"I Carabinieri Reali nei
Balcani nel 1943"
Buongiorno, porgo il saluto,
- al tavolo dei Relatori,
- alle Autorita' Militari e Civili
- al Presidente Reg.le ANPI
- ai Partecipanti tutti
- consentite a me figlio dell'Arma, un affettuoso
abbraccio alla "BENEMERITA" che ho sempre avuto accanto
sin da quando nacqui in una antica Caserma di Calabria,
e non ultima la presenza del Presidente Ten. Arabia e
Soci dell'ANC di Catanzaro per la consegna della
Medaglia d'Onore da parte del Presidente della
Repubblica, al mio defunto Genitore Carabiniere Reale
per essere stato deportato nel Campo di sterminio di
MATHAUSEN e in altri, nell'Europa dell'Est durante la
seconda guerra mondiale,
- al Lgt. Magagnino fedele interprete dei piu' alti
valori della Benemerita, che con sagacia e costanza ha
portato a compimento questo libro, facendoci
conoscere, una delle tante pagine della Storia dei CC
Reali, scritta con il sangue nel nome d'Italia.
===O===
Ritengo che quando si inizi un discorso
sui Carabinieri e' necessario sempre rammentare queste
poche righe che riporto, tratte dal Regolamento Generale
del Corpo (anno1821-art.526) che bastano a spiegare chi
sono i Carabinieri:
"La disciplina base principale
dell'ordine in ogni milizia, deve dal Corpo dei
Carabinieri Reali essere considerata come l'elemento che
lo sostiene. Suddiviso per l'istituzione sua in tutti i
punti dello Stato, questo Corpo non saprebbe esistere se
non trovasse nella costante emulazione, nella cieca
obbedienza, nella stretta unione, nella mutua
considerazione e rispetto, nell'illimitato amore
dell'ordine, quella uniformita' di sentimenti, quello
spirito di corpo, che quantunque separati dal centro, vi
tiene tutti i membri moralmente uniti, e ne conserva
l'intiera forza".
In relazione all'impiego dei CC Reali in
Albania, si appalesa necessario un breve collegamento
tra gli anni 1928 e 1939 che hanno visto protagonisti i CC Reali, ed esattamente:
Erano entrati in terra di
Albania gia' nel 1928 con un gruppo di istruttori di
educazione fisica appartenente alla missione militare
italiana. Questa missione aveva seguito le due
precedenti missioni (una delle quali aveva fornito
l'occasione per il bombardamento di Corfu') incaricate
essenzialmente di delineare i confini greco-albanesi.
Durante lo svolgimento di quelle missioni
dal 1923 al 1926 i militari italiani avevano assistito
alla rapida ascesa al potere di un giovane ed ambizioso
feudatario della regione del Mali. Alimed Bej Zogolli,
alla testa della sua fedele milizia di Dibrani e
di sudditi del Mati, era riuscito al termine di una
serie di complicate lotte intestine a conquistare il
potere a Tirana.
Nel gennaio 1925 Zogolli si
era fatto proclamare presidente e capo del governo,
affrettandosi prima a sostituire il precedente esercito
con una milizia a lui fidata e poi a creare la
coscrizione obbligatoria. Insieme ai loro colleghi di
altre armi, i carabinieri avevano tenuto corsi di
istruzione post-militare, propedeutici al servizio di
leva, e corsi di educazione post-militare per migliorare
la qualita' dei riservisti. La loro attivita', coronata
dal successo dell'introduzione della leva obbligatoria,
si era conclusa nel 1933.
Nel 1939 i Carabinieri Reali sbarcarono
nuovamente in Albania
insieme con 16 sezioni e plotoni mobilitati al seguito
della forza d'invasione. Il compito loro affidato era
fondamentalmente quello di mantenere l'ordine tra la
popolazione civile e svolgere le usuali funzioni di
polizia militare, complicate dalla presenza di numerose
spie straniere. Il 12 aprile 1939 un'assemblea
costituente, sostenuta dal governo di Roma, dichiaro'
decaduto Zogu (che nel 1928 si era fatto proclamare Re
d'Albania dal Parlamento) decretando l'unione personale
di Italia e Albania nella persona di un luogotenente del
Re.
