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CALABRIAINARMI
"PER LA PATRIA!"
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22 APRILE 2017:TOUR CULTURALE LOCRI -
GERACE |
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Sabato 22 aprile
2017 l'Associazione Culturale "Calabria in Armi" ha
organizzato una visita guidata a Locri e Gerace, due tra
le località calabresi più ricche di storia, alla quale
hanno preso parte soci e familiari, amici e
simpatizzanti dell'associazione per un totale di 35
persone.
Durante il
trasferimento a Locri, dopo il saluto ai partecipanti da
parte del Presidente dell'Associazione Gen. Pasquale
Martinello, l'espertissima ed eccellente guida
turistica, nonchè socia di "Calabria in Armi" prof.ssa
Rosalba Tedesco ha illustrato al gruppo il programma
dell'intera giornata anticipando notizie sulle località e i
monumenti. Inoltre i soci Teresita Rechichi ed Enzo
Santoro hanno intrattenuto i partecipanti con notizie di
interesse storico culturale su famosi personaggi locresi
quali la poetessa Nosside e il legislatore Zaleuco,
mentre Domenico Chianesi ha preparato e proiettato un
filmato sulla famosa battaglia del fiume Sagra tra
locresi e crotoniati.
A Locri è iniziato
il tour nel parco archeologico ricco di testimonianze
dell'antica città di Locri Epizephiri con le spiegazioni
effettuate dalla prof.ssa Tedesco. Sono stati visitati
il tempio ionico di Masarà, il Thesmoforion - santuario
dedicato a Demetra -, il Tempio di Marafioti, il Teatro
e il Santuario di Zeus, le rovine dell'abitato di
Centocamere, e infine il museo che contiene numerosi e
raffinati reperti, come le tavolette bronzee, le pinakes,
gli specchi e altri oggetti e i reperti rinvenuti nei
siti. Nel corso della visita il dott. Franco Santopolo è
intervenuto riferendo le sue conoscenze sulla storia locrese.
Al termine è stata
effettuata una breve sosta per il pranzo in un
ristorante tipico della zona.
Si è ripreso il
viaggio per Gerace, durante il quale il Gen. Martinello
ha parlato dei Martiri di Gerace, eroi del risorgimento
italiano.
Appena giunti, un trenino turistico ha portato i
visitatori direttamente nel centro storico, attraverso
le caratteristiche viuzze, mentre
un gelido "zeffiro"
rinfrescava le accaldate
membra dei
visitatori sia all'andata che al ritorno.
A Gerace,
bellissimo e suggestivo borgo medievale, sorto in
seguito all'abbandono di Locri Epizephiri, è stata
visitata la chiesa di San. Francesco, ammiratissima per
i mosaici che intarsiano il suo caratteristico altare
barocco. Successivamente, sempre sotto la guida sapiente
di Rosalba Tedesco, è stata visitata la monumentale
cattedrale che è la più ampia della Calabria, nonchè la
cripta che contiene i tesori della cattedrale stessa. La
visita è proseguita nel tardo pomeriggio con una
passeggiata nel borgo antico dove il gen. Pasquale
Martinello ha tenuto un escursus storico davanti al
palazzo, una volta sede di caserma, dove prestò servizio, in qualità di ufficiale,
Edmondo De Amicis autore del libro Cuore. Ha fatto
seguito la degustazione di dolci (cannoli) e gelati
(granita) artigianali e la passeggiata fino alla Porta
del Sole, da dove è stato possibile ammirare le
cristalline acque del mar Jonio e lo splendido
paesaggio locrese.
Si è fatto rientro
nelle rispettive sedi intorno alle 19.30-20.00 con
l'impegno di programmare ulteriori escursioni conviviali
alla scoperta degli altri magnifici luoghi, custodi
delle radici della nostra storia. |
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IL PARADISO DELLE DONNE
Si avvicinavano guardinghi spingendo le navi con lento
remeggio mentre il Navarca, da prua, scrutava
lentroterra boscoso che poteva celare qualunque
insidia. Gli uomini si preparavano a sbarcare,
lasciavano i remi per impugnare le lance e gli scudi e
scendevano a terra appena la nave toccava il fondo
con la chiglia. Era quasi sempre lora che precede
lalba, la più favorevole, la più silenziosa. Li guidava
un vaticinio delloracolo di Delfi, la promessa di una
nuova patria, più generosa di quella dorigine. Si
trinceravano sulla spiaggia, nel punto in cui speravano
di edificare la nuova città e ponevano su un rozzo
altare di pietre ammucchiate il fuoco sacro attinto
allacropoli della città natale. Così nacquero le
magnifiche città greche del sud Italia: Taranto, Napoli,
Metaponto, Sibari, Locri e tante altre, ancora oggi vive
e vitali. Ma, fra tante, Locri è forse la più
particolare. Unica, forse, a non essere stata fondata da
un gruppo di maschi scapoli, lunica a recare
uninconfondibile impronta matriarcale.
