infatti potevano
creare armi difettose e con micro lesioni, oppure pezzi
che non potevano essere assemblati, però quando i
tedeschi si accorgevano che i ritardi erano dolosamente
voluti, impiccavano o fucilavano seduta stante, fuori
dalla fabbrica, chi stava operando per la sconfitta
della Germania.
In prevalenza questi internati vivevano in baracche,
nelle quali i controlli e le ispezioni venivano fatti
con una certa continuità. Ogni irregolarità riscontrata
veniva duramente penalizzata.
Lalimentazione era assolutamente insufficiente, ma gli
internati, pur di integrarla, si adoperavano cibandosi
di topi, di lumache, di rane, oppure rovistavano nelle
immondizie.
Le malattie che maggiormente si sviluppavano erano il
tifo, la polmonite, la tubercolosi, la pleurite e i
disturbi gastro-intestinali. Ciò era dovuto anche al
fatto che chi era stato catturato in zone calde, cioè
sul fronte greco o balcanico, aveva divise leggere,
quindi poco adatte al clima dei lager tedeschi. I
soldati catturati furono circa un milione, ma di questi
molti riuscirono a scappare.
E quando la Germania fu definitivamente sconfitta, si
dovettero organizzare treni merci, che, sebbene
sovraccarichi, consentirono il rientro in patria di
oltre 850 mila sopravvissuti, catturati dai tedeschi o
dagli angloamericani.
Rientrarono in patria anche diecimila italiani,
prigionieri degli slavi e dei russi. Molti di quelli in
mano russa non furono mai consegnati allo Stato
Italiano.
Durante la Seconda Guerra Mondiale anche in mare vi
furono delle grandi tragedie, durante le quali morirono
marinai, soldati e civili. Il prezzo fu altissimo tra i
vincitori e i vinti.
Anche i prigionieri italiani delle isole elleniche
vennero subito trasferiti in Germania via mare, perchè
dovevano essere immediatamente impiegati come
manodopera. Ma i tedeschi temevano pure la loro
ribellione, anche perché vi erano grandi difficoltà
nellapprovvigionamento dei viveri.
Le navi su cui venivano imbarcati i soldati catturati,
spesso venivano affondate da sommergibili inglesi o
tedeschi, dalle tempeste o da mine. Ma si verificavano
pure disastri per disattenzione o per impreparazione
delle squadre di salvataggio che si muovevano con
ritardo.
Inoltre, gli italiani, pur avendo combattuto i greci,
convivevano pacificamente sulle loro isole e innanzi
alla loro estrema povertà dividevano in due, ma anche in
quattro parti il pane ricevuto.
E anche se furono promulgate in Italia le leggi
razziali, pur tuttavia gli italiani in Grecia salvarono
intere famiglie di ebrei, proprio perché avevano un gran
rispetto e pietà per luomo, di qualsiasi razza fosse.
I tedeschi, invece, riconoscevano che gli italiani non
erano affatto adatti a fare la guerra, perché se vi
erano azioni di guerra cruenti, il soldato italiano non
sapeva attuarle, anzi le ostacolava persino, perché
umanamente le ripugnava.
Dopo larmistizio, il Comando tedesco del Sud est della
sede di Atene, con un dispaccio del 21 settembre 1943,
ordinava a tutti i reparti stanziati nella Grecia
Continentale, nelle Isole Ionie, nellEgeo, a Creta, nel
Dodecaneso e sul territorio iugoslavo, che i soldati che
si erano rivoltati contro gli amici tedeschi, non
meritavano alcuna pietà.
Questo documento che fu intercettato e decifrato dal
Servizio Segreto Britannico Ultra, sconfessava in modo
definitivo le dichiarazioni naziste che invece
sostenevano che le violenze ed i massacri messi in atto
contro gli italiani erano stati dettati da azioni
militari contro franchi tiratori e non da
altri motivi.
La verità, invece era che la repressione dei tedeschi
contro i soldati italiani era dettata dal fatto che
essi si erano rifiutati di combattere per il Fuhrer, e
che di conseguenza, per questo rifiuto, dovevano essere
inviati nei campi di concentramento in Germania.
Invero il Comando tedesco aveva dato un ultimatum ai
soldati italiani, precisando che se si fossero rifiutati
di consegnare le armi entro una certa data, avrebbero
fucilato i loro ufficiali, perché, per la resistenza
opposta, sarebbero stati considerati dei franchi
tiratori.
Lesercito tedesco, quando intimò agli Italiani delle
Isole la resa e la consegna delle armi, inizialmente
ricevette il rifiuto degli stessi italiani,
successivamente, come conseguenza, vi fu un violento
combattimento tra i due ex alleati, scontri che in
pochi giorni produssero numerose perdite.
