CALABRIAINARMI
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PER LA PATRIA!
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152°
ANNIVERSARIO COSTITUZIONE DELL'ESERCITO |
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Gabriele D'ANNUNZIO: |
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Uomo, Poeta e Ufficiale
dell'Esercito Italiano |
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In
occasione della ricorrenza del 152° anniversario della
costituzione dell’Esercito Italiano, si è svolta nel
Piazzale “El-Alamein” della Caserma “Pepe-Bettoia” di
Catanzaro, sede del Comando Militare Esercito
“Calabria”, una breve cerimonia conclusasi con la
deposizione di una corona di alloro al monumento dei
Caduti.
La celebrazione è proseguita con una conferenza
culturale sul tema “Gabriele D’annunzio: Uomo, Poeta, e
Ufficiale dell’Esercito Italiano”.
L’evento, presieduto dal Comandante del CME “Calabria”,
Colonnello Liborio Volpe, è avvenuto alla presenza del
personale del Comando, delle Associazioni
Combattentistiche e d’Arma e di una nutrita
rappresentanza di studenti della Provincia catanzarese.
Il programma ha compreso:
-
Saluto da parte del Comandante del Comando Militare
Esercito Calabria, Colonnello Liborio Volpe
-
D'Annunzio uomo e poeta, Relatore Professoressa
Eugenia Cavarretta
-
I calabresi nella storia di D’ Annunzio,
comunicazione di Mario Saccà presidente Associazione
"Calabria in Armi"
-
D'Annunzio militare, Relatore Gen. D. (aus) Pasquale
Martinello
-
D'Annunzio nei francobolli, Relatore Professore
Pietro Chiaravalloti
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Filmato documentario "L'Impresa di Fiume"
dell'Istituto Luce
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Conclusioni, Relatore Dottoressa Donatella
Napolitano
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SALUTO DEL COMANDANTE DEL COMANDO
MILITARE ESERCITO "CALABRIA" |
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RELAZIONE
CURATA DALLA PROF.SSA EUGENIA CAVARRETTA |
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D'ANNUNZIO UOMO E POETA |
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Amato e odiato, osannato e criticato
G. D’Annunzio lascia il suo segno, infatti ci troviamo
a ricordarlo a 150 anni dalla nascita.
Fin dall’adolescenza sente il bisogno
di essere fuori dal comune, di distinguersi, di
affermarsi “combattendo a furia di gomitate” e
facendosi “largo furiosamente“ come scriveva all’amico
Vittorio Pepe in una lettera del 1 febbraio 1884.
Mostra una precocità straordinaria ed
un impulso instancabile a scrivere, infatti a soli 16
anni compone la raccolta PRIMO VERE, pubblicata a spese
del padre.
Questa sua attitudine alla scrittura è
arricchita dalla capacità di assorbire tutti gli stimoli
che gli provengono dalle letture più svariate.
D’Annunzio è aperto e sensibile alle
mode culturali del suo tempo e, spinto dalla sua
inesauribile curiosità, si muove tra testi antichi e
moderni, da cui trae idee, immagini, forme.
D’A. capisce che nell’Italia
post-unitaria il pubblico borghese è curioso,
influenzabile, volubile, desideroso di sapere e di avere
informazioni attraverso giornali, riviste, libri e
attraverso spettacoli teatrali e film, quindi,
intuisce la possibilità di colpire l’uditorio e
guadagnarsi la notorietà. E così come succede nelle
società di consumo di oggi si fa “pubblicitario“ di se
stesso, curando la propria immagine, catturando
l’interesse dell’opinione pubblica (per esempio fa
pubblicare la notizia falsa della propria morte, seguita
dalla smentita dopo pochi giorni).
Non gli sfugge il potenziale della
“macchina“, simbolo della modernità e non solo la
esalta, ma ne fa uso (ancora oggi nella sua villa museo
di Gardone Riviera, donata allo Stato italiano, è
possibile ammirare le sue automobili, l’aereo del volo
su Vienna, la nave militare Puglia).
D’A. intuisce la potenzialità del
nuovo mezzo di comunicazione: il cinema e scrive la
sceneggiatura del film Cabiria nel 1914, d’altronde si
era già avvicinato al teatro grazie all’attrice
Eleonora Duse con un programma ben preciso: sostituire
al realismo banale del dramma borghese un teatro di
poesia, in cui musica, danza e canto lirico creassero
un’atmosfera ideale attorno alle figure degli eroi,
tutti esseri eccezionali, superuomini.