Locri Epizefiri fu lultima delle colonie greche
fondate, nel 679 a.C., sul territorio dellattuale
Calabria. Il primo insediamento venne fondato nel luogo
indicato dalloracolo di Delfi, presso Capo Zefirio
(lattuale capo Bruzzano), ma dopo alcuni anni i coloni,
- insoddisfatti della località occupata pur
corrispondente allindicazione delloracolo - si
spostarono verso nord di circa venti chilometri, dove
fondarono una nuova città alla quale diedero lo stesso
nome del primo insediamento conservando lappellativo di
Epizephyrioi, che significa appunto attorno a
Zephyrio probabilmente per sentirsi sempre sotto la
protezione del dio Apollo.
Oggi parlare di Locride evoca soprattutto tristi fatti
di sangue, ma in tempi lontani quella terra era una
meraviglia: monti coperti di pini loricati e di querce
facevano da cornice alle fertili pianure costiere,
affacciate sui monti incontaminati e pescosi.
Allinterno abitavano le bellicose tribù dei Bruzi, ma
la costa era da tempo costellata di approdi
frequentati, fin dalletà micenea, da un notevole
traffico commerciale.
I locresi vi giunsero, come tutti gli altri greci che in
quegli anni lasciavano la patria dorigine spinti dalla
fame di terra coltivabile, ma la leggenda connette la
fondazione della loro città ad una storia curiosa ed
affascinante. I coloni sarebbero stati i figli
nati dalle donne locresi che si sarebbero unite ai loro
schiavi mentre i mariti erano lontani a combattere una
guerra interminabile. Di fatto laristocrazia locrese
era fatta di cento famiglie tutte di linea femminile.
Appare strano che una comunità si vantasse di discendere
da una stirpe di illegittimi. Anche perchè
nellantichità lo schiavo era considerato poco più di un
animale domestico. Eppure i segni di una comunità
matriarcale , almeno nelle origini, sono numerose a
Locri, famosa nellantichità per la particolare usanza
che conferiva validità alla discendenza per linea
materna.
Come spiegare allora questa curiosa leggenda?
Ce chi ritiene che i costumi matriarcali esistessero
già nella madrepatria e fossero stati quindi trasmessi
con la fondazione della colonia. Altri pensano che i
coloni avessero assorbito queste tradizioni dai siculi,
che abitavano il territorio da lungo tempo. Ce forse
unaltra spiegazione che può conciliare la tradizione
mitica con una possibile verità. Le comunità della
Grecia arcaica avevano una vita molto precaria, sia per
la forte incidenza della mortalità infantile, sia per le
guerre endemiche che falcidiavano le popolazioni dei
maschi più adulti e vigorosi. E quindi possibile che le
vedove dei guerrieri caduti in battaglia si unissero ai
maschi di rango inferiore per perpetuare la loro stirpe,
trasmettendo ai figli il proprio nome, di gran lunga più
illustre di quello del nuovo consorte.
La vita della città era regolata da norme di leggi molto
rigide attribuite al legislatore Zaleuco, autore del più
antico codice di leggi dEuropa. Queste norme facevano
sì che i patrimoni delle cento famiglie matriarcali
rimanessero intatti, proibivano il commercio consentendo
solo transizioni dirette da produttore a consumatore,
impedivano lestendersi dei patrimoni degli uni a
discapito degli altri. Una simile impostazione
egualitaria sembra confermata dalla grandissima
omogeneità dei corredi funebri. Anche la politica della
città fu controcorrente: quando Crotone guidò una
coalizione di tutte le città achee della costa ionica
contro Siri, Locri si schierò al fianco della città
aggredita senza peraltro riuscire ad impedirne la
distruzione ed esponendosi, anzi, ad una durissima
punizione. I crotoniati erano potentissimi ed assai
temibili. La loro società era organizzata in circoli
semisegreti di ispirazione pitagorica, che
condizionavano la vita pubblica in tutti i suoi aspetti
e forse, in virtù delle loro conoscenze mediche e
scientifiche, avevano dato vita a generazioni di atleti
invincibili e di guerrieri formidabili. Spaventati
dallimminenza dello scontro, i locresi chiesero aiuto
agli spartani che però non osarono deliberare un
intervento diretto e si trassero dallimbarazzo con
lofferta di un aiuto del tutto simbolico: avrebbero
combattuto a fianco dei locresi gli eroi protettori di
Sparta, i Dioscuri Castore e Polluce e le loro immagini
furono imbarcate sulla nave locrese che ritornava in
patria. Fu probabilmente la forza della disperazione
quella che animò la città delle donne contro la
possente Crotone che allineava in battaglia
centotrentamila guerrieri. La superiorità era
praticamente di uno a dieci. Eppure i locresi, un giorno
destate del 540 a.C., si schierarono coraggiosamente
lungo il fiume Sagra per sbarrare il passo al nemico
sperando nellaiuto degli Dei e lasciando un posto vuoto
in prima linea perchè vi combattesse il loro eroe
nazionale, Aiace Oileo.