La motivazione dei tedeschi sul disarmo degli italiani
consisteva nel sostenere che ormai dopo larmistizio
lItalia aveva finito la guerra, per cui non era più
necessario spargere inutile sangue tedesco.
Intanto, in modo equivoco si era lasciata ai comandanti
italiani ampia libertà di aprire o meno il fuoco sui
tedeschi, oppure di arrendersi ad essi.
I tedeschi, inferociti per il tradimento italiano,
eseguivano con immediatezza gli ordini che ricevevano,
mentre gli italiani, si trovavano, senza disposizioni,
in una posizione di attesa, finchè non furono costretti
ad arrendersi.
Infatti, nel settore italiano, vi era una totale
mancanza di ordini da parte dei Comandi Generali, che vi
erano dei colonnelli che, per leggerezza e per
obbedienza militare, attendevano dallalto il da farsi.
Però, nella notte dell8 e 9 settembre 1943, sotto la
minaccia delle armi degli ufficiali tedeschi, i
comandanti italiani furono costretti ad ordinare la resa
in tutti i reparti.
La situazione era divenuta assurda ed inaccettabile,
anche perché si diceva che mentre alcuni tedeschi erano
andati dal governatore per offrire essi stessi la resa,
si trovarono invece nellimmediato innanzi ad una
proposta di resa dei reparti italiani.
Eppure nelle isole, con un attivo di poche azioni di
guerra, vi erano circa i 35 mila soldati italiani
dislocati, con tre campi di aviazione ed una base
navale. Insomma sino allarmistizio i soldati italiani
avevano avuto nelle isole una vita tranquilla, statica,
perché, arroccati nelle loro postazioni, scrutavano
soltanto il mare per verificare larrivo di qualche
nemico.
Quando si arresero ai tedeschi, la meraviglia di alcuni
reparti italiani fu notevole, perché si trovavano bene
armati, con vettovagliamenti e con centinaia di
prigionieri tedeschi. Però di colpo, da custodi
dovettero arrendersi per divenire essi stessi
prigionieri ed essere disarmati dai tedeschi.
I comandanti italiani, innanzi ai nuovi eventi, vissero
improvvisamente in uno stato di estrema indecisione,
perché si trovarono nemici i loro alleati tedeschi,
mentre gli inglesi, da nemici sino al giorno prima
dellarmistizio, erano divenuti di colpo i nuovi
alleati.
Così i tedeschi, innanzi al tradimento degli italiani,
fecero giungere nellisola di Rodi e nelle altre isole
dellEgeo, Kos, Samo e Leros, alte gerarchie militari,
le quali, nellintento di avviare una strategia occulta
anti italiana, si adoperarono subito per conoscere la
dislocazione dellapparato logistico militare delle
truppe italiane posizionate nelle diverse isole.
Il 30 luglio 1943, il Comando germanico, alle ore 22,
aveva anche deciso che per le truppe italiane si doveva
provvedere o per il disarmo o per la loro distruzione.
Il Comando italiano invece, il 31 luglio, continuava a
dare a tutti i reparti ordini contrastanti, nel senso
che disponeva che i Comandi tedeschi dovevano avere
ampia libertà sul territorio ed ampia conoscenza delle
forze impiegate e dei sistemi difensivi messi in atto.
Però, pian piano, abbandonando sul posto le batterie che
avevano difeso ed ogni altro tipo di armi, marinai,
artiglieri e avieri si dovettero arrendere alle forze
germaniche.
Nonostante la resa incondizionata, gli italiani subirono
rappresaglie, massacri e trasferimenti su aerei e navi,
per cui quelli che si erano rifiutati di combattere per
il Fuhrer e per Mussolini, furono destinati nei campi di
concentramento in Germania.
Quando la situazione si capovolse, gli italiani erano in
attesa dellarrivo del nuovo alleato inglese, mentre i
tedeschi prendevano posizioni e si preparavano alla
difesa delle loro nuove postazioni.
Intanto, mentre Winston Churchill, nellattuare lo
sbarco a Coo e a Lero, intendeva avviare un nuovo fronte
inglese nel Mediterraneo Orientale, in contestuale, l11
settembre 1943, il Governatore italiano, Comandante in
Capo, ordinava a tutti i reparti la resa. La cattura
di circa 35 mila soldati italiani fece crollare il
piano avviato dal primo Ministro inglese.
Più le isole si riempivano di truppe tedesche e più
questi ultimi si preoccupavano di come svuotare le isole
dei 35 mila italiani.