Per la figura del superuomo si ispira
alla teoria del filosofo tedesco Nietzsche, di cui
ignora o preferisce ignorare il significato profondo e
la adatta al suo temperamento.
Il suo superuomo è un essere
eccezionale, votato a distinguersi e a distanziarsi
dalle masse, a possedere il mondo con il vigore dei suoi
sensi e con la forza che viene esaltata fino alla
violenza più spietata, ma ciò va visto come il
tentativo (forse discutibile) di reagire
all’omologazione della moderna società capitalistica, al
prevalere degli interessi economici e all’avvento
delle macchine che sembrano voler soffocare
l’originalità dei singoli individui e relegare
l’intellettuale e la sua opera al ruolo di semplici
“merci“.
Pascoli fugge da questa spietatezza
rifugiandosi nella realtà autentica della campagna,
della famiglia, della poesia.
D’Annunzio non sceglie l’evasione, ma
la piena immersione in questo universo e cerca di
trarre vantaggio dalle nuove dinamiche ,anzi
trasferisce il mito del superuomo dalle opere al suo
stile di vita, da qui l’ossessione del suo “vivere
inimitabile“ “come un vero e proprio divo”. Egli
inaugura nuove mode e nuovi atteggiamenti che daranno
vita al termine dannunzianesimo, elabora il concetto
della vita “come un’opera d’arte“ come lui stesso
affermava e perciò si lascia travolgere dalla frenetica
vita mondana e salottiera di Roma da poco divenuta
capitale d’Italia.
D’Annunzio ha scritto di tutto:
poesie, romanzi, testi teatrali e cinematografici,
articoli per giornali e riviste letterarie.
Nella sua produzione è possibile
cogliere una fonte costante d’ispirazione, un “filo“ che
la percorre tutta dalle prime raccolte PRIMO VERE e
CANTO NOVO fino a NOTTURNO: il panismo, cioè una
particolare concezione della natura e del rapporto con
essa dell ’Io. La natura è un TUTTO
animato di vita in cui il poeta, abbandonandosi
alle pulsioni dei sensi e dell’istinto, si immerge
sospinto dalla volontà di partecipare alla vitalità
cosmica.
Il panismo subisce delle modifiche nel
passaggio dalle raccolte giovanili alle opere
successive; nelle prime si limita ad un abbandono
sensuale ed istintivo, ad un tuffarsi gioioso, vissuto
in un godimento fisico ed epidermico, in Alcyone,
invece, si carica di significati più profondi e
proprio in questo libro si ha l’espressione più alta
della poesia dannunziana .
Il poeta scopre nella realtà naturale
il DIVINO, che in effetti è la natura stessa, la
vita stessa.
L’abbandono ad una vegetazione
lussureggiante ed inebriante diventa ricerca di una vera
e propria identificazione con essa, di superamento dei
confini umani ed approdo ad una dimensione superiore; il
tono della poesia si fa sacrale ed il rapporto con la
natura si carica di religiosità, non in senso
cristiano, ma religiosità umana, laica, pagana.
Il panismo di Alcyone è intrecciato
con il superomismo perché solo un individuo
eccezionale può oltrepassare le soglie dell’umano,
immedesimarsi nel TUTTO, assurgere ad una
condizione divina.
Uomo e natura si mescolano,
s’identificano dando vita ad un continuo gioco di
metamorfosi e trasfigurazione, l’essere umano assume le
sembianze degli
elementi
naturali e viceversa . Ricordiamo i versi della poesia
“La pioggia nel pineto” al verso 52: “E immersi
/ noi siam nello spirto / silvestre,
/ d’arborea vita viventi; / e il tuo
volto ebro / è molle di pioggia / come una foglia, / e
le tue chiome / auliscono come / le chiare ginestre, /
o creatura terrestre / che hai nome / Ermione.
Si assiste al recupero della mitologia
classica ed i versi dannunziani si popolano di ninfe,
fauni , sirene e rivivono gli antichi miti.
Il panismo dannunziano è una delle
tante facce della crisi di fine ‘800 del Positivismo e
della fiducia nella possibilità di conoscere la realtà e
l’uomo attraverso la scienza e la ragione.
D’Annunzio ha esercitato una notevole
influenza sulla cultura italiana del suo tempo, sul
costume, sull’ideologia e sul linguaggio letterario.
Egli lascia un patrimonio
ricchissimo di soluzioni linguistiche, stilistiche e
metriche con cui si dovranno confrontare anche coloro
che prenderanno le distanze dal suo pensiero.