Contro ogni previsione, riuscirono a sbaragliare i
nemici e la cosa apparve talmente incredibile che fu
subito attribuito ad eventi soprannaturali. Vi fu chi
disse di aver visto due giovani con mantelli scarlatti
correre al galoppo mietendo con spade folgoranti i
guerrieri di Crotone per poi svanire nel nulla. Qualcuno
giurò di aver visto, dietro uno scudo insanguinato,
balenare nellombra gli occhi rapaci di Aiace Oileo. Il
duce Crotoniate, colpito dalla lancia invisibile
delleroe, aveva riportato una ferita inguaribile che
solo con la ruggine della lancia di Achille , custodita
in una remota isola del mar Nero, avrebbe potuto
rimarginare. Locri innalzò un tempio meraviglioso ai
Dioscuri a perenne memoria della vittoria della Sagra e
si confermò come una nuova potenza della Magna Grecia.
Fu in un contesto sociale di questo genere, nella
locride remota ma già civilissima nel tempo in cui Roma
era poco più di un villaggio di pastori, e la pianura
padana era un acquitrino con palafitte, che fiorì la
poetessa Nosside, laltra grande gloria locrese, la cui
fama non fu inferiore, nellantichità, a quella di
Saffo, la più celebre poetessa greca, vissuta fra il VII
e il VI secolo a.C.. Come nel caso di Zaleuco, anche di
Nosside purtroppo sappiamo ben poco. Discendeva
sicuramente da una famiglia nobile. Le poche note
biografiche sono contenute nellultimo dei dodici
epigrammi di questa autrice, unici frammenti di una
produzione poetica presumibilmente assai vasta, se la
stessa autrice si vanta di essere lunica poetessa
dOccidente come Saffo lo era stata dOriente. Nella sua
poesia sono riscontrabili affinità con lopera di Saffo
che la poetessa cita in uno dei suoi epigrammi:
O
straniero, se tu navighi verso Mitilene lieta di canti
per cogliere il fiore delle grazie di Saffo, dì che io
fui amica delle Muse, che nacqui a Locri e sai che il
mio nome è Nosside. Và.
Ciò, unito al fatto che a Locri il culto di Afrodite era
molto diffuso, ha fatto ipotizzare lesistenza di un tiaso
(circolo femminile) simile a quello saffico, guidato
appunto dalla poetessa Nosside. Lelemento predominante
nei versi è la donna che appare sempre al centro della
vita quotidiana. La poesia di Nosside è, come quella
saffica, un inno alla vita e allamore, al quale è
dedicato uno dei più conosciuti epigrammi da
lei composti che così principia:
Nulla è più dolce dellamore, e ogni altra gioia
viene dopo di lui.. .
a cura di Teresita Rechichi |
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ZALEUCO
Zaleuco può considerarsi uno dei più
grandi legislatori dellantichità. Nacque a Locri
probabilmente intorno al 660 a.c. e secondo Strabone è
stato lautore della più antica legislazione greca
scritta, probabilmente antecedente a quella dei più noti
Dracone e Licurgo.
Lo stesso Cicerone nel suo De Legibus
cita esplicitamente Zaleuco come padre del primo codice
occidentale di leggi scritte, codice appunto in vigore
nella città di Locri
Epizefiri
e lo stesso
Voltaire, secoli dopo, nel Saggio sui costumi,
alludendo al preambolo delle norme zaleuchiane, scrisse
di non esservi nulla che potesse eguagliarle.
Limportanza di questo codice è davvero notevole in
quanto, per la prima volta, le leggi venivano scritte e
quindi venivano sottratte allarbitrario uso che ne
facevano i magistrati nei tempi antichi.
La vita di
Zaleuco è avvolta nel mistero, probabilmente fu un
pastore di condizione servile prima di diventare un
legislatore. Pare che
Atena gli
avesse suggerito in sogno alcune ottime leggi e sarebbe
quindi stato affrancato e nominato legislatore per
volontà di un oracolo di Apollo.
Di lui sono rimasti solo due aneddoti: il
primo, essendo stato il figlio colto in adulterio, in
ossequio alla sua legge che condannava l'adultero
all'accecamento, per salvargli uno degli occhi se ne
fece togliere uno dei suoi: l'altro che, vietando il suo
codice, sotto pena di morte, d'intervenire armati
all'assemblea, essendo Zaleuco inavvedutamente
intervenuto senza deporre le armi, si trafisse con la
spada in ossequio alla sua stessa legge. Quanto alle
leggi stesse attribuite a Zaleuco, se ne conosce poco.
Quello che si conosce è stato tramandato da storici.
Sappiamo che esse precisavano le pene per i vari reati;
che erano in generale assai severe, onde la severità di
Zaleuco divenne proverbiale come quella di Dracone,
visto che si sanciva il taglione, precisando che si
doveva pagare occhio per occhio. Il codice di Zaleuco
si occupava anche delle controversie sorte dai
contratti ed altre controversie di carattere civile.
Probabilmente le sue regole tendevano anche a frenare il
lusso ed a tutelare la morigeratezza dei costumi. Una
norma singolare era quella, testimoniata da Demostene,
secondo cui non si poteva proporre l'abrogazione o la
modificazione di una legge, se non presentandosi
all'assemblea con un laccio al collo, col quale il
proponente doveva venire messo a morte se la proposta
veniva respinta dallassemblea dei mille. Tale norma si
risolveva di fatto nel divieto di modificare o
stravolgere le leggi o anche solo la loro
interpretazione ufficiale. Le poche notizie autentiche
non ci permettono un giudizio complessivo sul codice
attribuito a Zaleuco e sulle condizioni sociali e
politiche che lo fecero promulgare. Tuttavia la sua
vitalità, testimoniata da Demostene e da Polibio, mostra
che il codice dovette adattarsi alle nuove esigenze
morali, giuridiche ed economiche, di una colonia
progredita quale fu Locri.