A partire da quella data fu
avviata la costruzione di un apparato statale fedele al
nuovo governo. Per rimettere ordine nella polizia locale
il governo albanese affido' il comando generale della
gendarmeria albanese al divisionario dei Carabinieri,
generale Agostinucci (24 maggio). La gendarmeria era
stata creata proprio vent'anni prima da ufficiali
italiani ed Agostinucci era un buon conoscitore della
situazione locale, in quanto era stato proprio lui il
capo di quel famoso gruppo di istruttori di ginnastica.
L'allora Comandante Generale
dell'Arma, generale Riccardo Moizo, dispose lo
scioglimento di nove sezioni e plotoni mobilitati per
affiancarli nel servizio territoriale alla gendarmeria
albanese. Nell'estate del 1939 si dette luogo alla
fusione tra le forze armate italiane ed albanesi, nonche'
all'invio di altri effettivi dall'Italia per infittire
il dispositivo di sicurezza.
I compiti operativi erano tre: disarmare
le popolazioni, arrestare sovversivi e resistenti,
restaurare la pubblica sicurezza specialmente nelle zone
montane.
Missioni difficili, che furono compiute con l'ausilio di
apposite compagnie miste mobili (due nel Mali e nello
Scutarino) e di plotoni mobili (regioni del Dibran e del
Kossovo). Queste unita', insieme al dispositivo
territoriale, riuscirono, in circa un anno, a cogliere
risultati sostanziali pacificando quelle zone
turbolente. Una fatica di Sisifo presto vanificata da
un'altra grande guerra.
In particolare per lo sforzo bellico
l'Arma mise a disposizione un notevole numero di unita':
36 battaglioni; un battaglione paracadutisti; uno
squadrone a cavallo; un gruppo autonomo; 19 compagnie
autonome; un nucleo per la base tradotte; 410 sezioni
(miste, alpine, motorizzate, celeri, per l'aeronautica);
nuclei per gli uffici postali, nonche' comandi
Carabinieri presso tutte le grandi unita' dal gruppo
d'armate alla brigata e presso le basi aeree e navali.
La campagna di Grecia sara' il vero
battesimo del fuoco per i Carabinieri in guerra. E'
un'avventura decisa d'impulso da Mussolini, irritato per
l'inattesa invasione tedesca della Romania; pianificata
in modo molto approssimativo (anche perche' il duce ha
ignorato ostinatamente le cifre della forza greca
fornitegli dai servizi) ed eseguita ancor peggio.
Le dieci divisioni comandate dal
generale Visconti-Prasca urtarono ben presto contro le
munite difese apprestate dal generale Alexandros Papagos
lungo l'asperrima catena del Pindo. E' una catastrofe
perche' dopo appena un mese l'offensiva italiana viene
frustrata da duri contrattacchi di soldati greci,
maestri nell'uso del mortaio e nell'assalto di fanteria,
fierissimi nella difesa della loro antica patria e
disgustati per l'attacco da parte di un popolo
considerato confratello.
A migliore contezza
sul piano dell'organizzazione militare i CC.RR. vennero
organizzati da un lato, per mezzo del Comando superiore
carabinieri reali d'Albania avente la sede nella citta'
di Tirana, dall'altro,
attraverso due legioni territoriali, dislocate una a
nord (Tirana), l'altra a sud (Valona).
In seno alle suddette legioni, vennero
istituite diverse compagnie e stazioni.
Nell'ottobre 1940,
la mobilitazione dei carabinieri reali in Albania contro
la Grecia si riassumeva in: 1) diverse sezioni,
aggregate alle grandi unita' organiche, che affiancavano
i reparti combattenti; 2) un battaglione composto da
italiani e albanesi; 3) un plotone costituito dalla
Legione di Tirana e incorporato nella Divisione Siena.