D’Annunzio ha il merito di aver portato un’innovazione
sul piano metrico, infatti rompe gli schemi strofici, il
verso può coincidere con la parola singola
dilatata nel suo potere evocativo.
Egli spezza i legami sintattici, usa in modo originale
la metafora, creando una sequenza di immagini che
scaturiscono liberamente una dall’altra, usa in modo
ricorrente le assonanze e le allitterazioni cioè la
ripetizione di una consonante come nei primi versi della
celebre poesia “PASTORI”:
Settembre, andiamo. E' tempo di
migrare/Ora
in terra d'Abruzzi i miei
pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare:/scendono
all'Adriatico
selvaggio/che
verde è come i pascoli dei monti.
Si può notare la ripetizione della “R“.
Usa onomatopee cioè parole che
evocano i suoni es. sempre nella stessa poesia “isciacquio”,
creando così effetti sonori come se le parole fossero
note musicali.
In
conclusione D’Annunzio appare come un anello di
congiunzione tra il vecchio e il nuovo, infatti molte
novità saranno riprese da Quasimodo e da Montale e le
pause e la frantumazione del verso influenzeranno tutta
la poesia moderna. |
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INTERVENTO DEL
PRESIDENTE DELL'ASSOCIAZIONE CULTURALE "CALABRIA IN
ARMI" Mario SACCA' |
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I CALABRESI
NELLA STORIA DI GABRIELE D’ANNUNZIO
Ringrazio il Comandante Volpe per
averci coinvolto nella celebrazione della Festa dell’
Esercito, al quale porgo gli auguri personali e quella
della nostra Associazione, offrendoci l’opportunità di
ricordare uno degli intellettuali italiani che più
incise nella storia del ‘900 con le sue opere
letterarie, poetiche, teatrali e cinematografiche e
negli anni della Grande Guerra con le attività a favore
dell’intervento Italiano a fianco dell’Intesa con le
potenze antagoniste di Austria-Ungheria e Germania.
Nella manifestazione del 5 Maggio 1915 a Quarto furono
presenti nostri corregionali, come era già accaduto con
Garibaldi nel momento in cui ebbe inizio l’impresa dei
1000. Quanto fece nel corso del conflitto è oggetto
della relazione del gen. Martinello. Da parte mia
intendo solo darvi alcune informazioni che servono a
ricordare come furono tanti i calabresi presenti nelle
attività del Vate: egli fu, infatti, testimone oculare
della decimazione subita dalla Brigata Catanzaro a Santa
Maria La Longa la mattina del 16 Luglio 1917 a seguito
della ribellione dei soldati (in particolare del 142°
Reggimento Fanteria, 6.a compagnia) che non volevano
tornare in prima linea, sulla Bainsizza, per combattere
l’11.a battaglia dell’Isonzo poiché, stremati dal 10°
scontro Isontino, avevano chiesto di essere trasferiti
sul fronte montano, di avere le licenze negate ai
siciliani (anche se l’informazione che aveva dato luogo
alla disposizione del gen. Cadorna si rivelò errata come
si può apprendere leggendo atti post bellici), di avere
un trattamento più umano. Una rivolta motivata non certo
da rivendicazioni politiche, come alcuni dissero e
scrissero all’epoca, ma da sfinimento e richieste alle
quali inizialmente sembrava esservi stato consenso da
parte dei comandi. Lo scontro avvenuto nella notte fra
il 15 e il 16 Luglio 1917 provocò morti fra le truppe
degli stessi reparti schierati su fronti opposti
(complessivamente 27 fra decimati e deceduti per ferite
più altri 4 fucilati a seguito della deliberazione del
Tribunale Militare dei primi di Agosto 1917). In quella
circostanza i fanti del 142° avevano sparato anche
contro le pareti della Villa dei conti Colloredo Mells
che ospitava Gabriele D’Annunzio, la cui squadriglia
aerea si trovava nel campo d’aviazione di S.M.L.L.,
simbolo dell'interventismo italiano e propagatore
principe della visione “eroica” della GG.
Il poeta annotò sul diario di
guerra gli appunti su quanto vide in quella tragica
mattinata e negli anni successivi li sviluppò ,
monumentalizzando la decimazione nel “Libro ascetico
della Giovine Italia” al capitolo “Cantano i morti con
la terra in bocca e le carene valicano i monti” . Non
c’è lo spazio per commentare l’ argomento e mi limito a
quanto ho detto fin qui.