Mentre Hitler conquistava mezza Europa, Mussolini dopo
la conquista dellAlbania, tentando di crearsi nel
Mediterraneo uno spazio parallelo, attaccava la Grecia.
Non fu facile soggiogare la resistenza greca, perché i
greci furono sconfitti soltanto quando lesercito
tedesco andò in aiuto dellesercito italiano. A seguito
di tali eventi gli italiani ebbero il controllo delle
Isole Jonie, posizionando guarnigioni nei punti più
strategici.
Loperazione Achse, iniziata dai tedeschi,
consisteva nel disarmo forzato degli italiani e poi
anche nel loro successivo internamento, mentre le navi
che dovevano trasferirli dalla Grecia ricevevano
lordine di muoversi verso Brindisi.
La confusione nei singoli reparti italiani continuava ed
era enorme, perché vi era chi voleva combattere accanto
ai tedeschi, chi voleva consegnare le armi pesanti e chi
invece voleva combattere i tedeschi.
Lunica cosa certa era che i tedeschi dovevano
considerarsi ormai truppe nemiche.
Dopo l 8 settembre 1943 non era mai stata notificata
ai tedeschi una dichiarazione di guerra, per cui, per
questa omissione, i soldati italiani, non potendo
entrare nella Convenzione di Ginevra, che tutelava
invece gli eserciti con regolare divisa, si mettevano
invece in una condizione di irregolari. Per tale
motivo, mancando quindi la dichiarazione di guerra
contro la Germania di Hitler, i soldati italiani
rischiavano di essere fucilati come banditi e senza
poter avere alcuna protezione internazionale. Per tale
mancanza la guerra contro i tedeschi si attuò in modo
non conforme alle regole del diritto internazionale.
Lo stesso Eisenhower, rimanendone turbato, si preoccupò
di rappresentare al Capo del Governo Pietro Badoglio che
lItalia doveva regolarizzare i suoi combattenti con
la dichiarazione di guerra, piuttosto che far divenire
questi soldati irregolari e come tali passibili di
fucilazione. La dichiarazione venne così presentata il
13 ottobre 1943.
Mentre alcuni reparti, con i loro ufficiali, decidevano
di resistere ai tedeschi, altri, con intenzioni
contrastanti, arrivarono al limite dellammutinamento,
anche se tutti temevano, che una volta disarmati, la
reazione tedesca sarebbe stata prevedibilmente feroce,
per cui manifestavano più lintenzione di combattere
che arrendersi disonorevolmente.
Inoltre, lisolamento dei reparti italiani nelle isole
greche è da attribuire anche ai tedeschi, i quali, si
preoccuparono subito di distruggere le reti di
comunicazione con lItalia.
Intanto, mentre i tedeschi sbarcavano in continuazione
truppe, gli italiani, invece, cercavano di rendere
impraticabili le strade ai nuovi nemici, attendendo che
gli inglesi inviassero aiuti agli italiani.
La resistenza italiana ogni giorno dal 16 al 21
settembre si faceva sempre più agguerrita, aggravata
anche dal fatto che nei reparti cominciavano a
scarseggiare le munizioni ed i lubrificanti per i pezzi
di artiglieria, mentre lesercito, senza una copertura
aerea, riceveva da terra e dal cielo il martellante
attacco dei tedeschi.
Il 26 settembre il comandante italiano decise di
arrendersi ai tedeschi, mentre Hitler ordinava che gli
italiani venissero considerati dei traditori e come tali
venissero immediatamente fucilati.
Se qualche soldato tedesco si rifiutava, subito veniva
minacciato di venire a sua volta fucilato.
Le fucilazioni messe in atto dai tedeschi contro gli
italiani cessarono il 28 settembre e non risparmiarono
nessuno, nemmeno coloro che si erano trovati infermi in
ospedale.
I loro corpi, per nasconderli, furono prima bruciati e
poi gettati in mare o in cisterne.
A Cefalonia caddero 400 ufficiali e 5000 soldati,
mentre i sopravvissuti furono più di 4000, costituiti
tra 2135 ufficiali e 2000 soldati di truppa. Comunque i
dati risultano molto discordanti e
controversi.
Il 6 ottobre 1943 a Cos furono fucilati ad opera dei
tedeschi, 103 ufficiali italiani del 10° reggimento Regina;
di 66 sono stati rinvenuti i corpi perché seppelliti in
otto fosse comuni a Ciflicà, nellarea di Linopoti; solo
su 42 corpi fu possibile il riconoscimento, a causa del
rinvenimento dei documenti o delle piastrine che furono
trovati addosso; dei 37 mancanti non furono mai trovati
i loro resti, anche se si è chiesto più volte alle
Autorità italiane un più attivo interessamento per il
rinvenimento delle altre fosse comuni.
