CALABRIAINARMI

"PER LA PATRIA!"

 

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18 GIUGNO 1836, NASCONO I BERSAGLIERI... HURRAH, HURRAH, HURRA!

 

 Quando passano per via

Gli animosi Bersaglieri,

sento affetto e simpatia

pei gagliardi militari.

Vanno rapidi e leggeri

Quando sfilano il drappello,

Quando il vento sul cappello

Fa le piume svolazzar…

      Le prime strofe di una delle più conosciute marce dei Bersaglieri (Flik Flok) sintetizzano in modo perfetto il sentimento che gli italiani provano nel vedere correre i fanti piumati: affetto e simpatia. Sentimenti che abbiamo potuto constatare, ancora una volta, nell’ultimo raduno dell’Associazione Bersaglieri che si è svolto a San Donà del Piave lo scorso maggio ed il 2 giugno a Roma in occasione della Festa della Repubblica. I loro piumetti svolazzanti, le loro fanfare in testa e i caratteristici 180 passi di corsa esprimono l’allegria che da sempre contraddistingue l’animo dei Bersaglieri.

Tale modo di essere risulta legato alle motivazioni della nascita di questi soldati, pensati e voluti dal capitano del Reggimento Guardie Alessandro Ferrero Della Marmora. L’allegria e la serenità, infatti, erano elementi costitutivi di quello spirito di corpo indispensabile per i compiti che  i Bersaglieri, rifacendosi alle specialità già esistenti in altre nazioni europee, avrebbero dovuto portare avanti attraverso un addestramento specifico finalizzato alla costituzione di una unità di fanteria leggera. Già nell’idea primogenita del La Marmora del 1831, i Bersaglieri dovevano avere compiti di esploratori e all’occorrenza essere in grado di assicurare i fianchi dello schieramento della battaglia concentrando il fuoco di precisione sul nemico e, a secondo dello sviluppo degli avvenimenti, inseguire il nemico o proteggere la ritirata sui fianchi e sul retro, il tutto con la massima celerità ed in piena autonomia.

Per arrivare a questi intenti, nel 1835 il capitano La Marmora presentò direttamente al re Carlo Alberto di Savoia una proposta più dettagliata denominata sulla “Proposizione per la formazione di una compagnia di Bersaglieri e modello di schioppo per il loro uso” dove si descriveva la formazione di un nuovo soldato estremamente allenato, dotato di grande spirito ed entusiasmo, ben armato, ottimo tiratore capace di bersagliare il nemico in qualsiasi situazione e luogo, disciplinato e pronto al sacrificio. Successivamente, la Marmora sintetizzò nel Decalogo le caratteristiche salienti del Bersagliere: Obbedienza, rispetto, conoscenza assoluta della propria carabina, molto esercizio nel tiro, ginnastica di ogni genere fino alla frenesia, cameratismo, sentimento della famiglia, amore al Re, amore alla Patria, fiducia in se stessi fino alla presunzione.

Alessandro LAMARMORA

 

La figura di Alessandro La Marmora rimane indelebile nella tradizione dei fanti piumati, non solo per la perseveranza avuta nel portare a termine la loro istituzione, ma soprattutto per la dedizione che profuse nel ricercare e mettere a punto con accuratezza tutto ciò che dall’equipaggiamento, alle armi, alla divisa sono diventati simboli di questi soldati. Fu proprio La Marmora che ideò la prima divisa dei Bersaglieri di colore blu con cordone di lana verde porta fiaschetta della polvere da sparo, guanti neri e goletta e mostra delle maniche color chermisio scuro. Anche il caratteristico cappello rigido nero fu pensato dal fondatore del corpo: doveva essere una coppa di feltro nero, rotonda (con eventuale calotta di ferro per proteggersi dalle sciabolate dei cavalieri), che andava restringendosi dal basso verso l’alto, con una tesa piegata tutt’intorno con le piume di gallo cedrone (caratteristica a quei tempi anche dei kaiserjäger austriaci), mentre  tradizione vuole che il modo caratteristico di portarlo in obliquo sul lato destro derivi dall’attendente del La Marmora,  il sergente Vayra, che, raccogliendo al volo il cappello lanciato dal suo comandante, se lo ritrovò piegato sulle ventitré a coprire l’orecchio destro.