Altri calabresi vissero alcune
delle grandi imprese D’Annunziane: nella beffa di
Buccari, anche se non in ruolo primario, fu presente un
capitano di Bagnara Calabra, nell’impresa fiumana sulla
quale è in corso la mia ricerca anche presso le
famiglie, ben 151 furono i legionari presenti dalla
marcia di Ronchi al Natale di Sangue. L’aspetto
straordinario che emerge dalle prime documentazioni che
ho potuto consultare è che alcuni di loro lasciarono le
famiglia a 15 o 16 anni per andare là dove si
combatteva, sollecitati dal clima patriottico del tempo
ma anche dalle tradizioni familiari e da docenti
particolarmente capaci di motivarli. So con certezza che
due furono allievi del nostra Istituto Tecnico
Industriale E. Scalfaro.
Dalla parte del Governo Italiano un
calabrese importante tenne i contatti con la Reggenza
del Carnaro del vate, fungendo da portavoce delle
posizioni contrarie all’occupazione di Fiume del governo
italiano: il generale Domenico Siciliani, di Cirò, prima
capo ufficio stampa della Divisione di Catanzaro, poi
del Comandante Supremo Armando Diaz dopo la
defenestrazione del gen. Cadorna, successivamente
stretto collaboratore del gen. Badoglio che accompagnò
nei suoi viaggi negli USA. Siciliani divenne v.
governatore dell’Eritrea negli anni della
colonizzazione. Ma ciò che più lo fa ricordare è la sua
testimonianza scritta, ripubblicata anche di recente,
sull’essere stato autore del Bollettino della Vittoria
che campeggia in tantissimi edifici pubblici italiani,
compresa questa Caserma. Le documentazioni conosciute
sono ancora incomplete ma credo che dalla ricerca
emergeranno altri elementi che collegheranno con più
forza la nostra regione ai grandi eventi d’annunziani,
che appartengono alla storia d’Italia. Il senso di
questa sintetica comunicazione è di rammentare la
presenza dei calabresi nella grande storia nazionale,
che tutti possiamo riscoprire anche partendo dalle
proprie famiglie.
Grazie ed auguri all’Esercito ed
alle FF.AA. |
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L'ESPOSIZIONE
DEL GENERALE DV. (aus) Pasquale MARTINELLO |
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D’ANNUNZIO MILITARE
All’Eroe Latino, quale egli era nei protagonisti dei
propri romanzi o racconti D’Annunzio aggiunse al proprio
personaggio la caratteristica dell’Eroe Militare, ma
solo in tarda età. D’Annunzio aveva cinquantadue anni
quando si arruolò nei Lancieri di Novara. Gli venne
concesso uno status speciale che lo autorizzava a
qualsiasi impresa di terra, di mare e di cielo. Con la
qualifica di Comandante compì numerose gesta. A bordo di
un apparecchio volò su Trieste e su Pola. Fu in quella
occasione che, insieme ai manifestini, egli ordinò ai
piloti di lanciare un grido di sua invenzione: Eja, Eja,
Alalà che naturalmente, da terra, nessuno poteva udire,
ma ch’era destinato a risuonare per vent’anni negli
orecchi degli Italiani. Un'altro suo spettacolare gesta
fu la “beffa di Buccari”, un porto sulla costa dalmata
dove egli si infiltrò alla testa di una flottiglia di
mas, silurandovi un mercantile e lasciandovi, dentro
involucri di gomma, il testo di un sarcastico messaggio
al governo austriaco. La più grandiosa delle sue imprese
fu certamente il volo su Vienna alla testa di una
squadriglia di undici aeroplani, di cui uno solo non
fece ritorno. Non gettò bombe, ma manifestini in cui
invitava gli austriaci alla resa.
Dice Montanelli che D’Annunzio aveva fatto della guerra
italiana una sua guerra privata, che aveva arricchito il
suo petto di un’interminabile fila di medaglie.
Sdegnato per la vittoria mutilata, il 12 settembre 1919,
D’Annunzio occupò la città di Fiume. Anticipò l’impresa
sulla Gazzetta del Popolo con un articolo proclama in
cui spiegava ch’egli riprendeva le armi “per amore di
Cristo” e in nome dello Spirito contro il “banco
dell’usuraio” e annunciò la sua decisione in una lettera
a Mussolini, ormai diventato con il suo Popolo d’Italia
il più ardente avvocato della causa irredentista. L’8
settembre del 1920 D’Annunzio istituì la Reggenza
Italiana del Carnaro.Approfondiremo l’impresa di Fiume
guardando un filmato edito dall’Istituto Luce. E’ un
filmato dell’epoca, che usa toni adatti allo scopo
propagandistico che la ripresa voleva raggiungere
allora.