Chi non venne fucilato fu imbarcato sulle navi, le quali
poi o furono silurate o saltarono in aria per le mine
disseminate, oppure furono coinvolti ed affondate da
fortunali.
Per la carenza di navi i soldati italiani venivano
imbarcati o su piroscafi tedeschi, o venivano
trasferiti in territorio turco, oppure si doveva
ricorrere allutilizzo di naviglio di nazionalità
neutrale e non ospedaliere.
Quando i tedeschi si trovarono davanti allimpossibilità
di imbarcare le migliaia di soldati catturati per
trasferirli in Germania, ad un certo punto Hitler, senza
offrire alcuna sicurezza, diede ordine di imbarcarli e
di stiparli nelle stive oltre ogni limite, esortandoli a
non preoccuparsi delle perdite che si sarebbero
verificate. La vita di questi poveri soldati non valeva
quasi nulla.
Chi invece riuscì ad arrivare in Europa, fu messo in un
campo di concentramento, in Germania, in Polonia o in
Russia.
Il generale Hubert Lanz era colui che aveva ordinato la
fucilazione dei soldati italiani, e che poi fu
condannato dal Tribunale di Norimberga a 12 anni di
reclusione, mentre i processi avviati nei confronti di
alti ufficiali italiani, si concludevano con un nulla di
fatto.
La strage di Cefalonia con circa diecimila soldati
fucilati, è da considerarsi un gravissimo crimine non
contro un popolo, ma contro lUmanità, i cui
responsabili, a fine guerra, dovevano essere
pesantemente puniti e condannati.
Il Governo Repubblicano Italiano, costituitosi nel 1946,
preferì non indagare sui fatti, sugli eccidi e sulle
responsabilità dei tedeschi, per cui il velo delloblio
deliberatamente cadde su tutti i misfatti.
Anche sulla resa e sulla capitolazione dei soldati
italiani in Grecia, il Governo italiano, piuttosto che
renderle pubbliche, perché lindagine per scoprire la
verità sarebbe risultata particolarmente disonorevole
per gli stessi italiani, preferì ignorare gli ordini di
resa, le fucilazioni, le stragi e gli imbarchi forzati
dei soldati italiani da inviare in Germania come
forza-lavoro.
Su un totale di 12500 soldati, furono massacrati 10500
uomini e su 525 ufficiali ne furono uccisi 390. I
superstiti furono successivamente inviati o in Russia o
in Germania. E furono pochi coloro che ritornarono in
patria.
Ed inoltre, ad esclusione dei martiri di Cefalonia
trucidati dai tedeschi, circa tredicimila soldati
italiani fatti prigionieri dopo la resa in Grecia
morirono nellaffondamento delle navi su cui erano stati
imbarcati.
Dopo l8 settembre il porto di Rodi, che non era stato
ancora occupato dalle truppe tedesche, diede la
possibilità a parecchi militari italiani di
impossessarsi di qualsiasi tipo di battello, i quali,
pur di imbarcarsi e di raggiungere le coste della
Turchia, partivano stracarichi di civili e militari.
Anche nei mesi successivi vi furono imbarchi verso la
Turchia, ma molti morirono naufragando in mare, come
pure altri furono uccisi dai tedeschi sulle spiagge.
Cosa inaudita è che in questi imbarchi non si ebbe il
tempo di redigere delle liste, per cui, nemmeno oggi, si
ha notizia del numero dei militari italiani che
morirono.
Questi soldati, un volta arrivati in Turchia, venivano
internati in tre campi di internamento, per cui si
calcola che sino alla data del 1 gennaio 1944 erano
stati internati in Turchia quasi tremila soldati.
Per farli arrivare in Italia, questi internati furono
fatti rientrare con i treni per via Iugoslavia.
Restarono in Turchia soltanto coloro che avevano deciso
di combattere nella Repubblica di Salò.
Pur di liberare i territori occupati dagli italiani, i
tedeschi utilizzarono aerei, navi e sommergibili.
Le storie tragiche che qui di seguito si ricorderanno,
serviranno a non far dimenticare il triste destino cui
tanti italiani imbarcandosi andarono incontro, perchè il
loro sacrificio, il loro eroico comportamento ed il
rifiuto di combattere ancora a fianco ai tedeschi, non
dovrà essere seppellito dall oblio e dalla polvere del
tempo.
Anche i Comandanti della Marina Italiana rimasero
indecisi sul da farsi, perché ogni comandante operò in
modo diverso.
