CALABRIAINARMI

 " PER LA PATRIA! "

 
VINCENZO ARENA da Pizzoni
 

 

immagine tratta dallibro “Eroi vibonesi in trincea, 1915 - 1918” di Felice Muscaglione , ed. Mapograf,Vibo Valentia  2004

 Vincenzo Arena da Pizzoni, sottotenente del 19° Reggimento Fanteria, cadde ucciso da una pallottola che lo colpi’ in fronte, la mattina del 30 Agosto 1917nel vallone dell’ Avscek ( altipiano della Bainsizza), nel corso dell’ XI battaglia dell’ Isonzo ( 17 Agosto-12 Settembre). In quei giorni la Brescia ebbe il compito di attraversare il fiume per passare sulla sponda sinistra ad Auzza e attaccare la linea avversaria schierata fra Okroglo- q. 725 – Vrhovec.

Il giovanetto eroe era giunto al reggimento ( 19° Fanteria della Brigata Brescia nda) a Sdraussina il 2 Aprile di quell’ anno.

D’intelligenza pronta , studioso e colto, agile e forte, custodiva nel petto la gran fiamma del piu’ puro patriottismo  , che raramente lasciava trasparire agli estranei, per un alto senso di modestia.

Era entusiasta per la nostra guerra di  redenzione, benche’ raramente ne parlasse.

Egli scriveva  giornalmente al padre suo  lettere e cartoline riboccanti di affetto e nelle quali ricorre spesso la frase << Coraggio e fede come quella che ho io e che non mi abbandona mai>>.

Tenne anche un diario scritto giorno per giorno nei momenti di riposo, dal quale traspaiono tutta la bonta’ del suo animo e la vivezza della mente, per le acute osservazioni sugli uomini  e sui fatti dei quali egli è attore piu’ spesso che spettatore.

Il giornale della 21.a Divisione nel Giugno 1921 pubblico’ le pagine nelle quali egli descrisse la battaglia alla fronte carsica, e piu’ precisamente nel settore del Faiti, dove opero’ la Brigata Brescia al fianco della Ferrara.

Battaglia sfortunata, nella quale cozzarono la baldanzosa resistenza degli austriaci, trionfatrice ormai dei russi e la rinnovata preparazione degli italiani, arricchita di mezzi tecnici e di artiglierie, ma affievolita nel morale per i vani sforzi precedenti.

Il diario è una fedele pittura dei sanguinosi combattimenti sul Carso e dello stato d’animo dei combattenti.

Sono pagine di verita’ che bisogna meditare.

 

11 Maggio 1917

Incomincia il tiro delle nostre bombarde: lo scoppio di quelle grosse è spaventoso, lacerante.E’ arrivato in compagnia il S.T. Franz, che si trovava val battaglione di marcia: speriamo che resti e trovi il buco per andar via anche lui. Denat ieri è andato via: era molto commosso nel lasciarmi; era cosi’ buono e galantuomo!

A sera ho accompagnato Franz al piccolo posto: faremo una sera per uno.Sono stato d’ ispezione fino alle 20 ½ e poi….

 

12 Maggio

……stamani alle 5, fino alle 7. A destra e a sinistra bombardamento fitto. Qui, di fronte a noi, le quote 378, 432 e 363 sono intensamente battute. Gli austriaci tirano di rado.

A notte vado, con pochi uomini, al piccolo posto, ma il nemico tira a shrapnels. Abbiamo molte perdite.

 

13 Maggio

Alle 4 un fitto fuoco di fucileria sul dosso Faiti fa uscire tutti i soldati dai ricoveri. Subito il nemico, che forse ha provocato ad arte l’ allarme, incomincia un tiro fittissimo di shrapnels e granate. Sono feriti parecchi dei nostri. Il caporale Tozzi proprio sulla bocca del mio ricovero: lo mettiamo al mio posto, finche’ qualcuno non si decida a portarlo al posto di medicazione. Il nostro bombardamento si mantiene efficace, pur demoralizzante ( anche per noi), fino a tutto il giorno e la notte seguente.