Rimane ancora valido per la
ricostruzione dei fatti e per la visione degli usi e
costumi del tempo.
A Fiume D’Annunzio agì da Capo di Stato. Proclamò una
Costituzione, la Carta del Carnaro. In essa si legge
Formò un Governo ed organizzò un esercito di cui dettò
egli stesso le uniformi e i rituali. Il saluto col
braccio alzato, la cintura col pugnale, il già citato
grido di Alalà, la camicia nera ornata di teschi, il me
ne frego, insomma tutto l’infelice bagaglio che in
seguito doveva caratterizzare il fascismo. Fu presente
anche la retorica degli “immancabili destini”, del “mare
nostrum”, delle “legioni romane”, del sacrificio
sublime, della Patria imperiale con la quale D’Annunzio
riempiva e costellava i suoi quotidiani discorsi,
rigorosamente dal balcone, ma non fu mai il Duce, il suo
appellativo rimase sempre e soltanto “il Comandante”.
VIENNESI!
Imparate a conoscere gli Italiani. Noi voliamo su
Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi
lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della
libertà. Noi Italiani non facciamo la guerra ai bambini,
ai vecchi, alle donne. Noi facciamo la guerra al vostro
governo nemico della libertà nazionale, al vostro cieco
testardo crudele governo che non sa darvi né pace né
pane, e vi nutre di odio e di illusioni. VIENNESI! Voi
avete fama di essere intelligenti. Ma perché vi siete
messa l'uniforme prussiana? Ormai, lo vedete, tutto il
mondo s'è volto contro di voi. Voi volete continuare la
guerra? Continuatela. E' il vostro suicidio. Che
sperate? La vittoria decisiva promessavi dai generali
prussiani? La loro vittoria decisiva è come il pane
dell'Ucraina: si muore aspettandola. POPOLO DI VIENNA,
pensa ai casi tuoi. Svegliati!
VIVA LA LIBERTÀ VIVA L'ITALIA VIVA L'INTESA |
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L'ILLUSTRAZIONE
DEL PROF. PIETRO CHIARAVALLOTI |
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D'ANNUNZIO NEI FRANCOBOLLI
ITALIANI |
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1934
(13 Marzo) – Decennale dell’annessione di
Fiume all’Italia -
Stampa in rotocalco in
fogli di 50 (x4) –
Filigrana Corona Dx o Sx
–
Dentellati 4¼ x 14 –
L’emissione vuole essere la celebrazione, prettamente
propagandistica, dell'Impresa di Fiume, a 10 anni
della fine. La serie di 16 francobolli di Posta
Ordinaria e Posta Aerea “dipinge i momenti
salienti” del gesto più eclatante dell’uomo d’azione, di
Gabriele D'Annunzio.
L’11 settembre egli capeggiò e guidò un gruppo di circa
2.600 militari ribelli del
Regio Esercito
- i
Granatieri di Sardegna
- da Ronchi di Monfalcone, ribattezzata nel
1925
“Ronchi
dei Legionari”
in ricordo della storica impresa, a
Fiume,
città della quale D'Annunzio proclamò l'annessione al
Regno d'Italia
il
12 settembre
1919.
VALLUM
JULIUM
Il muro eretto nel 12 a.C. a protezione dalle invasioni
barbariche
“4 NOVEMBRE MCMXVIII”
Gli antefatti e fermenti di italianita’ della citta’
di fiume
Al termine del conflitto, vari reparti delle quattro
nazioni vincitrici avevano occupato la città (italiani,
francesi, inglesi, americani). A Fiume la situazione
diveniva sempre più incandescente e si susseguivano
costantemente manifestazioni della popolazione a favore
dell'italianità della città e incidenti tra i vari
reparti delle quattro nazioni
A Parigi furono decise alcune sanzioni ed anche
l'allontanamento dei
Granatieri di Sardegna,
reparto che si era dimostrato particolarmente
irrequieto. I Granatieri, sotto il comando del generale
Mario Grazioli,
lasciarono Fiume il
25 agosto
1919
sfilando in mezzo alla popolazione di Fiume che cercò di
trattenerli con suppliche e manifestazioni di
italianità.
I Granatieri di Sardegna si acquartierarono a
Ronchi.
Da qui sette ufficiali inviarono a D'Annunzio una
lettera in cui lo invitavano a porsi a capo di una
spedizione che a Fiume ne rivendicasse l'italianità.
Intanto già nell' Ottobre
1918
a Fiume si era costituito un Consiglio Nazionale
che propugnava l'annessione all'Italia.