      Per quanto riguarda, poi, le armi in dotazione, abbiamo già accennato che nelle Proposizioni presentate nel 1836 al re vi era la presentazione di un modello di schioppo ad uso dei Bersaglieri . Tale fucile secondo La Marmora doveva essere corto, con un sistema ad acciarino a percussione autoinnescante e dotato di una baionetta lunga tale da poter compensare la minore lunghezza del fucile negli scontri diretti. Il fucile venne prodotto nel 1839 e fu conosciuto come Carabina La Marmora. Alla costituzione del Corpo, nel Regio Decreto era prescritto che ciascuna compagnia doveva avere 13 corni da caccia (scomparvero nel 1839) o 13 trombette (che dovevano diventare in tempo di guerra) e un caporale trombettiere. La riunione in addestramento dei trombettieri delle varie compagnie diede vita alla fanfara di battaglione.

      L’insieme di quei simboli che riconducono alla nascita della specialità è il fregio dei Bersaglieri, ancora oggi in metallo di colore oro, con al centro una bomba da granatiere, dai quali i Bersaglieri si formarono, con fiamma a sette lingue, cornetta da cacciatore e due carabine intrecciate. A differenza dei fregi delle altre armi, dove la fiamma sale dritta, quella del Bersagliere è inclinata, fuggente, tale da resistere al vento senza mai spegnersi, a rappresentare la velocità. Nel 1836 la coccarda era di colore celeste azzurra. Divenne tricolore nel 1848.

Quando, in quel lontano 18 giugno del 1836, il re istituì la prima compagnia del Corpo dei Bersaglieri, si realizzava il progetto di Alessandro La Marmora di dar vita ad un tipo di soldato che attraverso l’addestramento, la corsa, la musica esprimeva la caratteristica principale dell’appartenenza al nuovo Corpo: lo spirito bersaglieresco.  Lo spirito bersaglieresco, che ammiriamo nel passaggio veloce e leggero dei fanti piumati, si è costruito con la partecipazione a 182 anni di storia della nostra Nazione, alla loro azione in prima linea in tutte le occasioni in cui sono stati chiamati ad intervenire, in qualsiasi contesto storico e politico, in alcuni momenti anche contro gli stessi loro connazionali. L’impeto bersaglieresco si è forgiato attraverso le guerre in cui in molti si sono sacrificati sempre in nome dell’Italia. Troppe sarebbero le battaglie per ricordarle tutte, vogliamo qui menzionarne alcune, non sempre vittoriose, ma nelle quali possiamo riscontrare e comprendere quell’impeto, tanto caro ad Alessandro La Marmora, che serviva come amalgama per rendere degli eccellenti soldati una sola unità capace di affrontare in modo autonomo le avversità di un teatro di guerra attraverso lo spirito di corpo.

Non possiamo che iniziare con il battesimo del fuoco dei fanti piumati, il 6 aprile del 1848, presso il comune di Marcaria (Mantova) dove cadde il primo bersagliere nella storia del Corpo, Giuseppe Bianchi, in uno scontro a fuoco con gli austriaci, durante la I Guerra di indipendenza (1848-1849).

In quel 1848, a seguito delle 5 giornate di insurrezione che la popolazione della città di Milano organizzò contro l’amministrazione austriaca, Re Carlo Alberto si schierò in difesa del Lombardo-Veneto dichiarando guerra all’Austria il 23 marzo. L’Armata sarda, nella prima fase, aveva come obiettivo quello di tagliare la strada alle truppe austriache impedendo loro di ritirarsi definitivamente, come usavano fare nei momenti critici, all’interno del quadrilatero formato dalle fortezze di Verona, Peschiera del Garda, Legnano, Mantova. In questo quadro, diventava di fondamentale importanza conquistare il ponte di Goito. Proprio per la conquista del ponte, che permetteva di raggiungere le città di Mantova e Verona, vennero utilizzate 2 compagnie di Bersaglieri, sotto il comando del Colonnello La Marmora.

I Bersaglieri si trovarono a fronteggiare i Kaiserjäger austriaci che, dopo un primo combattimento, fecero saltare il ponte senza però determinarne il crollo. In questa seconda fase di combattimento, nello spronare i suoi Bersaglieri ad avanzare sulla sponda opposta, il colonnello La Marmora rimase ferito ad una mascella per una fucilata. Nel prosieguo dell’azione cadde il primo ufficiale dei Bersaglieri, il S.Ten. Demetrio Galli, mentre il Capitano dei Bersaglieri Saverio Griffini venne successivamente decorato con la medaglia d’oro al valore militare, primo militare a cui fu insignito di tale ricompensa nelle guerre del Risorgimento, per avere oltrepassato il ponte di Goito che da quel giorno è ricordato come “il ponte della Gloria”. Altro fatto d’armi in cui si distinsero i Bersaglieri fu la Battaglia di Governolo del 18 Luglio 1848. Con la sconfitta di Custoza del 23 luglio 1848 l’Armata sardo-piemontese iniziò a ritirarsi verso Milano, con la protezione dei reparti Bersaglieri a proteggere in retroguardia. I Bersaglieri ebbero anche il compito di proteggere Carlo Alberto nel momento in cui la popolazione lombarda venne a conoscenza della firma dell’armistizio tra austriaci e piemontesi.