Del naviglio italiano circa 133 navi furono consegnati
agli Alleati a Malta, 39 si autoaffondarono e circa un
centinaio caddero in mano tedesca.
Anche la flotta aerea, sempre per lindecisione dei
comandanti, di circa 800 aerei, 250 furono inviati nel
Sud Italia, 43 furono abbattuti dai tedeschi e il resto
cadde in mano agli ex alleati.
La fine della corazzata Roma è legata al
tentativo di tutta la flotta italiana, la cui formazione
navale era costituita da 23 navi. Era stato deciso che
la flotta dovesse arrivare allisola della Maddalena in
Sardegna, quando ad un tratto arrivò un contrordine che
informava che la Maddalena era in mano ai tedeschi. I
comandanti, a questo punto, decisero di dirigersi su
Malta e consegnarsi agli Alleati.
Quando si trovava al largo dellAsinara la corazzata
fu colpita da bombe tedesche radiocomandate da aerei
decollati da Marsiglia. Erano bombe che venivano
lanciate da unaltezza di 5000 metri, per cui
acquistavano una velocità tale, che quando colpivano
avevano una capacità di penetrazione devastante.
Moriranno nellaffondamento 1253 marinai e i superstiti
saranno 628. Saranno i primi marinai che moriranno
subito dopo larmistizio.
Mentre quattro unità navali recupereranno i superstiti e
25 cadaveri, il resto delle navi giungerà il 10
settembre 1943, a Port Mahon, capoluogo dellIsola di
Minorca, nella neutrale Spagna, dove l italiana
Fortunata Novella risiedeva col marito spagnolo.
Quando Novella saprà che in porto vi erano equipaggi
italiani in difficoltà, si adopererà nei loro confronti,
e così aiuterà i feriti, dandosi da fare per trovare
medicine, per dare loro da mangiare, per deporre fiori
sulle tombe dei 25 marinai morti e tenendo altresì
contatti con le famiglie dei marinai italiani. Verrà
chiamata da Mamma Fortuna o Mamma Mahon.
Dopo 15 mesi di permanenza, i marinai italiani, con le
lacrime agli occhi, rientreranno in Italia e si
allontaneranno da Fortuna Novella.
Il 20 luglio 1953 la Signora Novella Fortunata riceverà
grandi onori a Roma e sarà ricevuta in udienza privata
dal Papa Pio XII, mentre il Presidente della Repubblica
Luigi Einaudi le consegnerà la Stella della
Solidarietà Italiana di Prima Classe.
Nel 2012 il relitto della corazzata Roma verrà
individuato a mille metri di profondità, nel golfo
dellAsinara.
Questa, invece, è la storia del piroscafo Gaetano
Donizetti, di proprietà della Compagnia di
Navigazione Tirrenia, che giunto a Rodi il 19
settembre 1943, subito dopo larmistizio, fu sequestrato
dai tedeschi.
I marinai della Donizetti dovettero prima scaricare
cannoni e munizioni e poi imbarcarono i prigionieri
italiani.
La stiva poteva ospitare circa 700 uomini, mentre i
tedeschi, nonostante le proteste degli ufficiali,
imbarcarono, stipandoli in modo incredibile, ben 1835
prigionieri. Allultimo istante, 256 uomini non furono
fatti salire a bordo, e questo ripensamento li salvò,
perché il Donizetti, salpato da Rodi il 22 settembre,
scortato da un silurante con equipaggio tedesco, venne
affondato.
Infatti un cacciatorpediniere inglese, l Eclipse,
accortosi della Donizetti, con un tiro ben preciso,
colpì la nave tra Rodi e Scarpanto, che affondò nel giro
di pochi minuti con 1100 marinai, 600 avieri, 114
sottoufficiali ed 11 ufficiali italiani.
Le navi inglesi effettuavano la guerra di corsa, nel
senso che partivano dalle basi di Alessandria e Cipro,
poi, avvalendosi delle tenebre, puntavano gli obbiettivi
da abbattere; con linizio dellalba si eclissavano
sfuggendo ai ricognitori e ai bombardieri tedeschi.
Lassenza di liste, che non furono allepoca completate
per la fretta di imbarcare i prigionieri, non ha
consentito di conoscere i nomi degli scomparsi. E
questi, vanno aggiunti alle migliaia di morti che sono
rimasti perennemente sconosciuti.
L Eclipse, una volta colpito il Donizetti,
si eclissò velocemente, secondo lusuale tattica, e solo
a distanza di tempo, i marinai inglesi seppero di avere
generato una grande storica tragedia.