Alla fine di novembre 1940,
in una fase politica e militare piu' intensa, la sua
struttura organizzativa veniva pero' sottoposta a un
ulteriore riordinamento attraverso l'istituzione e la
formazione di:
a) due Comandi carabinieri d'armata
(Comando dei carabinieri d'armata: Armate 9^ e 11^); b)
tre battaglioni carabinieri subordinati al Comando
superiore forze armate d'Albania, alla 9^ Armata e
all'11^ Armata (uno per ciascun comando); c) uno
squadrone di carabinieri per il Comando superiore forze
armate d'Albania; d) due battaglioni carabinieri per la
copertura; e) dieci battaglioni carabinieri per il
servizio territoriale. Con l'armistizio del 1942 (23
aprile) i piani del comando italiano decisero un
graduale ridimensionamento del quadro organizzativo
dell'Arma, mantenendo e impiegando sul territorio: le
Legioni di Tirana e di Valona, i battaglioni IV, VII,
XIII, XVII e XXVII, i carabinieri del IV e XXV Corpo
d'armata, i CC.RR. del Quartier generale del Comando
superiore forze armate Albania e della Regia Aeronautica
d'Albania.
Tali reparti naturalmente rimasero
sotto le direttive del Comando superiore carabinieri
reali d'Albania. Importante evidenziare, altresi', che
sotto il profilo amministrativo e militare i carabinieri
reali mobilitati in Albania furono adoperati sia in
operazioni militari vere e proprie, sia in mansioni di
polizia informativo-investigativa,
ovvero con funzioni di spionaggio e di controllo
territoriale, tra cui mansioni di scorta, di aiuto nelle
funzioni processuali e di sicurezza ai confini .
Tra il novembre e il dicembre 1940 i
greci attaccano con successo la posizione chiave di
Koritza e ributtarono indietro gli italiani in Albania
con gravi perdite di uomini e materiali. L'inverno
1940-41 vede una difesa della linea Valona-Tepelino-Lago
di Ocrida.
La campagna di Grecia viene generalmente
ricordata per le imprese degli alpini, in particolare
quelli della divisione "Julia", ma accanto a loro vi sono
anche i carabinieri del terzo battaglione. I seicento
uomini del battaglione furono accolti a Durazzo e a
Tirana da un violento bombardamento della britannica RAF
(Royal Air Force). Il 19 novembre vennero schierati
cosi' e il IX reggimento alpini sulla linea a cavallo
della strada Premeti-Perati.
Quando il nemico attacco' la critica quota
665, i carabinieri comandati dal tenente colonnello
Giuseppe Contadini tennero duro e non accennarono alla
ritirata nemmeno quando la pressione avversaria si rese
quasi insostenibile. I militi fecero piovere dozzine di
micidiali bombe a mano e solo il cedimento di un altro
settore li obbliga ad arretrare. Una loro compagnia ebbe
il difficile incarico di coprire la ritirata e guadera'
il fiume Sarandaporos dopo che i genieri italiani
avevano fatto saltare il ponte di Perati.
Quindi come non ricordare Ponte Perati in
Albania? Il tragico sacrificio degli Alpini e dei
Fanti, dei Bersaglieri durante il ripiegamento?
Ebbene c'erano i CC Reali a tenere duro
con il loro III BTG, a fianco della "JULIA" e della
"BARI". Tennero Ponte Perati per tre giorni, poi furono
inviati nella zona di Klisura, a riconquistare Quota
287, da cui altri reparti erano stati costretti a
ritirarsi.
In questo contesto memorabile risalta
l'eroismo dei CC Reali del Colonnello Gamucci.
Una brevissima parentesi sugli
accadimenti a cui di qui a poco, dara' autorevole risalto
l'autore del libro.
Ho letto con avidita' storica i fatti
inerenti l'Eccidio della Colonna Colonnello Gamucci,
scritta dal Lgt. Magagnino che ci ha consegnato con una
dettagliata ed esaustiva ricostruzione una realta', che
ci lascia sgomenti per la brutalita' degli accadimenti ma
che ancora una volta esalta le virtu' di un'Arma che
tutto diede alla Patria, senza nulla chiedere.
A Fushe Gura, in lingua Albanese
significa Altopiano,
piu' di cento Carabinieri, 121 o secondo
alcune versioni 129, compresi i loro ufficiali e il
loro comandante, vennero massacrati da partigiani
comunisti Albanesi in questo sito, dopo un calvario di
brutalita' e di sevizie, probabilmente in due momenti
diversi.