Nell’ambito dell’Indipendenza italiana, riveste una notevole importanza la spedizione in Crimea del 1855, voluta insistentemente dal Conte Cavour ad oltre 3000 chilometri di distanza dal Piemonte. La spedizione di oltre 18.000 uomini veniva vista dal re Vittorio Emanuele II e dal Ministro degli Esteri Cavour come l’occasione diplomatica per portare avanti le istanze dell’indipendenza dell’Italia a livello europeo, attraverso l’alleanza con la Francia e la Gran Bretagna, che, schieratesi accanto alla Turchia in un conflitto contro la Russia nel 1853, avevano assediato la città di Sebastopoli.

 La spedizione, guidata dal Gen. Alfonso La Marmora, si rivelò molto dura. In Crimea, nel porto di Balaclava, sbarcarono 18.000 uomini provenienti dal regno sardo-piemontese, tra questi oltre 2.200 Bersaglieri inquadrati in 5 battaglioni. Anche il fondatore dei Bersaglieri Alessandro La Marmora (fratello di Alfonso) parteciperà alla spedizione con il grado di luogotenente generale al comando della seconda divisione del corpo d’armata morendo proprio in quella spedizione il 7 giugno 1855 a causa del colera.  Il padre dei Bersaglieri fu sepolto in Crimea e solo nel 1911 il suo corpo fu traslato in Italia.

Di questa spedizione, il fatto d’armi ricordato nella tradizione bersaglieresca è la Battaglia sul Cernaia. All’alba del 16 agosto 1855, gli avamposti piemontesi furono fatti segno dalle cannonate dell’artiglieria russa, soprattutto sul 16° battaglione di fanteria posto a difesa dell’avamposto piemontese denominato Zig-Zag (conosciuta nei resoconti successivi alla battaglia come Opera Cadorna). L’attacco russo, che aveva come scopo quello di alleggerire l’assedio di Sebastopoli, fu così violento che il battaglione di fanteria, coperto da due compagnie di Bersaglieri, cominciò ad arretrare lasciando molti morti e feriti sul terreno. Successivamente, mentre la 2^ Divisione Piemontese iniziava un contrattacco, il 2° battaglione Bersaglieri si attestava lungo il fiume Cernaia e la 1 ^ compagnia del 5° battaglione combatteva assieme agli zuavi francesi per mantenere il controllo del ponte Traktir, snodo fondamentale per arrivare sul trinceramento dello Zig-Zag. Nell’ultima fase degli scontri, lo Zig Zag venne rioccupato dal 4° battaglione dei Bersaglieri comandato dal Maggiore Della Chiesa. Con la resa di Sebastopoli, il 9 settembre 1855, le operazioni militari in Crimea terminarono, ma solo il 2 marzo del 1856 arrivò il definitivo ordine del cessate il fuoco. Il 15 giugno 1856 tutto il Corpo di spedizione fece rientro in Piemonte. Non vi è dubbio che per i Bersaglieri la Crimea è rimasta scolpita in maniera indelebile nella storia e nella tradizione del loro Corpo. Non è un caso che quello che, insieme al cappello piumato, diventerà un simbolo dei Bersaglieri, il fez, venne donato loro, in segno di stima, dagli Zuavi francesi favorevolmente colpiti dal comportamento tenuto da questi soldati nei frangenti degli scontri sul fiume Cernaia. E da allora, il fez color cremisi con la sua ricciolina blu, con una lunghezza di 30 cm per poter dondolare da una spalla all’altra   è diventato un simbolo caratteristico dei fanti piumati, tanto che il regolamento disciplina il trattamento del fez: non dev'essere riposto in tasca, né arrotolato in mano, né piegato sotto la spallina.

Dalla Crimea i Bersaglieri portarono un’altra consuetudine, questa volta derivata dalle truppe britanniche, quello dell’utilizzo del grido Hurrà per manifestare giubilo e gioia.