La tragedia più grande fu forse quella che riguardò
laffondamento della nave norvegese Oria,
salpata da Rodi l11 febbraio 1944, alle ore 17.40, e
successivamente dal Pireo, dove morirono circa 4000
militari italiani.
Erano tutti soldati che avevano rifiutato di continuare
a combattere a fianco dei tedeschi. Insieme agli
Italiani erano stati caricati altresì gomme per camion
ed olio minerale.
La nave Oria, di 2000 tonnellate, era stata
varata nel 1920 dai Cantieri Osbourne Graham & Co di
Sunderland, ed era di proprietà della Compagnia di
Navigazione Fearnley & Eger di Oslo.
Durante la seconda Guerra Mondiale era stata utilizzata
come nave appoggio ai convogli che andavano nel Nord
Africa e quando la Germania il 9 aprile 1940 occupò la
Norvegia, la nave si trovava a Casablanca, dove fu
fermata.
Requisita dai francesi venne ribattezzata Sainte
Julienne, per ritornare al proprietario nel
novembre 1942, che la ribattezzò Oria; dopo il
22 novembre 1942, fu presa in carico dallarmatore
tedesco Mittelmeer Reederei di Amburgo, il quale non
utilizzava equipaggi francesi, ma si avvaleva soltanto
di equipaggi tedeschi, italiani e greci.
La Sainte Julienne passò nelle mani dei
tedeschi, perché il Terzo Reich imponeva reiteratamente
al Governo francese Vichy la consegna delle molteplici
navi ex norvegesi, ex danesi, ex greche, che si
trovavano nelle mani dei francesi. Così la Germania,
come potenza occupante, ricevette dalla Francia una
trentina di navi, la cui consegna venne fatta a seguito
degli accordi di Nevers del 27 giugno 1942.
I tedeschi, alle diverse navi ricevute, diedero un nome
in codice. LOria fu denominata Norda IV,
perché questo era il nome in codice che veniva dato alle
ex navi da carico norvegesi.
In precedenza e precisamente alle ore 7,30 del 31
gennaio 1944, il piroscafo Oria era stato
attaccato nel mare Egeo, ad ovest di Stampalia, dal
sommergibile olandese Dolfjin, comandato dal
capitano di corvetta Van Oostrom Soede. La nave non fu
colpita in quanto i tre siluri che erano stati lanciati
erano esplosi durante la corsa.
Invece, quando l Oria, salpò da Rodi con 4046
soldati italiani, e nellintento di evitare lisola di
Nisis Patroklou, alle 18.45 del 12 febbraio 1944, nei
pressi di Capo Sounion, a causa di un fortunale e dei
fondali bassi, cozzò sullo scoglio Medina e lì
sincagliò, per cui cominciò subito ad affondare.
I fondali in quel punto vanno dai cinque ai trenta
metri, per cui la prua, che era rimasta incastrata tra
gli scogli, restò fuori dallacqua, mentre il resto del
piroscafo in pochi minuti affondò con tutti gli uomini
dentro. Confermata da una relazione norvegese, si
acclarò che la nave era affondata capovolgendosi.
Il 13 febbraio, usciti dal porto del Pireo, arrivarono
sul posto tre rimorchiatori italiani e due greci. A
causa delle proibitive condizioni del mare, solo il
rimorchiatore italiano Vulcano, riuscì ad
avvicinarsi al relitto, nel tentativo di recuperare
qualche naufrago. Due marinai del rimorchiatore, che
erano italiani, si avvicinarono allo scafo, dove avevano
individuato un soldato intrappolato.
Ad un tratto i marinai della Vulcano si
accorsero che dentro la stiva ed i gavoni vi erano
ancora persone vive. Così, nel tentativo di aprire un
varco, utilizzarono la fiamma ossidrica. Ma appena
iniziato, un colpo di mare violento strappò lapparato
autogeno, e così dovettero momentaneamente desistere.
Il giorno dopo sul posto arrivò lincrociatore Titano
con nuove bombole e cannelli, e così, con le migliorate
condizioni del mare, furono liberati cinque uomini che
sembravano impazziti.
I soccorritori riuscirono a salvare, col comandante
Bearne Rasmussen ed il primo ufficiale di macchina, 37
italiani, 6 tedeschi, 1 greco e 5 uomini
dellequipaggio.
Allatto della partenza, erano stati imbarcati 4046
prigionieri italiani con 43 ufficiali e 118
sottoufficiali. Poi vi erano 90 tedeschi di guardia e
lequipaggio. Prima dellimbarco era stata completata la
lista di tutti i passeggeri e questa lista fu rinvenuta
con difficoltà presso la Croce Rossa.