Si aspetta finalmente di spostarsi a destra  per pigliare posizione per l’ assalto: al nostro posto dovra’ venire il 47°. Si aspetta per tutta la notte il cambio che arriva  all’ alba. Il nemico tira maledettamente, cercando di controbattere le nostre batterie: prevede l’ attacco……

 

17 Maggio                 

Riprendo la penna dopo 3 giorni cercando di ricostruire i terribili avvenimenti: mi trovo sotto un ricoverino nella dolina Lecce, dove i soldati si riuniscono dopo lo sbandamento. Ci sono anche qui molti ricoveri distrutti e qualche morto che facciamo seppellire: dovunque roba abbandonata.

Ricevo oggi 4 lettere  da casa, dopo essere stato 3 giorni senza averne.

All’alba del 14, dopo che il 47° ( molto assottigliato per il bombardamento della notte) ha preso il nostro posto scendiamo giu’ dove era la 1.a compagnia: abbiamo alla destra il 1° battaglione; durante lo spostamento succede confusione: 9.a, 10.a e 11.a compagnia si mischiano e si confondono e tutto cio’ sotto la vista e il tiro nemico.

La trincea è in molti punti distrutta; qualche soldato viene ucciso, qualche altro si sbanda e se la squaglia. Finalmente verso le 8  la prima ondata ( 1° e 2° plotone della 9.a, comandati da me, 3° e 4° comandati da D’ Ambrosio. Prende posto fuori dei reticolati, dietro i muretti: il nemico sembra non accorgersi del movimento; eppure sento qualche vedetta che tira da quota 378: ci si prepara qualche brutta sorpresa.

Verso le 9 qualche granata nostra, troppo corta, ci costringe a spostarci piu’ a sinistra: dei soldati sono rimasti pochi, eppure quelli rimasti in trincea dovrebbero pensare a mandarli avanti, non potendo noi esporci troppo: anche il mio attendente mi lascia ( lo credevo piu’ coraggioso e affezionato!). Non so cosa facciamo in trincea: credo che le seconde ondate siano poco pronte a rincalzarci prestamente. Sino alle 10,30 il nemico tira poco: si vedono le nostre bombarde calare dall’ alto e squarciare tutto, poco avanti dei nostri appostamenti, sulle pendici di quota 368 e 363.

Sappiamo che l’ ora dell’ assalto è per le 12; pero’ rimangono solo un pugno di uomini e non so come si fara’ ad andar su. C’è vicino a me il sergente Cucci e dietro Montanini, Sacchi e Zoia, dei miei plotoni. Alle 11 comincia terribile il fuoco nemico, concentrato specialmente sul costone che scende giu’ dal Faiti e sulla spianata dove siamo noi. Ancora qualche soldato fugge via terrorizzato e rientra in trincea dove, certamente, saranno tutti spariti. Cerco di far sapere al comandante della compagnia che ho pochissimi uomini, qualche morto e molti feriti leggeri, ma il porta ordini non ritorna. Mi affido al destino e sto rannicchiato dietro il riparo, aspettando che il tiro delle nostre artiglierie si allunghi: qualche soldato si lamenta e prega: dietro di me Zoia dice che vuole andarsene: ho il presentimento che avverra’ qualche catastrofe.

Sono le 11 e un quarto: Cucci è andato a trovare D’ Ambrosio: incomincia qualche scoppiettio di mitragliatrice che finalmente si rivela, sparando dall’ imboccatura di qualche caverna a prova di bomba.Un altro gruppo di soldati scappa via terrorizzato: un uomo cade per via.

Gli shrapnels sono fittissimi e mi trovo tutto coperto di terra, sassi e polverone, sono tutto un sudore e comincio a perdere la calma.Alle 12 non ho che un pugno di uomini, nemmeno della mia compagnia. I tre caporali non sono più dietro di me. Cerco di alzarmi, cercando di slanciarmi avanti, credendo di avere degli uomini sulla sinistra e sulla destra: nessuno!