I Bersaglieri parteciparono, poi, alla II Guerra di Indipendenza del 1859 con 10 battaglioni, distinguendosi nella Battaglia di Palestro e San Martino. Dopo un significativo ampliamento del Corpo, nel 1860 furono impiegati contro lo Stato Pontificio (il 12 settembre 1860 il 16° battaglione ne superò il confine) e parteciparono a tutti i fatti d’armi come la battaglia di Castelfidardo e l’occupazione di Ancona. Successivamente 8 battaglioni di Bersaglieri (1°,6°, 7°,11°,12°, 14°,16°, 24°) furono impiegati nella campagna del Regno di Napoli, in particolar modo il 6° e 7° battaglione entrarono a Gaeta il 13 febbraio 1861. I Bersaglieri parteciparono anche all’assedio della città di Messina che si arrese il 12 marzo 1861. La conquista di Civitella del Tronto pose fine alla campagna contro il Regno di Napoli. Il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele II venne proclamato Re d’Italia.

Con la nascita del Regno d’Italia, i vecchi battaglioni dei Bersaglieri, con R.D. 31 dicembre 1861, vennero riordinati in Reggimenti, per la precisione furono costituiti 6 reggimenti articolati in 6 battaglioni, formati da 141 ufficiali e 3907 sottoufficiali e truppa. Nel 1864 i reggimenti furono ridotti a 5. Un episodio legato indissolubilmente alla nascita del Regno d’Italia è diventata una pagina della storia dei Bersaglieri. Nel 1862, la colonna guidata dal Colonnello Pallavicino, comandante del 1° Reggimento formato dal 6° e 25°battaglione, fu inviata a fermare il Generale Giuseppe Garibaldi il quale, nel tentativo di conquistare militarmente la Città di Roma, simbolo della vera Unità nazionale, era sbarcato prima in Sicilia e poi in Calabria.  Il 29 agosto 1862 in Aspromonte dopo un breve ma intenso scontro a fuoco in cui morirono 14 uomini tra garibaldini e governativi, l’Eroe dei due Mondi fu ferito, posto agli arresti e trasferito nel carcere di La Spezia.

Poco meno di quattro anni dopo, il 20 giugno 1866, Giuseppe Garibaldi partecipò alla III guerra di Indipendenza, al comando del Corpo dei Cacciatori delle Alpi, guidando 2 battaglioni di Bersaglieri. Il Corpo dei Bersaglieri partecipò distinguendosi ancora una volta in fatti d’armi come la battaglia di Custoza. Nel complesso, nonostante una non felice conduzione da parte degli alti gradi del neonato Esercito della campagna militare e la disfatta subita dalla Regia Marina a Lissa, l’Italia ottenne il Veneto grazie alla sconfitta militare subita dall’Austria ad opera della Prussia.

Nel 1870, ancora una volta quando la situazione diplomatica europea lo consentì, anche il problema di Roma capitale fu risolto, attraverso l’uso delle armi. Anche in questo caso ad aiutare il Regno d’Italia ci pensò la Prussia sconfiggendo la Francia in un mese. La prigionia di Napoleone III e la proclamazione della Repubblica fece il resto. Così, dopo aver oltrepassato il confine con lo Stato Pontificio, il 12 settembre, pochi giorni dopo, il 20 settembre, i Bersaglieri entrarono a Roma dalla famosa Breccia di Porta Pia, mettendo fine al secolare potere temporale del Papa e chiudendo la questione romana.

 Negli anni successivi alla nascita del Regno d’Italia, furono utilizzati, insieme ad altri reparti del Regio Esercito e ai Regi Carabinieri, per contrastare il fenomeno del Brigantaggio, in modo particolare dopo l’applicazione della Legge Pica. Le Province di Catanzaro e Cosenza furono sedi di alcuni battaglioni di Bersaglieri, soprattutto nelle città di Catanzaro, Cosenza, Pizzo Marina. Si trattò di una vera e propria campagna militare: basti pensare che mentre nel 1861 furono utilizzati 21 battaglioni di Bersaglieri nei territori dove veniva segnalate la presenza dei Briganti, ancora nel 1867 ne venivano utilizzati ben 26.

Una lapide posta in una dei luoghi più belli della Calabria, la Chiesa di San Domenico a Taverna (CZ) - conosciuta soprattutto perché custodisce al suo interno alcune tra le opere più belle del Cavaliere Calabrese Mattia Preti - ricorda il bersagliere Cadeddu del 7° Reggimento e il Vice Brigadiere RR.CC. Antonioli caduti in un conflitto a fuoco in cui morì anche il capo della banda Siinardi. La lapide, inserita nella terza colonna della navata di sinistra della chiesa, è forse una delle poche testimonianze esistenti sul nostro territorio del fenomeno del Brigantaggio post-unitario e ci ricorda che la Sila catanzarese fu teatro di scontri tra briganti e truppe governative sabaude.