I 250 cadaveri raccolti furono seppelliti in una fossa
comune; poi vennero traslati nei cimiteri dei piccoli
paesi pugliesi e per ultimo furono trasferiti nel
Sacrario dei Caduti dOltremare di Bari. I resti degli
altri soldati restarono nella nave, nave che fu
smembrata da palombari greci per recuperare il ferro.
Durante la fase di smembramento del piroscafo, i
palombari individuarono sul fondo resti umani ed effetti
personali, oltre a messaggi di saluti alle famiglie.
Un gruppo di cittadini greci, con un autofinanziamento,
stanno provvedendo al recupero sul fondale dei resti dei
morti dell Oria e contestualmente pensano di
edificare un monumento a ricordo del luogo dove erano
stati momentaneamente seppelliti. Mi auguro che le
autorità italiane ad Atene non siano ancora una volta
latitanti su queste iniziative di rispetto nei
confronti dei suoi sfortunati figli.
Eppure la tragedia è stata ignorata per decenni dalle
autorità italiane.
Ma non fu questo lunico naufragio, perché dal febbraio
1944 colarono a picco numerose navi, alcune pure non
idonee alla navigazione.
Ma oltre all Oria, furono affondati il
piroscafo Donizetti, il Dithmarschen,
la torpediniera Ta -10 con 1584 morti, il
piroscafo Leda con 720 morti, la nave Sinfra
con 1850 morti, la motonave Rosselli con 1302
morti, il motoveliero Alma con 300 morti, il Petrella
con 2646 morti, l Ardeniacon 720, il Marguerite
con 544, il Sifnos con 59 morti e tanti altri.
La motonave Mario Roselli, nella rada di Corfù,
di notte, stava imbarcando con piccole imbarcazioni gli
italiani catturati. Aveva quasi completato il carico,
quando alle 7,15 del 10 ottobre fu avvistato un aereo
alleato, il quale attaccò subito la nave e i motoscafi.
Una bomba colpì in pieno un motoscafo già pieno di
italiani e fece una strage.
Una seconda bomba cadde precisa nel boccaporto della
nave, che fece, come si può immaginare, un ecatombe di
militari. Chi riuscì ad uscire, per diversi motivi, morì
annegato. Il mare rimase coperto di cadaveri. Erano
morti 1302 persone.
I prigionieri che dovevano ancora imbarcarsi, come si
resero conto del pericolo dellaereo, subito scapparono
verso linterno nelle campagne circostanti, nel mentre i
tedeschi, inseguendoli come lepri, sparavano alle loro
spalle.
Anche se gli italiani avevano combattuto i greci, questi
li aiutarono lo stesso, nascondendoli dalla cattura
avviata dai tedeschi.
I superstiti della strage furono fatti scendere a terra,
nel mentre la nave sbandava irrimediabilmente. Un nuovo
successivo attacco aereo, il giorno dopo provocò il
definitivo affondamento della Roselli.
La Roselli era stata costruita nei Cantieri Riuniti
dellAdriatico di Monte Falcone (Go), su ordinazione
della Società Italia di Navigazione di Genova. Venne
varata il 25 aprile 1941.
La nave non affondò totalmente, però il fumaiolo che
fuoriusciva dallacqua nel luogo dellaffondamento,
consentì in un momento successivo il suo recupero.
Fu svuotata dellacqua pompando aria, per cui si mise il
relitto in condizione di galleggiare e di trasferirlo
per il suo recupero nello stesso cantiere che laveva
costruito. Dopo una serie di passaggi tra diversi
armatori, nel 1972 la nave venne demolita.
Se le autorità italiane hanno sempre ignorato, coprendo
col velo delloblio le tragedie italiane,
disinteressandosi totalmente, oggi, grazie agli eredi
degli scomparsi, interessati di conoscere la fine dei
loro familiari, stanno creando tra loro numerosi
collegamenti, con lintento di conoscere la verità su
queste morti e a ricordo di questi infelici e
sfortunati caduti.
La Ardenia era una vecchia carretta che i
greci avevano adibita a traghetto e che i tedeschi
avevano poi requisito. Era stata varata il 25 agosto
1915 per la Royal Navy come fregata, e col nome
iniziale di Peony, nei Cantieri di McMillan di
Dumbarton.
Allinizio effettuava i collegamenti nella Manica tra l
Inghilterra e la Francia, poi fu venduta alla Grecia,
dove traghettò i passeggeri nelle isole di Chios e
Mitilene.
Ad Argostoli furono stipati nella stiva ben 840 italiani
destinati ai campi di concentramento in Germania.