La sezione ( 10.A) DI Lanza è sparita. Son costretto a buttarmi a terra: oramai il nemico batte terribilmente, con le mitragliatrici, i varchi e i muretti, ha travisto il gruppo formato da me e altri 7 o 8 soldati, tra cui due della 10.a e Scabrino.Vedo che anche a sinistra e a destra non avanza nessuno sotto quell’ uragano di ferro.D’ Ambrosio non lo vedo più e dei suoi uomini c’è n’è ancora qualcuno. Una delle due mitragliatrici di quota 378 batte a fior di terra la lunetta dove siamo raccolti; le pallottole si schiacciano contro i sassi¸qualche scheggiolina entra dentro. Incomincio a disperare della mia salvezza: ritirarsi sarebbe lo stesso che morire sotto il  tiro delle artiglierie che minano il terreno di ferro- Il ricovero vicino al mio è preso in pieno da una granata.Sono le 12 e ¾. Alcune granate sollevano del fumo e del polverone: la mitragliatrice, non vedendo il bersaglio, tace un istante: è il momento di ritirarsi!... Carponi scendiamo giu’ in una buca piena di alberi che si trova dietro il  nostro muretto.

Ci fermiamo un istante per orizzontarci e cercare il  varco: non si distingue più niente; le mitragliatrici hanno ricominciato di nuovo a battere la spianata. Di lontano vedo un uomo che corre verso la trincea attraversando il  varco del nostro reticolato: è la salvezza!...ci slanciamo in quella direzione. Sto per passare quando una granata scoppia a pochi passi e mi butta giu’, sotto un nugolo di sassi, mi rialzo subito, illeso, e salto in trincea. Sono in condizioni miserabili: stravolto, arso di sete, non credendo di trovarmi ancora nella nostra linea!

Non vedo nessuno se non qualche soldato terrorizzato dal bombardamento, sotto pochi sassi la linea è rovinata in molti punti. Cerco un poco, con passo vacillante: a pochi passi c’è una tana piena di soldati: vi trovo dentro Tromba ( che doveva far parte della 3.a ondata ) il quale mi da del caffè e mi rianima; non mi sa dare notizie di nessuno. Sto con lui un paio d’ore, in uno stato di mezzo assopimento, fuori la linea intensamente battuta e due volte la nostra debole tana viene riempita di terriccio e di sassi.Ci sono tre feriti che si lamentano. Alle 4 vado in cerca del comando di battaglione per dare mie notizie. Incontro Provenzano, leggermente ferito, il quale dice che mi credono morto: piu’ giù trovo tre morti orribili. La linea non si riconosce piu’. Trovo il maggiore anche depresso al quale racconto tutto minutamente: mi dice che l’ attacco è fallito quasi su tutta la linea e  che il maggiore del 1° battaglione e qualche altro ufficiale sono feriti. Lodolini è inebetito e mi guarda con occhio spaventato. Mi riposo ancora e sento che si ritentera’ l’ azione verso le 17,30: sono gia’ le 16 passate.

Vado in cerca degli altri ufficiali e non li trovo: chi mi indica  su, chi giù. Il nemico bombarda ancora e penso di ripararmi ancora con Tromba. Alle 17,30 si ritenta ancora di saltare fuori, ma vi sono pochissimi soldati e tutto riesce un miserabile tentativo fatto senza nessuna calma e logica: non tentano altro che per far macellare inutilmente dell’ altra gente!... Non  si  sa dove siano andati i soldati; la linea è quasi abbandonata e cala la notte sotto il fuoco nemico…

Nella stessa giornata del 17 Arena prosegue annotando gli avvenimenti dei due giorni precedenti:

 

  15 Maggio

…All’alba del 15 trovo tutti e tre comandanti di compagnia riuniti: mi accolgono meravigliati; dalle domande che mi fanno mi accorgo che, fin dalla mattina precedente, non hanno messo fuori nemmeno la testa. Nel pomeriggio,durante un momento di relativa calma, cerco di contare i soldati. Ve ne sono solamente 32. Vado in giro per le doline retrostanti e trovo alla dolina Mondovi  Brioschi, Montanini, Adami, Le Voci, che fanno i feriti: dicono di avere avuto un giorno di riposo. Me li tiro dietro.

In altre doline, imbucati, racimolo altri 20 soldati. Dovunque c’è gran confusione di uomini di diversi reparti, dispersi dal bombardamento. Nella dolina Bra, vicino alla linea, trovo il mio attendente rincoglionito e abbattuto in viso : non ho nemmeno il coraggio di rimproverarlo. A sera si sa che avremo il cambio da una compagnia del 20°. Noi andiamo alla dolina Saluzzo, subito dietro la linea.