Dal 1885 (prima spedizione per l’occupazione di Massaua) il Corpo dei Bersaglieri fu utilizzato in tutte le spedizioni all’estero organizzate per realizzare quella espansione coloniale tanto cara al nuovo Regno Sabaudo. I Bersaglieri parteciparono a tutti i Corpi di spedizione in Eritrea e Abissinia. Nella conosciutissima battaglia di Adua, nella 1^ Brigata di fanteria era inquadrato il 1° Reggimento Bersaglieri d’Africa formato dal I e II battaglione. A conclusione dei tragici fatti d’armi il I battaglione venne sciolto mentre il II battaglione su 783 unità si ritrovò con 7 ufficiali e 189 tra sottoufficiali e Bersaglieri.     

Tra le spedizioni all’estero a cui parteciparono Bersaglieri vi fu quella effettuata tra il 1900 e il 1905 in Cina in circostanza della Rivolta dei Boxers. In questa occasione i Bersaglieri parteciparono al Corpo di Spedizione internazionale con un battaglione di formazione denominato “Estremo Oriente”.

Il 29 settembre 1911, il Governo Giolitti con la motivazione di dover proteggere gli interessi italiani in Libia dichiara guerra all’Impero Ottomano occupando militarmente le regioni della Tripolitania e Cirenaica. Alle operazioni i Bersaglieri parteciparono con l’invio dell’8° e 11° reggimento per totale per ciascun reggimento di 54 ufficiali e 1868 tra sottoufficiali e Bersaglieri. A conclusione della campagna, alcuni battaglioni rimasero a presidio delle zone occupate, ed allo scoppio della I Guerra Mondiale ancora erano di stanza in Libia.

All’entrata in guerra dell’Italia, nel 1915, i Bersaglieri erano ordinati in 12 reggimenti, mentre alla conclusione del conflitto parteciparono: 21 reggimenti a piedi, su tre battaglioni; 12 battaglioni ciclisti (a disposizione del Comando Supremo); 3 reparti d’Assalto “Fiamme Cremisi”(XXII,XXVI,LXXII); 115 compagnie Bersaglieri mitraglieri; 5 compagnie motomitragliatrici.  

L’evoluzione di quel conflitto - che da guerra immaginata di movimento si trasformò in guerra di posizione e di logoramento, con la modalità dei combattimenti in trincea che annullò l’individualità degli uomini e la peculiarità di alcune specialità dell’esercito a favore di una spersonalizzazione delle azioni da effettuare, soprattutto nei primi due anni di guerra, in modo quasi ripetitivo - sacrificò migliaia di uomini, mandati incontro alla potenza oramai sproporzionata delle armi da fuoco modificando  anche l’utilizzo del Corpo dei Bersaglieri. Nei quattro anni della Grande Guerra oltre 210.000 italiani furono arruolati nei ranghi dei Bersaglieri, di questi, più di 60.000 non fecero ritorno a casa. La particolarità dei fanti piumati di manovrare rapidamente in piccole o medie unità si andò a scontrare con la realtà di quella guerra di trincea che impose l’utilizzo dei reparti Bersaglieri come massa da utilizzare negli assalti in linea per la conquista di qualche centinaio di metri di terreno. I Bersaglieri parteciparono a numerosissimi fatti d’armi, sarebbe impossibile ricordarli tutti, ma basti ricordare che in quegli anni di guerra al Corpo dei Bersaglieri furono concessi 92 Ordini Militari di Savoia, 50 Medaglie d’Oro, 2.592 Medaglie d’Argento, 3.784 Medaglie di Bronzo, 1.687 Croci di Guerra. Un nome per tutti, il Bersagliere Enrico Toti insignito di Medaglia d’Oro al Valore Militare con la seguente motivazione:

Volontario, quantunque privo della gamba sinistra, dopo aver reso importanti servizi nei fatti d’arme dell’aprile a quota 70 (est di Selz), il 6 agosto, nel combattimento che condusse all’occupazione di quota 85 (est di Monfalcone). Lanciavasi arditamente sulla trincea nemica, continuando a combattere con ardore, quantunque già due volte ferito. Colpito a morte da un terzo proiettile, con esaltazione eroica lanciava al nemico la gruccia e spirava baciando il piumetto, con stoicismo degno di quell’anima altamente italiana. Monfalcone,6 agosto 1916.

Lo spirito bersaglieresco si rintraccia  già nei primi combattimenti nel 1915: dal momento che i piumetti venivano localizzati con molta facilità dai famosi cecchini austriaci, il Comando Supremo,  constatato il pericolo che poteva rappresentare quell’accessorio voluto dal fondatore La Marmora, aveva consigliato che chi si trovava in trincea riponesse le piume, ma il consiglio o l’ordine non fu mai rispettato, anzi il piumetto era in bella vista nel famoso elmetto Adrian mod. 16 utilizzato fino a conclusione della guerra.