Raffigurazione dell’ancora della Regia Nave
“Emanuele Filiberto”
che servì allo sbarco di Gabriele D’Annunzio e dei suoi
legionari
nella città di Fiume il
4 Novembre 1918
a conclusione della Grande Guerra,
con conseguente co-occupazione della città
che viene raffigurata nei due francobolli sotto
l’ancora.
12 IX MCMXIX
La marcia sulla citta’ di fiume
Nel frattempo
Gabriele D'Annunzio
si era recato a
Roma
per tenere una serie di comizi in favore dell'italianità
di Fiume. I discorsi infuocati di D'Annunzio suscitarono
l'emozione soprattutto dei moltissimi giovani reduci
dalla guerra. In particolare si insistette sull'onta
della
vittoria mutilata
che induceva un
revanscismo
delle aspettative di carattere nazionalista. Intanto a
Fiume la situazione diveniva sempre più incandescente.
I già citati sette ufficiali dei Granatieri di Sardegna,
acquartierati a
Ronchi,
inviarono a D'Annunzio una lettera in cui lo invitavano
a porsi a capo di una spedizione che a Fiume ne
rivendicasse l'italianità:
«Sono i
Granatieri di Sardegna che Vi parlano. È Fiume che per
le loro bocche vi parla. Quando, nella notte del 25
agosto, i granatieri lasciarono Fiume, Voi, che pur ne
sarete stato ragguagliato, non potete immaginare quale
fremito di entusiasmo patriottico abbia invaso il cuore
del popolo tutto di Fiume… Noi abbiamo giurato sulla
memoria di tutti i morti per l'unità d'Italia: Fiume o
morte! e manterremo, perché i granatieri hanno una fede
sola e una parola sola. L'Italia non è compiuta. In un
ultimo sforzo la compiremo.»
Raffigurazione di Gabriele D’Annunzio, in
uniforme da Ardito, mentre presenzia al
Giuramento di Ronchi (Trieste), simbolicamente
raffigurato nel francobollo dalla presenza dei pugnali
impugnati, dell’11 Settembre 1919 con un manipolo
di suoi legionari
24 – 28
dicembre
mcmxx
“la santa Entrata”
Grazie alla “Marcia
di Ronchi”
del
12 settembre
1919
D'Annunzio prese possesso della città, acclamato dalla
popolazione italiana e dai volontari lì presenti. Nel
pomeriggio D'Annunzio proclamò l'annessione all'Italia
di Fiume. «Italiani
di Fiume! Nel mondo folle e vile, Fiume è oggi il segno
della libertà; nel mondo folle e vile vi è una sola
verità: e questa è Fiume; vi è un solo amore: e questo è
Fiume! Fiume è come un faro luminoso che splende in
mezzo ad un mare di abiezione... Io soldato, io
volontario, io mutilato di guerra, credo di interpretare
la volontà di tutto il sano popolo d'Italia proclamando
l'annessione di Fiume.»
Il 22 settembre 1919 arrivò a Fiume la
Nave della Regia Marina "Cortellazzo" (ex incrociatore
Marco Polo) che si unì ai legionari di D'Annunzio.
Raffigurazione di una nave romana, di una galera
veneziana e di un incrociatore italiano, simboli
dell’antica e moderna potenza
Il governo italiano
guidato da
Francesco Saverio Nitti
disconobbe l'azione del
Vate
e decise di porre la città sotto assedio impedendo
l'afflusso di viveri.
Il
25 settembre 1919
tre battaglioni di
bersaglieri
destinati all'assedio della città, lasciate le proprie
posizioni completi di armi e salmerie, disertarono e
raggiunsero i legionari. Il
7 ottobre 1919
Mussolini si recò a Fiume dove incontrò D'Annunzio. A
partire dal
20 ottobre
1919
cominciarono degli incontri tra Pietro Badoglio e
D'Annunzio che, durati circa due mesi, non approdarono
ad alcun accordo. Il
23 novembre 1919
il governo italiano si impegnava innanzitutto a impedire
che la città potesse essere annessa al nuovo stato
jugoslavo e ad ottenere per essa l'annessione all'Italia
o almeno di conferirle lo status di 'città
libera'.
D'Annunzio rifiutò il testo reclamando l'annessione
immediata, ma il
15 dicembre 1919
il Consiglio nazionale della città di Fiume approvò le
proposte del governo italiano. Fu indetto un plebiscito
per decidere il da farsi.