Di sicuro introdusse un'importante
novità: la definizione di pene ben precise per
l'infrazione delle varie leggi, pene che prima erano a
discrezione dei tribunali chiamati in causa. La
legislazione si occupava di differenti tematiche,
riportate poi nelle opere di altri autori, visto che si
fissavano doveri morali, religiosi, civili e politici
dei cittadini. La prima parte del codice era dedicata
al concetto del diritto di proprietà, interdicendo le
cambiali di debito. La terra non poteva essere alienata
dai proprietari se non in caso di estrema necessità. Per
chi avesse commesso adulterio era prevista
l'asportazione degli occhi. Potrebbe sembrare strano il
divieto di soggiornare in terre straniere, ma venne
ripreso anche nella legislazione spartana. Il codice si
occupava pure di controversie contrattuali e civili e di
questioni etiche, come molte antiche legislazioni. Così
come erano presenti norme singolari come l estrema
punizione per aver consumato vino
puro contro il divieto del
medico.Purtroppo il corpus delle leggi di Zaleuco non si
è conservato sino ai nostri giorni, ed oggi ne
conosciamo solo alcune grazie al fatto che ci sono state
tramandate, attraverso la loro citazione, in opere di
autori e storici antichi quali Cicerone e Polibio.
Ecco i quattordici frammenti delle Leggi
di Zaleuco giunti fino ai nostri giorni:
1.
A NESSUNO E' PERMESSO ALIENARE IL PROPRIO
PATRIMONIO, A MENO CHE NON GLI SIA ACCADUTA QUALCHE
SVENTURA, PUBBLICAMENTE RICONOSCIUTA.
2. AI LOCRESI NON E' DATO
POSSEDERE NE' SCHIAVI NE' SCHIAVE.
3.
GLI ADULTERI DEVONO ESSERE PRIVATI DI
ENTRAMBI GLI OCCHI.
4.
E' VIETATO ALLE DONNE INDOSSARE VESTI
DORATE E DI SETA E ABBELLIRSI CON RICERCATEZZA SE NON
PER PRENDERE MARITO.
5.
LE DONNE SPOSATE DEVONO INDOSSARE BIANCHE
VESTI MENTRE CAMMINANO PER IL FORO CON I DOMESTICI, ED
ESSERE SEGUITE DA UN'ANCELLA.
6.
LE ALTRE NUBILI POSSONO INDOSSARE VESTI
DI VARI COLORI.
7.
NON CI SI DEVE PRESENTARE ARMATI
ALL'ADUNANZA DEL SENATO.
8.
SI
DEVE CONDANNARE AD UN'AMMENDA CHI, RITORNANDO DA LONTANE
REGIONI, CHIEDESSE NOVITA'.
9.
SI DEVE CONDANNARE A MORTE L'INFERMO CHE
HA BEVUTO DEL VINO CONTRO IL DIVIETO DEL MEDICO.
10. E' VIETATO PIANGERE I MORTI, ANZI SI DEVE
BANCHETTARE DOPO AVER DATO LORO SEPOLTURA.
11. E' VIETATO INTRAPRENDERE UNA CAUSA TRA
DUE PERSONE SE PRIMA NON SI E' TENTATA UNA
CONCILIAZIONE.
12. SI DEVE IMPEDIRE LA VENDITA DI CIBO, SE
NON OPERATA DAGLI STESSI PRODUTTORI.
13. SI
DEVE CONDANNARE A MORTE IL LADRO.
14. DEV'ESSERE CAVATO UN OCCHIO A CHI NE
CAVO' UNO AD UN ALTRO.
15. COLUI CHE PROPONGA AL SENATO LA RIFORMA O
LA SOSTITUZIONE DI UNA LEGGE VIGENTE, DEVE TENERE UN
LACCIO AL COLLO, PRONTO A STROZZARLO SE LA PROPOSTA NON
VENISSE APPROVATA.
Quelle locresi venivano considerate leggi
moderne e democratiche che in alcuni casi precorrevano i
tempi di molti secoli, come nel divieto espresso di
possedere schiavi, vigente nella città di Locri
Epizefiri.
Altre invece
erano espressione della civiltà locrese, come la
regolamentazione della prostituzione sacra, o luso
della matrilinearità nella discendenza nobiliare; il
fatto, poi, che fossero scritte era una garanzia in più
per il popolo, in un periodo nel quale la legge era più
uno strumento a favore delle classi benestanti piuttosto
che una delle basi fondamentali ed indispensabili di una
società che oggi definiremmo civile. Ad ogni modo la
natura democratica delle leggi di Zaleuco, consentì
alla città Locri
Epizefiri di prosperare
a lungo e diventare una delle colonie più evolute della
Magna Grecia ed allo stesso Zaleuco di essere
annoverato come uno tra i più grandi legislatori
dellantichità visto che alle sue leggi attinsero tutti
i popoli italioti ed anche i decemviri quando Roma
decise di darsi leggi scritte.
a cura di
Enzo Santoro |
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LA BATTAGLIA DEL FIUME SAGRA
Nei primi anni del VI secolo a.C. le città di Reggio,
Locri, Crotone, Sibari, Siris, Metaponto e Taranto erano
ormai diventate economicamente forti e al culmine del
loro sviluppo, con interessi che si estendevano, per
alcune di esse, fino al Tirreno. Queste grandi città
avevano occupato e si erano distribuite su tutto il
territorio della Calabria, fondando a loro volta delle
sub-colonie.