       Per quanto riguarda l’impeto che i reparti Bersaglieri profusero in quegli avvenimenti, qui vogliamo rievocare due avvenimenti, ricordati nella motivazione della concessione della medaglia d’oro al valor militare del 18° Reggimento Bersaglieri, la Battaglia di Fagarè dove furono arrestate le truppe austriache passate sulla destra del Piave dopo Caporetto nel 1917 e lo sbalzo effettuato nel luglio 1918 nell’offensiva effettuata sempre sul Sacro Fiume alla Patria nel luglio 1918:

Con impeto fulmineo si gettava sul nemico, passato sulla destra del Piave, fiaccandone in mischie furibonde la disperata tenacia. Con entusiastico sacrificio di sangue contribuiva alla riconquista del primo lembo della Patria invasa, ricongiungendosi nella gloria alle più antiche e fulgide tradizioni dei Bersaglieri. (Fagarè, 16-17 novembre 1917; Basso Piave, 22 giugno 1918; 2-6 luglio 1918) Boll. Uff. anno 1920, disp. 147.

Nel primo dopoguerra, i Bersaglieri vennero riorganizzati e, dopo varie trasformazioni, con la proposta Pariani vennero riordinati in reggimenti e inquadrati nelle tre Divisioni Celeri esistenti (il 6° Rgt per la Divisione Emanuele Filiberto, l’11° Rgt per la Eugenio di Savoia e il 3° Rgt per la Amedeo d’Aosta) con un Comando, 3 battaglioni, una compagnia di motociclisti e una compagnia cannoni 47/32, nelle Divisioni motorizzate (Trento e Trieste) e Divisioni Corazzate (Ariete, Centauro, Littorio) su 2 battaglioni. Negli anni che precedettero il secondo conflitto mondiale, i Bersaglieri parteciparono alle attività belliche per la conquista dell’Etiopia nel 1935 e all’occupazione dell’Albania nel 1939.

       Nel giugno 1940, con l’entrata in guerra dell’Italia fascista a fianco della Germania nazista contro la Francia e l’Inghilterra, i 12 reggimenti di Bersaglieri furono impiegati su tutti i fronti. In quegli anni, oltre 60.000 italiani furono arruolati tra le fila dei fanti piumati, ed anche quel terribile conflitto fu affrontato con l’immutato spirito di servizio verso la propria Patria, nonostante le difficilissime e tristi situazioni che tutti gli uomini del Regio Esercito italiano dovettero subire ed affrontare.

Tra i tanti fatti vogliamo ricordare qui alcuni avvenimenti che ancora una volta mostrano ancora una volta lo spirito bersaglieresco.

La Battaglia di Natale del 1942, ad esempio, in cui il 3° Rgt e il 6° Rgt Bersaglieri (inquadrati nella Divisione Celere “Principe Amedeo Duca D’Aosta della 8^ Armata Italiana in Russia ARMIR), in quel momento inquadrati nel XXIX Corpo d’Armata Tedesco a difesa di un tratto del Don, nell’ambito delle manovre per la conquista della città di Stalingrado, furono travolti dalle truppe sovietiche che l’11 dicembre 1942 davano inizio all’offensiva Piccolo Saturno. I russi sfondarono il fronte nella congiunzione tra la Divisione Ravenna, Cosseria, 385^tedesca e la 3^ Armata Romena, dilagando nelle zone immediatamente posteriori alle postazioni dell’Armata Croata e dei reggimenti Bersaglieri.

       Il 19 dicembre, il 3° Bersaglieri fu investito dal violento avanzare dei russi e, rimasto isolato, fu costretto ad abbandonare le posizioni tenute sulla sponda del Don, tentando di raggiungere il paese di Meskof, nel frattempo già occupato dalle truppe russe. Non avendo altre possibilità, gli uomini del 3°, riunitisi con alcuni reparti della 3^ Divisione Celere e altri reparti tedeschi, tentarono una sortita per entrare a Meskof. Il 70% dei Bersaglieri morirà in questa azione.

        Il 6° reggimento, ricevuto l’ordine di abbandonare le posizioni il 19 dicembre, iniziò, guidato dal suo Colonnello Mario Carloni, una ritirata che sarebbe durata più di dieci giorni, con un percorso nel ghiaccio di più di 350Km, mentre il XII Battaglione si sacrificò nel tentare la rottura con le truppe russe venendo completamente distrutto. Il 6° reggimento successivamente fu riordinato a Korsuni e i suoi 1400 uomini, insieme ai superstiti del 3° reggimento, continuarono a combattere in Russia fino al 28 marzo 1943. Furono gli ultimi reparti italiani a farlo.