L'Ufficiale in comando dei Carabinieri
era il Colonnello Giulio Gamucci, di Firenze che mori'
dopo immani sofferenze, con i suoi soldati.
E' una storia quasi sconosciuta in
Italia, se non in certi ambienti, soprattutto storici o
militari, ancora oggi non se ne parla.
Il reparto di Carabinieri, noto come
colonna Gamucci faceva parte della Legione Carabinieri
Reali di Tirana.
L'8 settembre 1943,
con l'armistizio tra l'Italia e gli alleati le truppe
Italiane che scelsero di non collaborare con gli ex
alleati vennero fatte prigioniere.
Il reparto del Colonnello Gamucci in
custodia ai Tedeschi fu trasportato, a fine settembre,
su un treno verso Bitola in Bulgaria, nel corso di
alcuni attacchi di formazioni partigiane catturato da
partigiani che si professavano comunisti ed odiavano i
Carabinieri in quanto tali e in quanto Italiani,
vennero disarmati ed internati
nel piu' orrendo dei lager Albanesi, Tepelene.
La mattina del 16 novembre 1943,
inizio' un orrore senza fine, tutti i Carabinieri, piu'
qualche ufficiale compreso il comandante, Gamucci furono
costretti a marciare, percorrendo una distanza
incredibile, 250 km senza scarpe, su e giu' per sentieri
impervi e
raggiunto l'altipiano, furono
assassinati.
Su queste stragi, i media Italiani non
pubblicarono quasi nulla e l'opinione pubblica non venne
informata in modo adeguato.
Il Col. Gamucci e i suoi uomini offrirono
la loro vita alla disciplina della guerra, che non era
per loro se non il primo comandamento della Patria.
Questa e' l'Arma della fedelta' immobile e
dell'abnegazione silenziosa: l'Arma che nel folto della
battaglia, nella trincea e nella strada, nelle citta'
distrutte e nel camminamento sconvolto, nel rischio
repentino e nel pericolo durevole, da' ogni giorno eguali
prove di valore tanto piu' gloriosa quanto piu' avara e' la
gloria.
Nell'avviarmi alla conclusione ritengo
doveroso riportare un mio pensiero in merito affermando
che ci sono storie che tracciano la tragedia, e la
tragedia non smette di scorrere come sangue oltre il
ricordo stesso.
Ognuno di noi ha destini da raccontare,
ma ognuno di noi ha il diritto di testimoniarsi.
Chi ha vissuto e conosce ha il dovere di
non tacere !!!!!!!!!!
Il Colonnello Gamucci e i suoi uomini e
gli altri Reali, non ci sono piu'. Le sue parole
"Sparate subito e mirate al petto", insistono come un
tambureggiare nel mio tempo e mi ricollegano alle parole
che il Capitano Acme Bonzagni disse ai trenta CC Reali
superstiti del IV BTG a Scutari, quando furono
circondati da oltre trecento soldati tedeschi della
Wermacht: "Scarse sono le munizioni, innestare la
baionetta e prepararsi al combattimento corpo a corpo"
fedelmente mio Padre aveva annotato per i posteri tale
atto di quello sparuto gruppo ............
Fu la successiva trattativa tra il
Capitano dei Reali e il Colonnello dei teutonici che
evito' il massacro con la resa delle armi ......! E qui
ritornano ancora una volta le parole del Comandante Bonzagni verso mio Padre (era stato suo attendente):
"Conserva la Bandiera del IV BTG nel tuo zaino,
difendila a costo della vita".
Papa' l'avvolse in uno straccio, la
nascose nel suo zaino, e la preservo', sino al giorno
della Liberazione 24 maggio 1945, e la isso' sul pennone
piu' alto nel suo ultimo Campo di Concentramento di
KONNIGRATZ in Boemia.
Echi.
La storia diventa debole .
La verita' e' un patto di sangue! Non
esiste una storia condivisa. Tanto meno un immaginario
collettivo.
Da una parte chi vince ha sempre tradito
la verita', e si inventa l'occupazione dell'immaginario. Anzi occupa l'immaginario. I vinti ricostruiscono
un'altra storia.