Trittico definito in filatelia “Ponte”
Sui due francobolli laterali è raffigurata la “Cerimonia
dell’alzabandiera a Fiume”
Al centro, immagine scultorea di Gabriele D’Annunzio, in
posa mussoliniana, contornato dalla scritta latina
“HIC MANEBIMUS OPTIME”
Lo scrutinio iniziò la sera stessa mostrando un
andamento nettamente favorevole all'accoglimento delle
proposte italiane, ma allo stesso tempo legionari
contrari alla piattaforma proposta dal governo italiano
bloccarono lo scrutinio sequestrando anche le urne.
D'Annunzio decise allora di sospendere lo stesso e di
invalidarlo. Pietro
Badoglio dal canto suo interruppe ogni possibile
ulteriore trattativa. A Fiume invece il capo gabinetto
Giovanni Giuriati rassegnò le
proprie dimissioni da capo gabinetto. Gli
subentrò
Alceste De Ambris,
ex
sindacalista rivoluzionario
e
interventista,
giunto a Fiume nel gennaio del
1920,
che ha impresso al governo della città un cambio di
rotta in senso rivoluzionario e popolare, tanto da fare
temere in Italia svolte repubblicane e addirittura il
timore di un tentativo di colpo di stato.
Panorama della città di Fiume e del suo porto
Nella stessa Fiume gli ufficiali del Regio esercito
vivevano con disagio la nuova situazione tanto che
lo stesso generale Caviglia, subentrato a Badoglio,
pensò di poter fruttare un eventuale dissidio
interno alla città tra monarchici e repubblicani.
Inoltre alcune decisioni dello stesso D'Annunzio
alimentavano i dubbi e le polemiche interne.
Nel marzo 1920 un furto compiuto da
alcuni legionari ai danni di alcuni commercianti
scatenò le ire del capitano dei
Carabinieri
Rocco Vadalà,
che richiese al Vate lo scioglimento dal giuramento
per poter abbandonare la città. Dopo alcune
resistenze iniziali i Reali Carabinieri
abbandonarono la città seguiti da alcuni ufficiali
di altre armi. Il
22 aprile 1920
gli autonomisti di
Riccardo Zanella,
ostili ai legionari dannunziani, con l'appoggio dei
socialisti,
proclamarono lo sciopero generale.
Si creò una
situazione di stallo nella città di Fiume che durò
diversi mesi, e forse la rinuncia ufficiale
dell'Ungheria a ogni diritto sull'antico
possedimento, spinsero D'Annunzio a una nuova
azione, la proclamazione di uno stato indipendente,
la
Reggenza Italiana del Carnaro,
proclamata ufficialmente il
12 agosto
1920.
Reggenza Italiana del Carnaro
Raffigurazione cartografica a rilievo dei territori
costituenti la
L'8
settembre 1920
fu promulgata la
Carta del Carnaro.
La politica dannunziana a Fiume, anche per via di
tentennamenti, non fu univoca. Se l'obiettivo di
partenza era il ricongiungimento di Fiume
all'Italia, in seguito, vista l'impossibilità di
raggiungere tale obiettivo tentò di costituire uno
stato indipendente. La struttura di questo nuovo
Stato, basata sulla
Carta del Carnaro
redatta da
Alceste De Ambris,
avrebbe creato uno stato basato su valori propugnati
dal
sindacalismo rivoluzionario
e sotto certi aspetti vicini a quelli nati nella
Russia dei Soviet. Il
12 settembre 1920
fu presentato il vessillo del nuovo Stato. Come atto
di frattura, la Reggenza fu il primo stato a
riconoscere ufficialmente l'Unione
Sovietica.
Questo risultò per molti inaccettabile, causando la
defezione di molti legionari fedeli alla monarchia,
in particolare dei carabinieri. Si cominciò inoltre
a fornire asilo a tutti coloro che erano costretti
ad abbandonare il proprio paese per problemi
politici.
Nel frattempo il
12 novembre
1920
sia l'Italia sia la Jugoslavia firmarono il
Trattato di Rapallo,
in cui si impegnarono a garantire e a rispettare
l'indipendenza dello Stato libero di Fiume. Tutti i
partiti politici italiani accolsero favorevolmente
l'accordo stipulato. Anche Mussolini e De Ambris
considerarono positivo il nuovo Trattato. Pochi
giorni dopo il generale Caviglia comunicò a
D'Annunzio i dettagli del trattato di Rapallo.
