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          LA SANITA' MILITARE                    NELLE OPERAZIONI INTERNAZIONALI

 
 

 

 

 
     
 

 
     
 

L'intervento del Gen. D. (aus) Pasquale Martinello

 
 

La Sanita' Militare nelle operazioni internazionali

Nelle operazioni militari la scena da protagonista la interpreta il soldato combattente. Al suo fianco vi sono, pero', altri attori che lo sostengono. Fra questi vi sono gli effettivi della Sanita' militare; "quelli che morirono per non far morire".

A gettare le basi del futuro ordinamento fu sul finire del Settecento il Piemonte di Vittorio Amedeo II di Savoia ("ospedali reali"). Nei primi decenni dell’Ottocento saranno proprio gli Stati Maggiori dell'Esercito Sabaudo a intuire per primi la necessita' di creare un unico centro di addestramento per i medici militari. Solo all'epoca di Carlo Alberto, pero', il problema sara' seriamente affrontato con l'istituzione di un Corpo di 100 Medici Militari (1833). Nel 1845 fu rinominato Corpo di Sanita' Militare e ampliato negli effettivi.

Nel 1861 nacque il Corpo Sanitario Militare Marittimo, mentre il Servizio Sanitario Aeronautico e' datato 1925.

La prima campagna militare cui parteciparono ufficiali medici fu quella africana, iniziata nel 1885 per la conquista dell'Eritrea. Nella battaglia di Dogali con i cinquecento persero la vita anche due Ufficiali medici: il Capitano Gasparri e il Tenente Ferretti. La campagna d'Africa, da Dogali al disastro di Adua, fu un difficile banco di prova per gli uomini del servizio sanitario. Nei primi cinque mesi del 1896 negli "stabilimenti delle colonie" furono curati piu' di 15.000 tra malati e feriti, soldati e africani. Dodici ufficiali medici persero la vita nella sola giornata di Abba Carima (marzo 1896).

Nella guerra di Libia (1911-12) l'impegno dei medici militari e del personale sanitario fu soprattutto quello di arginare il diffondersi di preoccupanti epidemie di tifo, dissenteria, colera e di impedire che si propagassero in Italia. Anche nei deserti della Libia l'assistenza fu praticata sia ai soldati sia alle popolazioni civili.

Nel corso della Prima Guerra Mondiale la cura di feriti e malati, dai primi soccorsi fino a trasporto e ricovero, fu gestita da 770 medici in servizio permanente, con a capo il generale Della Valle, e dalla Croce Rossa Italiana con la collaborazione di personale infermieristico volontario afferente a diversi comitati assistenziali tra cui i Cavalieri di Malta, quelli dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e i Gesuiti. Per rimpiazzare i caduti e sfornare d'urgenza altri dottori nel gennaio del 1916 fu aperta a San Giorgio di Nogaro (UD) l'Universita' Castrense in cui si tenevano corsi accelerati per studenti dell'ultimo biennio di medicina, reclutati in tutta Italia. Il numero totale degli ufficiali medici caduti durante il primo conflitto mondiale e' di 400 in combattimento e 300 per ferite negli ospedali.

Al fronte, l'unita' operativa di base della Sanita' Militare era la Sezione di Sanita', diretta da un capitano medico chirurgo, composta da due Reparti di Sanita' aggregati ognuno al Comando di battaglione e comandati da un tenente medico chirurgo. I Posti di Medicazione venivano immediatamente dietro le prime file, consistevano in infermerie sistemate il piu' possibile al riparo dal fuoco nemico, dove venivano dati i primissimi soccorsi ai feriti che in seguito raggiungevano a piedi o in groppa a muli, a spalla o in autoambulanze gli Ospedaletti da Campo.

Con il consistente incremento di feriti, allo scopo di decongestionare il piu' possibile le strutture ospedaliere in Zona di Guerra, questi vennero anche ricoverati in Navi Ospedale (come la Albaro, la Menphi, la Po, la Principessa Giovanna) o nei 59 Treni Ospedale (convogli da 360 posti che raggiungevano le stazioni avanzate del fronte per caricare i pazienti per poi ripartire verso l'interno fermarsi nei rami morti delle grandi stazioni, come Mestre, Torino, Padova, Verona).

Per il trasporto dei feriti le autoambulanze svolsero un ruolo fondamentale, dapprima semplici autocarri con i cassoni attrezzati con letti e casse contenenti materiale medico o con pertiche per il posizionamento delle barelle e in seguito ricavate dai Fiat 15 Ter.

Molto alta era la mortalita' tra i feriti, dovuta in primo luogo alle scarse conoscenze mediche dell'epoca oltre che alle oggettive difficolta' di lavorare in Zona di Guerra.

Nel 1935 anche la guerra di Etiopia richiese un massiccio intervento delle forze sanitarie. I medici inviati in Africa furono 2250.