Sono proprio gli interessi economici
e la sete di predominio a determinare le rivalità fra
queste poleis che culminarono nei 3 principali
avvenimenti politico-militari del VI secolo:
- la caduta di Siris, la battaglia
del fiume Sagra e la distruzione di Sibari.
La città di Siris, fu la prima a
subirne le conseguenze. Tra il 580 e il 575 a.C. venne
attaccata e distrutta dalla coalizione di Sibari,
Metaponto e Crotone. Seguì l'evento più famoso e
leggendario della storia politica della Magna Grecia: lo
scontro fra Crotoniati e Locresi che ebbe luogo, subito
dopo, tra il 560 e il 535 a. C. nei pressi del fiume
Sagra.
La causa dell'attacco di Crotone nei
riguardi di Locri venne attribuita all'aiuto militare
concesso da Locri a Siris nella guerra contro Sibari,
Metaponto e Crotone; sicuramente, invece sarebbe da
imputare nella volontà di Crotone di espandere il
proprio dominio. E' probabile che una parte degli
interessi dei crotonesi fosse rivolto al controllo della
parte tirrenica del lametino e del vibonese.
Lo scontro che si preannunciava
sembrava essere a senso unico visto che dal punto di
vista demografico Crotone, rispetto a Locri, era una
metropoli. Basti pensare che la popolazione di Locri,
anche nel suo momento di massima espansione, non superò
mai le 40.000 unità, mentre Crotone poteva attingere ad
un bacino di risorse umane molto superiore. Locri chiese
de ottenne l'aiuto della vicina Reggio e l'appoggio
delle sub colonie Hipponion e Medma. Sparta invece non
inviò nessun tipo di sostegno ma consigliò ai locresi,
di mettersi sotto la protezione dei Dioscuri "Càstore e
Pollùce", i gemelli figli di Zeus. Le fonti antiche
parlano di un esercito locrese di circa 10.000 - 15.000
uomini contro quello crotonese che raggiungeva i 120.000
- 130.000 armati, (forse numero volutamente esagerato
per ingigantire la vittoria di Locri).
I soldati che allora formavano gli
eserciti erano chiamati OPLITI; non erano dei veri e
propri soldati professionisti, ma erano dei comuni
cittadini che giornalmente si occupavano delle proprie
mansioni. All'occorrenza erano chiamati a difendere la
città o attaccare il nemico, rimediando alla loro
inesperienza coprendosi con una pesante corazza ed
armandosi di una lunga lancia. Erano per questo definiti
la fanteria pesante.
La formazione di combattimento che
usavano era La Falange. Una tattica militare che alcuni
dicono sorta intorno al VII secolo a.C. anche se è stata
adottata, in maniera differente, già molto tempo
addietro.
Il popolo locrese sapeva fin troppo
bene che uneventuale sconfitta avrebbe messo la parola
fine ad ogni loro sogno di gloria e quindi si approntò
per respingere il nemico.
I comandanti perciò pianificarono al
meglio la difesa, scelsero di combattere in campo aperto
e individuarono come luogo dello scontro un punto, nei
pressi del fiume Sagra, stretto fra il mare da una parte
e le ultime pendici delle montagne dallaltra, un punto
dove era impossibile far dispiegare il numeroso esercito
crotonese.
Il luogo e anche il fiume Sagra dove
si svolse la battaglia e che costituiva allepoca il
confine tra il territorio di Locri e quello di Kaulon,
non è stato identificato con certezza.
Kaulon che per moltissimo tempo è
stata indicata come l'attuale Caulonia, in realtà è
stata in tempi recenti identificata con Monasterace.
Il primo a parlare di questo fiume fu Strabone (uno
geografo e storico greco ) che così scriveva:
"Dopo Locri si trova un fiume chiamato,
col nome femminile, Sagra; su di esso ci sono gli altari
deiDioscuri, presso i quali 10.000 locresi con alcuni di
Rhegion, combattendo con 130.000 Crotoniati, riportarono
la vittoria....
Dopo la
Sagra c'e' Caulonia, fondata dagli Achei e chiamata
dapprima Aulonia, per la valle che si trova ad essa di
fronte..".
