L'11 novembre 1961 a Kindu, nell'ex Congo belga,
tredici aviatori italiani
della 46^ Aerobrigata di stanza a Pisa, facenti
parte del contingente dell'Operazione delle
Nazioni Unite in Congo,
furono trucidati
senza pietà.
Il Congo,
che in quegli anni aveva ottenuta l'indipendenza dal
Belgio, era piombato nel caos politico ed amministrativo
che, a seguito dell'uccisione di Patrice
Lumumba, l'ex Primo Ministro nazionalista che
aveva tentato di liberare il paese dalle ingerenze
esterne, portò alla guerra civile tra le varie fazioni.
I due equipaggi italiani operavano da un anno e
mezzo nel Congo. La mattina di sabato
11 novembre 1961 i due aerei decollarono dalla capitale Leopoldville per
portare rifornimento alla piccola guarnigione malese
dell'ONU che controllava l'aeroporto nei
pressi di Kindu, ai margini della
foresta equatoriale. Comandati dal maggiore Amedeo
Parmeggiani e da Giorgio Gonelli,
i militari, dopo aver terminato le operazioni di scarico
del materiale, si diressero presso una mensa dellONU poco
distante dallaeroporto, lasciando le proprie armi a
bordo.
E da precisare che da diversi giorni, tra i soldati congolesi
di Kindu si era sparsa la voce di un
lancio di paracadutisti e mercenari katanghesi inviati
da Ciombe. Così quando le truppe di Gizenga videro gli
aerei italiani sorvolare la città, li
scambiarono per un corpo di paracadutisti nemici.
Gli aviatori italiani vennero così catturati, uccisi a raffiche di mitra
davanti alla prigione e successivamente
fatti a pezzi a colpi di machete dalla folla inferocita.
Gran parte dei resti, secondo alcune testimonianze mai
confermate, furono venduti al mercato.
Il brigadiere
della locale polizia fece seppellire i corpi degli
italiani nel cimitero di Tokolete, invece di gettarli,
in pasto ai coccodrilli, nel
fiume Lualaba.
La Commissione dinchiesta ONU riconobbe il
colonnello Pakassa tra i
responsabili delleccidio. Arrestato pochi mesi dopo,
non subì alcun processo e fu scarcerato nel 1963.
Riparato a Parigi e nuovamente arrestato, la Francia ne
negò lestradizione sia allItalia sia
al Congo. La stessa Commissione
individuò anche gli esecutori materiali dellorrendo
delitto, ma nessuno poté essere arrestato né processato
e tutti continuarono ad imperversare nei massacri che
insanguinarono la regione.
Le salme dei caduti
furono ritrovate da Don
Emireno Masetto, cappellano militare della 46^
aerobrigata, nel febbraio 1962, rimpatriate in Italia
l'11 marzo e tumulate nel Sacrario costruito nell'aeroporto
militare di Pisa.
Solo nel 1994 fu riconosciuta
loro la Medaglia dOro al Valor Militare.
Questi i nomi dei caduti:
Onorio De Luca,
25
anni, di Treppo Grande (UD) sottotenente pilota;
Filippo
Di Giovanni,
42 anni,
di Palermo - maresciallo motorista;
Armando
Fausto Fabi,
30 anni, di Giuliano di Roma (FR)
- sergente maggiore elettromeccanico di bordo;
Giulio
Garbati,
22 anni,
di Roma - sottotenente pilota;
Giorgio Gonelli,
31 anni,
di Ferrara - capitano pilota e vicecomandante;
Antonio
Mamone,
28 anni, di Isola Capo Rizzuto (CZ)
- sergente marconista;
Martano Marcacci,
27 anni, di Collesalvetti (LI)
- sergente elettromeccanico di bordo;
Nazzareno
Quadrumani,
42 anni, di Montefalco (PG)
motorista;
Francesco Paga,
31 anni, di Pietralcina (BN)
- sergente marconista;
Amedeo Parmeggiani,
43 anni,
di Bologna - maggiore pilota e comandante dei due
equipaggi;
Silvestro Possenti,
40 anni,
di Fabriano (AN) - sergente maggiore montatore;
Francesco
Paolo Remotti,
29 anni,
di Roma - tenente medico;
Nicola Stigliani,
30 anni, di Potenza - sergente maggiore montatore.
Sulla porta del sacrario di Pisa è riportata la
seguente epigrafe:
''Fraternità ha nome
questo Tempio che gli italiani hanno edificato alla
memoria dei tredici aviatori caduti in una missione di
pace, nell'eccidio di Kindu, Congo 1961. Qui per sempre
tornati dinnanzi al chiaro cielo d'Italia, con eterna
voce, al mondo intero ammoniscono. Fraternità''. |