Come uscì dal porto, la nave con 60 uomini di equipaggio
e scorta tedesca, urtò una mina, facente parte di uno
sbarramento difensivo posto il 4 giugno 1943 proprio
dagli italiani della motonave Barletta.
Lequipaggio e la scorta salirono sulle scialuppe e si
salvarono, lasciando invece gli italiani ad affondare
con la nave che si inabissò in pochissimo tempo a 28
metri di profondità.
120 italiani esperti di nuoto si salvarono, 720, invece,
appartenenti ai superstiti della divisione Acqui,
morirono inabissandosi con la nave.
Era il 28 settembre 1943.
Recenti immersioni hanno consentito di esaminare il
relitto, invero in pessime condizioni, e sono stati
individuati moltissime scarpe, resti umani e casse di
munizioni.
Quando la Grecia nel 1941 fu attaccata dai tedeschi,
lArdenia venne bombardata e affondata da aerei
tedeschi. Recuperata da questi ultimi venne poi adibita
al trasporto dei prigionieri di guerra.
Unaltra triste storia è quella vissuta il 30 gennaio
1945 dalla nave passeggera tedesca la Wilhelm
Gustloff, che ebbe dai 6000 ai 9000 morti, ad
opera di un sommergibile sovietico che l affondò il 16
aprile 1945, provocando la morte minimo di 6000 persone.
Perduta la guerra, la Marina tedesca, innanzi
allavanzata russa che stava generando lesodo di
milioni di tedeschi dai territori orientali del Terzo
Reich verso occidente, pensò di evacuare la popolazione
utilizzando le numerose navi che venivano adattate al
trasporto dei profughi.
La Wilhelm Gustloff, di 25.893 tonnellate,
lunga 200 metri portava il nome di un capo della sezione
elvetica del partito socialista, assassinato il 4
febbraio 1936 da uno studente ebreo, il quale, con
questazione, mirava a scuotere gli ebrei dal loro
comportamento remissivo e a combattere i nazisti.
In una delle sue varie trasformazioni, perché era stata
utilizzata come nave ammiraglia e poi anche come nave di
lusso per passeggeri della ricca borghesia tedesca, nel
1939 divenne nave ospedaliera e fu dipinta di bianco con
fasce laterali verdi lungo la carena, con croci rosse
sul ponte, sui lati e sul fumaiolo. Su queste navi
ospedalieri era assolutamente vietato trasportare
materiale bellico.
Poi divenne una nave-caserma, perché dava appoggio ai
sommergibili U-boat tedeschi. In ultimo fu adibita a
nave di trasporto, su cui simbarcarono milioni di
soldati, di feriti e di civili che venivano salvati
dallavanzata sovietica. Però per la gran confusione
esistente non furono compilate le liste dei passeggeri
imbarcati.
Il 30 gennaio 1945, alle ore 21.08 il sommergibile russo
S.13 comandato da Alexander Marinesko, che viaggiava
senza scorta, lanciò tre siluri che andarono
rispettivamente a segno colpendo la prua, la zona della
piscina e la sala macchine.
In cinquanta minuti la nave affondò e vi furono solo
300 sopravvissuti.
Differenziandosi dai dati circolanti, secondo una
ricerca più attendibile, si è parlato di oltre diecimila
morti. Quella notte nevicava, vi era un vento forte ed
una temperatura di 10 gradi sotto lo zero; inoltre vi
erano i ghiacci che galleggiavano, per cui, per chi
cadeva in acqua, le possibilità di sopravvivenza con
quel freddo si riducevano a zero.
Fu la più grande tragedia della Storia.
Undici giorni dopo, e precisamente il 10 febbraio 1945
lo stesso capitano Marinesko affondò la nave Generale
von Steuhen che trasportava i profughi che
sfuggivano dalle rappresaglie sovietiche. I morti, in
quella circostanza furono 3500.
Il 16 aprile 1945 il sommergibile L-3, comandato da
Vladimir Konovalov, in agguato nella baia di Danzica,
silura la nave Goya che affonda portando negli
abissi 6000 passeggeri.
Gli aerei della Raf nella Baia di Lubecca colpiscono la
nave passeggeri Cap Arcona ed il mercantile Thielbeck.
Anche qui vi saranno 6000 morti.
Le navi ricordate sono quelle che hanno subìto un
maggior numero di morti, però, bisogna affermare ch la
Marina di tutti gli Stati, con nemici o con alleati, è
stata piena di episodi tragici, di disastri e di
sciagure, dove il risultato è stato sempre luomo ed il
suo annientamento. |