I fiumi che si trovano tra Locri e Monasterace sono il
Torbido, lAmusa, lAllaro e il Favaco. Il Torbido
sfocia tra Marina di Gioiosa Jonica e Siderno; secondo
alcuni non sarebbe il Sagra in quanto scorre ad appena
tredici kilometri da Locri e quindi, per la sua
vicinanza, restringerebbe troppo il territorio dominato
dai Locresi; secondo altri invece potrebbe essere
proprio il Sagra. LAmusa sfocia a Sud dell'attuale
Caulonia mentre lAllaro, che si origina dalle sorgenti
nel comune di Fabrizia, scende a valle nel territorio di
Caulonia e sfocia a Nord del paese, ultimo fiume di una
certa portata prima di arrivare al territorio di Kaulon
(Monasterace); Anche l'allaro secondo alcuni storici
sarebbe il fiume Sagra. Poi c'è il favaco, fiume di
minore importanza, che sfocia tra Caulonia e Riace
Marina. Considerando che in quel periodo (2500 anni fa),
come riferiscono le fonti, i predetti fiumi erano
navigabili si può ipotizzare che i locresi si siano
valsi di questa difesa naturale per respingere e poi
sconfiggere i crotonesi. Altri ritengono che il luogo
della battaglia possa essere nei pressi di Roccella
Jonica, in quanto tra il promontorio dove sorge il
castello ed il mare c'è solo una piccola striscia di
terreno, uno stretto passaggio, che non permetteva il
dispiegamento di una moltitudine di uomini. Comunque il
mare, il fiume e i monti furono sicuramente gli alleati
naturali che i comandanti locresi seppero sfuttare
strategicamente a loro favore per vincere la battaglia.
Come detto prima anche la data non è certa e non si ha
nessuna notizia, tanto che si fa risalire tra il 560 e
il 535 a.C. Un margine di tempo molto ampio di circa 25
anni.
Era lanno 560 e furono vinti Crotoniati e Cauloniati
ed Enotri e Choni e gli armati delle città di Filottete
e i troiani di Setaio e di Trischene, e gli scilletini
eredi di Ulisse, vinti dallordinato valore dei Locresi,
Reggini, Hipponiati, Medmei e Matauresi, nonostante che
solo 15000 opliti si dice si opponessero alla gran massa
di invasori.
Giovanni Fiore da Cropani in: Della
Calabria Illustrata Tomo III (pag. 506)
Così Giovanni da Fiore ci racconta della battaglia,
elencando secondo lui quanti vi parteciparono.
Ancora oggi, questa battaglia rimane
velata da un alone di mistero che affascina sia gli
storici che gli amanti della storia. Si racconta che i
locresi si batterono tenacemente, riuscendo a penetrare
nello schieramento nemico, ferendo il comandante e
determinandone così lo sbandamento e la vittoria.
L'unico dato certo arrivato fino ai nostri giorni è
un'iscrizione votiva che si trova su uno scudo
rinvenuto a
Delfi, e che reca
scritto fra l'altro "I cittadini di Hipponion e Medma
e Locri dedicarono dal bottino dei Crotonesi".
Al contrario la stupefacente ed
inaspettata vittoria dei locresi fu ammantata da diverse
leggende.
Tra queste va citata la leggenda dei
Dioscuri. Vuole, infatti, la tradizione che, durante la
battaglia, tra i combattenti, furono visti due giovani,
armati diversamente dagli altri, che non davano tregua
ai soldati crotonesi e che, una volta conclusasi la
battaglia, sparirono nel nulla. Questi giovani vennero
subito identificati con i
Dioscuri, Càstore e Pollùce, gemelli figli di Zeus e di
Leda, moglie di Tindaro, re di Sparta e fratelli di
Elena e Clitennestra.
Un'altra leggenda parla della
presenza nella falange di Aiace Oileo, il quale ferì il
comandante crotonese Leonimo determinando lo sbandamento
dei crotonesi; per citarne ancora, una riferisce che le
acque del fiume Sagra diventate rosse dal sangue dei
nemici uccisi e altra leggenda riferisce che durante la
battaglia Zeus, con le sembianze di aquila, volteggiasse
sul campo di combattimento predisponendo la vittoria
locrese, mentre un'ennesima riporta che la notizia della
strepitosa vittoria giunse a Corinto, ad Atene, A Sparta
e ad Olimpia lo stesso giorno dell'avvenimento.
Numerosi
furono i riscontri significativi che i locresi
lasciarono sul territorio, alcuni dei quali giunti fino
ai nostri giorni.
Dopo la battaglia del fiume Sagra,
a Locri si sviluppò il culto dei Dioscuri, come
ringraziamento per la schiacciante ed inaspettata
vittoria sul nemico. In loro onore furono eretti altari
e un templi. Le loro statue oggi sono esposte nel Museo
Nazionale di Reggio Calabria.
Nel territorio di Placanica, in
un'area posta a Nord del torrente Precariti, la cui foce
paludosa un tempo si univa con l'allaro, esiste ancora
il toponimo Casturi. Non sarebbe da escludere che
in questo posto un tempo sorgesse l'anzidetto altare dei
Dioscuri.
Per quanto riguarda Aiace, nella falange locrese si
usava lasciare un posto vuoto nella prima fila; posto
riservato al fantasma di Aiace Oileo, l'eroe omerico
originario della Locride di Grecia da cui discendevano
gli stessi coloni italioti.