       Valoroso fu, ancora una volta, il comportamento tenuto dai reparti Bersaglieri in Africa Settentrionale. Alla battaglia di El Alamein parteciparono il 7°reggimento, l’8° inquadrato nella Divisione Ariete, il 9° reggimento, il 12° reggimento inquadrato della Divisione Littorio, VIII Battaglione inquadrato nella Divisione Trento.

       In questo breve scritto, però, vogliamo accennare e ricordare i fatti che si verificarono dopo quella battaglia, quando le truppe anglo-americane sbarcarono in Marocco e Algeria per avanzare verso la Tunisia (Operazione Torch). Le truppe italiane, riorganizzate nella I^ Armata costituita dal XX e XXI C.A. al comando del Generale Giovanni Messe, continuarono a combattere. E’ il caso del 5° reggimento Bersaglieri che combatté a Kasserine e a El Guettar con la Divisone Centauro fronteggiando il II° Corpo d’Armata statunitense al cui comando vi era il Generale George Patton. Tali scontri inflissero gravissime perdite al Reggimento tanto da ridurlo a gruppo di combattimento. I superstiti del 5° combatterono con il 7° e 10° a Enfidaville, Him el Abadi, Kraim el Jesual per raggiungere il 13 maggio 1943 Capo Bon, dove il 5° Reggimento venne sciolto.

       Con l’arrivo degli anglo-americani in Sicilia, le sorti della guerra italiana furono oramai del tutto decise, ma nonostante ciò, quando il 10 luglio ebbe inizio lo sbarco, il 542° Battaglione Bersaglieri Costiero affrontò le truppe alleate fino al 12 luglio, quando i pochi uomini rimasti si arresero. E’ giusto ricordare anche gli uomini del 10° Reggimento Bersaglieri, del 177° Reggimento e I° Battaglione controcarro che combatterono le truppe anglo-americane nei dintorni di Agrigento fino alla distruzione totale dei loro reparti ed il LI Battaglione bersaglieri della Divisione Assietta.  I pochi superstiti di quei reparti si riunirono in Calabria nel DLVIII Battaglione.

       Nelle vicende dei reparti Bersaglieri si riflettono le tragiche vicende del secondo conflitto mondiale legate alla divisione dell’Italia in due, in quella che sarà una vera e propria guerra civile.

       Infatti, il LI Battaglione Bersaglieri d’Istruzione Allievi Ufficiali di complemento fu il primo reparto Bersaglieri, inquadrato nel Primo Raggruppamento Motorizzato dell’Esercito cobelligerante italiano, a partecipare ad un fatto d’arme accanto alle truppe alleate a Mignano Montelungo. Successivamente, il LI Battaglione diede vita al 4° Reggimento Bersaglieri inquadrato nella I Brigata del Corpo Italiano di Liberazione.  Sciolto il CIL vennero creati i Gruppi di combattimento, il 4° Bersaglieri che confluiva nel Gruppo “Legnano” viene riordinato in Battaglione Bersaglieri “Goito”e partecipa alla battaglia di Poggio Scanno sulla Linea Gotica.

       Anche nella Repubblica Sociale furono ricostituiti dei reparti Bersaglieri, il primo fu l’8° Reggimento costituito l’11 settembre 1943 a Verona e successivamente rinominato Battaglione Manara, mentre a Milano il 27 settembre fu costituito il 3° Reggimento Volontari Bersaglieri. Nella Germania nazista fu costituita la Divisione Bersaglieri “Italia”. Reparti dell’8° Reggimento combatterono sulla frontiera orientale italiana contro i partigiani titini jugloslavi subendo gravissime perdite in vari combattimenti, moltissimi furono fatti prigionieri e, di questi, molti furono infoibati, pochissimi ritornarono in Patria.

       Conclusasi la guerra, il Battaglione “Goito” venne sciolto e venne formato il LI battaglione Bersaglieri, trasformato, in data 21 gennaio 1946, in 3° Reggimento Bersaglieri. Nel 1949 venne costituito l’8° Reggimento Bersaglieri e nel 1953 il 1° Reggimento Bersaglieri.