 

16 Maggio

I soldati che hanno perso il collegamento si raccolgono a gruppi. E’ già l’ alba: la dolina è anche battuta. Cerchiamo di riposare un po’: sono con Grasso, Mangino e Giusto: Franz non è ritornato ancora.

Durante il giorno, nei momenti in cui il nemico non tira, cerchiamo di mettere in ordine la compagnia: fino a sera ricompare qualcuno, non si sa donde. Alle 17 arriva anche Franz.Nella dolina, in una mediocre caverna,c’è il comando del Reggimento: vi sono chiamato perche’ alcuni soldati, durante il tiro, si sono affollati all’ imbocco della galleria.

Rivedo Cremona ( il Capitano Nazzareno Cremona cui Ungaretti dedico’ la poesia omonima, v articolo nell’ archivio del sito) che mi saluta e mi chiede conto della salute e del morale. IL colonnello mi grida, tutto congestionato, di proibire ai soldati di affollarsi dinanzi al suo ricovero. In dolina ci sono anche gruppi di soldati dispersi.

Alla sera mando un saluto a papà per mezzo di Vignoli. Stanotte andremo alla dolina Lecco per ricevere i complementi. Vi arriviamo alle 4 del mattino e vi troviamo il cuciniere con i soldati che prendono il caffe’. Ci sono due aspiranti che hanno accompagnato un gruppo di soldati ( complementi) ed hanno perduto la vita.

Si vede che dovunque c’è una gran confusione. I soldati rimangono mezzi all’ aperto, per mancanza di ricoveri. Poco dopo arriva la compagnia dei mitraglieri: io trovo a mala pena un ricovero. Franz dorme con Mangino.

 

17 Maggio

Riposo un po’ e mi sveglio alle 10. In fureria trovo quattro lettere di papà: mi sollevano immensamente.

Dopo essermi  spidocchiato mi metto a scrivere tutto ciò che ho scritto sopra.

Nella dolina si fermano due plotoni dell’ antica 4.a compagnia; debbono andare alla dolina Saluzzo: son rimasti indietro la notte. Un aereoplano austriaco gira bassissimo e tutti gli uomini sono condannati all’ immobilita’.

Nel pomeriggio possiamo mettere un po’ in ordine i plotoni, rinsanguandoli con i complementi giunti la sera precedente. Verso l’ imbrunire  passa la 12.a compagnia che va in linea a dare il cambio alla 10.a.

La notte riposo a lungo e profondamente: dopo 5 giorni è la prima!

         V. Arena

 

Annota il cronista de La Verita:

Abbiamo veduto cosi’ un lembo dell’ immenso campo di battaglia; abbiamo veduto cos’era il Carso nel Maggio 1917 e quale terribile situazione esso presentasse durante il combattimento.

La visione alla quale ci fa assistere il Diario nudo e crudo dell’ eroico sottotenente Arena non è tutta la guerra: da un solo spiraglio non si puo’ abbracciare tutto il panorama perche’ il raggio di luce che vi filtra può rischiarare il buio che ancora esiste su tutti i complessi  avvenimenti che agivano nell’ anima dei soldati e preparavano quella caduta morale che è segnata dalla rottura del fronte a Caporetto.

Pubblicheremo in seguito le pagine di un’ altra battaglia, non meno classica, quella della Bainsizza, alla fine della quale l’ Eroico sottotenente Arena trovo’ la morte.

Esse completeranno il quadro.

 

s.p.

Alcune note:

nel diario si incontrano  Arena e Cremona, entrambi  di Monteleone e del 19° R.F. della Brigata Brescia, caduti poi  nel corso della stessa battaglia della Bainsizza a distanza di poco tempo.

Nei giorni  coperti dal racconto Il Reggimento era, alla vigilia della X battaglia dell’ Isonzo ( 12 Maggio-18 Giugno), sul Monte Fajti  che attacco’ il 14 Maggio muovendo verso quota 432, insistendo fino al 23.

I suoi sforzi  si frantumarono contro il fuoco incrociato delle mitragliatrici e dell’ artiglieria austro ungarica e il quadro della battaggli appare chiaramente da quanto scrisse l’ eroico Vincenzo Arena da dentro lo scontro fra i due eserciti, ciascuno schierato per difendere il proprio Paese.

                              Mario Sacca’

 
 

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