D'Annunzio pochi giorni dopo decise di rifiutare
il trattato. Seguirono alcuni giorni di frementi
contatti ma, quando il Trattato di Rapallo fu
ufficialmente approvato dal
Regno d'Italia,
il generale Caviglia si risolse a intimare
l'ultimatum a D'Annunzio. Al rifiuto del Vate
Fiume fu completamente circondata e, dopo 48
ore di tempo concesse per far evacuare i cittadini
stranieri, il mattino della
vigilia di Natale
fu sferrato l'attacco.
Natale di sangue.
Un primo attacco a Fiume fu sferrato la vigilia di
Natale, che D'Annunzio battezzò come il Natale
di sangue, per la lotta fratricida tra gli
stessi italiani. Dopo una tregua di un giorno la
battaglia ricominciò il
26 dicembre 1920
e, vista la resistenza dei legionari, verso
mezzogiorno incominciò il bombardamento navale della
città da parte della
nave Andrea Doria,
che proseguì fino al
27 dicembre 1920.
Vi furono alcune decine di morti da entrambe le
parti nel corso degli scontri.
Raffigurazione del campanile di San Vito, simbolo
della città di Fiume,
difeso dai legionari di Gabriele D’Annunzio.
Il
28 dicembre 1920
Gabriele D'Annunzio riunì il Consiglio Nazionale e
si decise ad accettare un incontro con gli emissari
del governo italiano e ad accogliere i termini del
Trattato di Rapallo. Rassegnò conseguentemente le
proprie dimissioni e il
31 dicembre
1920,
al termine del
Natale di sangue,
vista la sconfitta, Gabriele D'Annunzio firmò la
resa e …………….………
Monumento eretto nella città di Fiume in onore dei
legionari caduti
….e da quel momento, sia pure per breve, ebbe vita
lo
Stato libero di Fiume.
Cerimonia dell’alzabandiera a Fiume
Nel gennaio
1921
i legionari fiumani cominciarono ad abbandonare
Fiume, mentre D'Annunzio partì per ultimo il
18 gennaio 1921
alla volta di
Venezia.
Dall’inizio del
1921
e fino agli inizi del 1924 lo
Stato libero di Fiume
visse alterne vicende: le prime elezioni
parlamentari che decretarono l’affermarsi di un
Movimento Autonomista, che intraprese una politica
di allontanamento dall'Italia e poi un colpo di mano
dei
Blocchi Nazionali
che nel
1922
presero il potere a Fiume e costrinsero il governo
legale a rifugiarsi a
Porto Re
(Kraljevica) nel
Regno di Jugoslavia.
22 febbraio mcmxxiv
Fiume verrà annessa a tutti gli effetti allo stato
italiano solo nel
1924
dallo stesso Mussolini, che presto introdusse una
politica di italianizzazione.
Raffigurazione di una corona,
la Corona Sabauda,
che simboleggia l’unione della città di
FIUME
(il Campanile di San Vitoal centro)
All’ ITALIA rappresentata dalle città italiane
di
MILANO
(Torre del Filarete del Castello Sforzesco a sinistra),
VENEZIA
(Campanile di San Marco a sinistra),
ROMA
(Campidoglio a destra) e
FIRENZE
(Torre del Palazzo della Signoria a destra).
16 iii mcmxxiv
La visita ufficiale di Vittorio Emanuele III fatta alla
città di Fiume rappresenta l’atto finale all’impresa
fiumana.
Raffigurazione dell’arrivo del
Re Vittorio Emanuele III
a Fiume
il 16 Marzo 1924
1963
(12 Marzo) – Centenario della nascita di
Gabriele D’Annunzio
Stampa in Calcografia in
fogli di 50 (x3)
Senza Filigrana -
Dentellato 14¼ x 14-
Tiratura: 7.962.442-
esemplari.
NEL
RICORDO DEL “VATE” !
Ritratto di Gabriele D’Annunzio da un’incisione del
Barbieri.
2013
(12 Marzo) – Commemorazione di Gabriele
D’Annunzio
nel 150° anniversario
della nascita.
Stampa in Rotocalco in
foglio di 28 esemplari.
Senza Filigrana -
Autoadesivo
Dentellato: 11 x 11
effettuata con fustellatura.
“IL
POETA”
Diversamente dall’emissione del 1963, Gabriele
D’Annunzio viene raffigurato nel francobollo in abiti
civili, con colori diversi dal grigioverde, il colore
dell’emissione precedente.
Raffigurazione di Gabriele d’Annunzio intento nella
lettura di un libro.
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QUADRI DELLA COLLEZIONE DEL SIG. GIOVAMBATTISTA
ROTELLA |
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