Grazie alla loro preparazione e al loro spirito di sacrificio i medici militari riuscirono a compiere miracoli anche durante la Seconda guerra mondiale, dove, soprattutto per la vastita' dei fronti, si trovarono a operare in condizioni drammatiche. Le quindici medaglie d'oro concesse a ufficiali medici sono la testimonianza piu' alta del lavoro e dell'opera umanitaria svolta anche in quest’ultimo conflitto. "Nelle nevi della Grecia, nei deserti africani, nei boschi della Balcania, sul tormentato suolo d'Italia, dovunque il fratello italiano, o straniero, alleato o nemico, soltanto perche' soffriva, fu amorevolmente soccorso ..."

La sanita' militare oggi e' riunita in un Ispettorato generale alle dirette dipendenze del Capo di Stato Maggiore della Difesa. Questo dirige e coordina le attivita' e i servizi sanitari militari, nonche' la formazione del personale sanitario, tecnico e specializzato destinato a enti e reparti sia centrali che periferici. Si divide in due grosse branche: quella territoriale e quella di aderenza. Questa ultima fornisce supporto sanitario alle Forze Operative delle quattro Forze Armate.  

 
     
 

   
     
 

   
     
 

 
     
 

Da (Calabria Magnifica - edizione web 14.03.2019)

 
   Sanita' militare e teatri di guerra al Musmi di Catanzaro

 Testimonianze di ex ufficiali medici

C'e' una faccia del pianeta sanita' che rimane in penombra e lontana, anche geograficamente, dalla realta' quotidiana. Si tratta dei tanti medici, infermieri e tecnici in servizio nell'Esercito, nell'Aeronautica e nella Marina e che operano in missioni all'estero, spesso in condizioni ambientali e logistiche difficili. A loro l'associazione culturale "Calabria in armi" ha dedicato il convegno "La Sanita' militare nelle operazioni internazionali", svoltosi sabato 2 marzo presso il Museo storico militare (Musmi) di Catanzaro. Relatore Cosimo Francesco Zurzolo, dirigente responsabile dell'Unita' operativa di Medicina d'urgenza e Pronto soccorso dell'ospedale di Soverato e con alle spalle l'esperienza da ufficiale medico a Bala Baluk, Afghanistan. Nella sua introduzione il generale Pasquale Martinello, presidente dell'associazione e gia' a capo del Comando militare Esercito "Calabria", ha tracciato un excursus storico della sanita' militare italiana. Gli albori della specialita' videro Amedeo II di Savoia istituire nel Settecento gli Ospedali reali; poi, nel 1833, Carlo Alberto fondo' il Corpo dei medici militari, inizialmente di cento unita', successivamente ampliato nell'organico e denominato Corpo di sanita' militare. I compiti dei medici impegnati sui vari fronti di guerra non si limitarono alla sola cura dei feriti. Preziose si rivelarono le misure d'igiene e profilassi messe in atto per fronteggiare minacciose epidemie di tifo e colera, come durante la guerra di Libia (1911-12), ed encomiabile l'assistenza anche alle popolazioni civili, come dimostrarono la Prima e la Seconda guerra mondiale. Le quindici medaglie d'oro concesse ad ufficiali medici durante quest'ultimo conflitto, ha sottolineato Martinello, sono la testimonianza piu' alta della loro opera umanitaria e del lavoro svolto con abnegazione anche fino all'estremo sacrificio ("morirono per non far morire"). L'appassionata testimonianza di Zurzolo ha trascinato l'uditorio nel crudo scenario della guerra in Afghanistan di alcuni anni fa. Molte diapositive ed anche un filmato hanno illustrato il quotidiano e sottile confine tra vita e morte e le difficolta' emerse in quel particolare contesto. Organizzazione e cooperazione con le altre forze internazionali dislocate nell'area hanno permesso alla sanita' militare italiana di portare a buon fine molti interventi di soccorso, alcuni dei quali rivolti agli stessi avversari. "Abbiamo prestato cure anche a talebani feriti da noi catturati - ha affermato il relatore - perche' per un medico non vi sono distinzioni di razza, nazionalita' o credo religioso". Alcune immagini proiettate al convegno hanno mostrato l'importante opera d'istruzione e addestramento che ha portato alla formazione di soccorritori nell'esercito e nella polizia locali, altre hanno intenerito i presenti con scene di bimbi spauriti curati in ambulatorio. Per loro, come per le loro mamme e la gran parte degli afgani, e' stato il primo incontro con un camice bianco. Nel dibattito che ne e' seguito altre significative testimonianze di servizio all'estero sono state portate dagli ex ufficiali medici Giuseppe Pipicelli e Francesco Calabro'.

fonte Dott. Giulio Grilletta

 
 

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