Da Aiace potrebbe trarre origine la
cittadina di Riace che ricorda molto strettamente Aiace;
inoltre nei pressi di Riace Superiore vi è un sito
chiamato Leo, quindi Riace-Leo potrebbe ricordare Aiace
Oileo).
a cura di Domenico
Chianesi |
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MARTIRI DI GERACE
Per meglio comprendere il sacrificio dei Martiri di
Gerace è necessario fissare alcune date significative
dei primi anni dell800.
1815, 9 giugno congresso di Vienna. LItalia è divisa in
9 stati.
1816, 8 dicembre - FERDINANDO I (1751-1825) (già
FERDINANDO IV come Re di Napoli e FERDINANDO III come Re
di Sicilia) riunisce in ununica Nazione i regni di
Napoli e di Sicilia e lo chiama regno delle due Sicilie.
Lui assume il nome di Ferdinando I.
Lideale di libertà si era fatto ormai strada nelle
menti e i patrioti al fine di sottrarsi al controllo
poliziesco si raccoglievano in segrete adunanze.
Reclamavano soprattutto : La Costituzione; la libertà di
stampa, di manifestazione del pensiero, di associazione
politica; la sovranità nazionale.
Ancora alcune date molto importanti:
1820, 2 luglio rivolta a Nola di Morelli e Silvati
per ottenere dal Re una Costituzione. Muovono alla volta
di Napoli, passando per Avellino. Ad essi si uniscono
gruppi di milizie civili, che giungono da Salerno. Il 5
luglio due reggimenti di cavalleria e una compagnia di
fanteria agli ordini del Generale Guglielmo Pepe partono
dalla capitale verso Avellino. Invece di combattere gli
insorti Pepe si unì a loro. Il Re e il suo Governo sono
colti di sorpresa e sono costretti ad assecondare le
richieste. Così viene adottata la Costituzione spagnola
del 1812.
1820, 16 luglio insurrezione popolare a Palermo. I
siciliani però non si unirono ai patrioti di Napoli
perché parteggiavano per lautonomia dellisola. Il 5 e
6 ottobre le truppe regie riprendono Palermo guidate dal
Generale Florestano Pepe. Laccordo è firmato col
principe di Paternò Giavan Luigi Moncada a bordo della
nave inglese Racer ormeggiata davanti Palermo. Anche in
Sicilia è introdotta la costituzione di Spagna del
1812.
1820, ottobre dura repressione austriaca contro i
carbonari lombardi. Arresto di Pietro Maroncelli e di
Silvio Pellico. La loro condanna a morte è commutata in
carcere duro nella prigione dello Spilberg, in Moravia.
Nel 1921 venivano raggiunti da Federico Confalonieri.
I moti non lasciavano tranquilla la Santa Alleanza, che
intendeva mantenere il controllo anche delle aree di
influenza. Il Congresso di Vienna aveva assegnato
allAustria:
·
il Lombardo-Veneto,
·
il Ducato di Modena e Reggio, sotto Francesco IV,
principe per metà Estense cioè italiano e per metà
Lorena, cioè austriaco,
·
il Ducato di Parma e Piacenza attribuito a titolo
vitalizio a Maria Luigia, figlia dellImperatore
dAustria e vedova di Napoleone,
·
il Granducato di Toscana sotto Leopoldo II di Lorena,
nipote dellImperatore dAustria;
·
il Principato di Lucca amministrato momentaneamente dai
Borbone, in attesa che la morte di Maria Luigia
consentisse loro di trasferirsi a Parma lasciando Lucca
al Granduca;
·
il Ducato di Massa e Carrara sotto Maria Beatrice
dEste, madre di Francesco IV (alla sua morte il Ducato
sarà annesso a quello di Modena).
Fu ribadito il principio dellintervento a si ordinò a
Ferdinando di Napoli di presentarsi allimminente
congresso di Lubiana. Al simposio Ferdinando chiese
lintervento dellAustria per ristabilire lassolutismo
nel suo regno.
1821 marzo le truppe di Guglielmo Pepe furono sconfitte
e gli austriaci rovesciarono il governo costituzionale e
cominciò la reazione. Guglielmo e Florestano Pepe
presero la via dellesilio, mentre Morelli e Silvati
furono impiccati il 10 settembre 1822.
1821 marzo moti liberali a Torino (il 10). Ne è lanima
il patriota Santorre di Santarosa. Il moto fallisce, ma
Vittorio Emanuele I abdica in favore del fratello Carlo
Felice.
1823 24 marzo a Catanzaro furono impiccati Francesco
Monaco, Luigi De Pascale, Giacinto De Jesse e condannato
ai ferri il prete Giuseppe Antonio Ferrara.
1831 Ciro Menotti organizza a Modena uninsurrezione che
si propaga allEmilia, la Romagna, le Marche, Umbria e
Lazio. Lintervento dellAustria soffoca ogni
insurrezione, durissima reazione contro i patrioti. Ciro
Menotti è condannato a morte
1832 A Cesena e Forlì scoppiano sollevazioni contro il
governo pontificio.
1837 a Cosenza furono fucilati il sacerdote Luigi Del
Monte, il tenente Luigi Stampa, Carmine Scarpelli Luigi
Clausi e Pasquale Abati.