       In quel secondo dopoguerra, una data più delle altre rappresenta il nuovo inizio della nuova Italia repubblicana, il 26 ottobre 1954 quando la Città di Trieste ritornò ad essere italiana. E ancora una volta - così come era successo il 3 novembre 1918, giorno di San Giusto patrono della città, quando i triestini avevano atteso lo sbarco nel Molo di San Carlo dei Bersaglieri dell’11°Bersaglieri (da quel giorno Molo dei Bersaglieri) – tutta la città si ritrovò a festeggiare con il V Battaglione Bersaglieri dell’8° Reggimento inquadrato nella Divisione Corazzata Ariete.

       Nel 1975 i tre Reggimenti Bersaglieri vennero sciolti e ricostituiti 13 battaglioni: 1° Lamarmora; 2° Governolo; 3° Cernaia; 6° Palestro; 10° Bezzecca; 11° Caprera; 14° Sernaglia; 18° Poggio Scanno; 23° Castel di Borgo; 26 Castelfidardo; 27° Jamiano; 28° Oslavia; 67° Fagarè.

I Battaglioni, formati da personale di leva, iniziarono a svolgere i compiti richiesti da una Nazione che, dopo aver conquistato la democrazia con il sangue, aveva abiurato la guerra come mezzo d’offesa, partecipando ad azioni militari concordate con gli organismi internazionali di cui faceva parte. E’ il caso della prima missione in Libano nel 1982 sotto egida dell’ONU, in cui il 2° battaglione Governolo partecipò, per la prima volta dalla conclusione della guerra, alle operazioni militari per smilitarizzare una fascia della “Linea Verde” a Beirut in Libano. Da allora i reparti Bersaglieri, dal 1991 costituiti da professionisti, hanno partecipato a molte delle missioni a cui il nostro paese ha ritenuto necessario aderire per la difesa dei nostri valori di democrazia e di libertà: Balcani, Somalia, Afghanistan, Iraq, Libano. Ed ancora una volta, dopo 182 anni di storia, i valori bersagliereschi sono stati rappresentati con il solito spirito indomito e con vite di giovani uomini sacrificati per il bene della Patria: vogliamo ricordare per tutti il Maggiore del 3° Bersaglieri Giuseppe La Rosa, insignito di Medaglia d’Oro al Valore Militare, caduto a Farah in Afghanistan per l’esplosione di un ordigno rudimentale nell’estremo tentativo di fare scudo con il proprio corpo agli uomini che gli erano vicino. Il coraggio e l’impeto bersaglieresco lo si è visto, ancora una volta, nei Comandanti e negli uomini dell’11° Reggimento che, nell’ambito delle operazioni di Antica Babilonia, il 6 aprile 2004 a Nasiriya in Iraq hanno sostenuto in quella che oggi è conosciuta come la “Battaglia dei Ponti ”il maggiore scontro a fuoco dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale, tanto che la sua Bandiera di Guerra è stata insignita di Croce di Guerra al Valor Militare.

E ancora, come non ricordare gli uomini e le donne del 1° Reggimento Bersaglieri di stanza a Cosenza, per noi oramai diventati Bersaglieri di Calabria, insigniti dell’Ordine Militare d’Italia con la motivazione:

 

al termine della missione, nelle delicate e rischiose fasi del ripiegamento del dispositivo militare italiano dalla provincia di Dhi QAR, evidenziava altissimi livelli di efficienza e prontezza operativa. Unità dell'Esercito che, operando nel solco della Tradizione e dei valori del corpo dei Bersaglieri ha elevato il prestigio e l'immagine delle Forze Armate Italiane nel contesto internazionale.

An Nassiryah IRAQ - 15 giugno 1 dicembre 2006. 

 In questo breve sunto sulla storia dei Bersaglieri, potremmo dire scritto con passo di corsa e in cui molto non si è scritto,  si è tentato di ricordare cosa sono stati e sono i nostri i fanti piumati: uomini addestrati a combattere in ogni circostanza, capaci con il loro animo saldo di portare avanti, sempre, in qualsiasi difficoltà e circostanza il loro dovere verso la propria Patria e i commilitoni.

Lo spirito bersaglieresco, che da sempre ha accomunato e accomuna coloro che, o per i casi della vita o volontariamente, hanno portato e portano le Fiamme Cremisi  tramanda con immutata allegria le tradizioni di quel Corpo voluto da Alessandra La Marmora 182 anni fa.

 Allegri ma consapevoli e pronti che un giorno saranno chiamati ad anteporre la propria vita al dovere di soldati. Questi sono i nostri fanti piumati.

Allora semplicemente, auguri a tutti i Bersaglieri… Tremendi e Fier (Inno dei Bersaglieri Ciclisti).

                                                                                                                     Salvatore Scalise

 

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