1844 15 marzo a Cosenza furono fucilati Pietro Villani,
Giuseppe Franzese, Santo Cesareo, Nicola Corigliano e lo
studente Raffaele Camodeca. Lavvocato Antonio Raho si
avvelenò in carcere. Morirono anche i Fratelli Bandiera.
1845 Moti insurrezionali a Rimini.
1847 Luigi Settembrini che aveva la cattedra di
eloquenza a Catanzaro scrisse la protesta del popolo
delle Due Sicilie, che era una requisitoria contro
Ferdinando II e rivelava quanto, a suo modo di vedere,
vi era di iniquo, di ingiusto di tirannico
nellordinamento del Regno.
Seguendo le indicazioni del Settembrini i radicali
insoddisfatti organizzavano a Napoli le loro forze sotto
la direzione di un comitato segreto di cui faceva parte
anche Carlo Poerio. Si concertava una generale
insurrezione, ma questa si ebbe solo a Reggio e a
Messina poiché Palermo, Cosenza e Catanzaro la
ritenevano prematura. Il 29 agosto 1847 Giandomenico
Romeo con il fratello Andrea e ad altri uomini di Santo
Stefano, e con essi i fratelli Plutino, Casimiro De
lieto, Federico Genovesi, Domenico Muratori e Pietro
Mileti, radunati tra Santo Stefano e Colonna, con un
migliaio di uomini si avviarono alla volta di Reggio,
dove entrarono il 2 settembre costituendovi un governo
provvisorio. Tremila soldati al comando del Generale
Nunziante, il 4 presero terra a Pizzo e marciarono su
Reggio, dove alcuni degli insorti intendevano resistere
mentre altri, assieme alle bande di Palmi e Gerace,
intendevano marciare verso lAspromonte per poi
raggiungere Cosenza. Prevalse il parere di questi ultimi
e così venne evacuata Reggio. Nunziante intanto marciava
contro gli insorti di Gerace e Palmi, i quali,
capitanati da Gaetano Ruffo, da Domenico Salvatori, da
Rocco Verducci e da Michele Bello il 4 settembre si
erano impadroniti di Bovalino e Gioiosa, avevano
catturato il cav. Buonafede distintosi nella cattura dei
Fratelli Bandiera e, ingrossati della Banda di Pietro
Mazzoni avevano occupato Roccella, e tentato di fare
insorgere i paesi vicini. Allavvicinarsi del Nunziante
le bande del geracese si dispersero mentre gli insorti
usciti da Reggio lottarono fino a metà settembre nelle
montagne di Staiti. Giandomenico Romeo, tradito da chi
lospitava, dopo strenua difesa cadde ucciso e la sua
testa recisa fu data in mano a un nipote perché la
mostrasse agli abitanti di Seminara; altri attaccati
dagli urbani e dai contadini di Pedavoli furono
dispersi: altri tra cui il Genovesi, consegnati ai
soldati. Alcuni tra cui i fratelli Plutino si
rifugiarono a Malta mentre altri ancora trovarono
rifugio nei boschi fino al giorno dellamnistia. I
catturati furono portati davanti alle corti marziali che
pronunciarono le condanne alla pena capitale. A Gerace
il 2 ottobre vennero fucilati Gaetano Ruffo, Rocco
Verducci, Domenico Salvatori, Michele Bello e Pietro
Mazzoni. Gli ultimi due erano molto amici e il Mazzoni
prima di morire chiese scusa allaltro per averlo
indotto a seguirlo mentre invece il Bello lo ringraziava
per avergli cagionato quella gloriosa fine.
Lesecuzione dei Cinque Martiri di Gerace riempì di
sdegno e di orrore lItalia e il mondo intero. In molte
città italiane si protestò e si celebrarono solenni
esequie. Numerose furono le persone che, nelle varie
regioni italiane, in onore della loro memoria, portarono
il cappello alla calabrese.
a cura del
Gen. Pasquale Martinello |
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EDMONDO DE AMICIS
Nato ad Oneglia, Imperia, nel 1846, dopo aver studiato a
Cuneo e a Torino entrò a 16 anni nellAccademia Militare
di Modena nella quale divenne Ufficiale.
Nel 1866 prese parte alla Battaglia di Custozza (terza
guerra di Indipendenza), nel 1867 fu in Sicilia dove era
scoppiata una tremenda epidemia di colera e scrisse "lEsercito
Italiano durante il colera del 1867", nel 1970 fu
tra gli autori della Breccia di Porta Pia.
Intanto iniziava lattività di scrittore pubblicando
(sullItalia Militare di cui era Direttore) "i
bozzetti della vita militare" (1867), scritti con lo
scopo di provare che la Caserma è una vera scuola di
educazione nazionale.
Dimessosi dallesercito nel 1871, divenne giornalista di
La Nazione; viaggiò molto e scrisse una serie
di volumi reportage sui vari paesi visitati: Spagna,
Olanda, ricordi di Londra, Marocco Costantinopoli.
Nel 1886 scrisse il libro Cuore.
Questa è
la casa dove visse lo scrittore Edmondo De Amicis, che
aiutò la popolazione durante il colera del 1867.
a cura del
Gen. Pasquale Martinello |
FOTO DI NICOLA
COPPOLETTA E ENZO SANTORO |
LOCRI |
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