La fedelta' e' una eleganza che non si
conosce piu'.
"La fedelta' e' un atto di coraggio che
appartiene a chi conosce la coerenza" !!!
Ancora una volta la storia della Patria
dovette registrare una delle piu' belle pagine di gloria
per questi valorosi "Benemeriti", che sotto il terrore
di un nemico implacabile non vacillarono un istante,
confermando quelle nobili tradizioni di sacrificio e
fedelta'.
Con l'olocausto della vita essi diedero
al Paese, nel silenzio che caratterizza la tradizione
dell'Arma, la prova tangibile della suprema dedizione al
dovere e della loro fedelta' sino alla morte a Dio e ai
fratelli italiani.
E' una storia semplice, ma dura la loro.
Una storia intessuta di eroismi oscuri, di rinunzie, di
angosce tormentose.
Le virtu' ataviche della "Benemerita" e le
qualita' peculiari dei suoi gregari sono rifulse come non
mai dall'otto settembre 1943 sino alla Liberazione.
Queste mie parole, e' bene sottolinearlo,
non costituiscono e non vogliono costituire
assolutamente un'illecita ingerenza nelle attivita' ed
iniziative altrui, ne' meno ancora vuole apparire come un
tentativo di attribuire tutti i meriti all'Arma,
offuscando la meritoria opera di altri.
Posso affermare senza tema di smentita
che i Carabinieri tutti, fieri e gelosi della loro
tradizione di fedelta', rivendicano soltanto il merito di
avere lottato silenziosamente, tenacemente,
coraggiosamente per la Causa della liberta', pronti ad
ogni sacrificio, senza ambiziose mire di riconoscimenti
e di ricompense, paghi del dovere compiuto e sempre
pronti a nuove lotte per il bene supremo della Patria.
Non vi sarebbe stata l'ultima guerra
mondiale ne' una Patria unita, cosi' come oggi la
conosciamo, se non vi fossero stati uomini che, con
spirito di sacrificio ed animati da ideali in cui si
riconoscevano totalmente sotto l'emblema del tricolore,
non avessero esitato a sfidare l'impossibile per la
gloria del loro Paese. Grazie Eroi d'Italia!!!!!!
Tutto quello che loro hanno vissuto e'
anche la storia di una vittoria: contro la menzogna, le
torture e le umiliazioni, contro la fame, il freddo e
l'ottusa violenza.
La storia anche nei suoi momenti piu'
drammatici e tumultuosi, anche quando l'irrazionalita'
sembra prendere il sopravvento, segue dei percorsi che
vanno prima di tutto individuati e compresi: e' solo cosi'
che la conoscenza del passato si trasforma in coscienza
del presente.
La seconda guerra mondiale chiese
all'Arma un altissimo tributo: su tutti i fronti i
Carabinieri si batterono, dall'eroismo di Salvo
D'Acquisto, all'Amba Alagi attorno al Duca d'Aosta, come
a CULQUABER nel novembre 1941, sul PODGORA, sul Sabotino,
in Grecia, nei Balcani, in Albania, in Russia, in Africa
Orientale e Settentrionale, a Cefalonia dove i CC.RR.
del VII Battaglione vennero massacrati, ovunque e
dovunque irrorarono con il loro sangue le aride zolle
dei campi di battaglia.
E' una storia intessuta di
indimenticabili episodi di eroismo; storia semplice cui
conferisce pero' dignita' di epopea il sublime olocausto
di tanti martiri.
Ora il tempo e' passato. Sempre passa il
tempo e la memoria diventa di ghiaccio, ma quei massacri, quei genocidi hanno tagliato non solo la storia.
Questa grande storia conferma le
tradizioni piu' belle dell'Arma: la fedelta', lo spirito
di sacrificio, la fede nei destini della Patria, il
sentimento legalitario dei suoi piu' umili gregari che,
tenendo in spregio i compromessi, decisamente si
orientarono contro il secolare nemico e, nella
lotta, subito affiancarono coloro che rappresentavano il
potere legittimo, senza subire il contagio delle passioni
politiche, fieri e disinteressati come sempre.
Nel dopoguerra, nelle ricostituite
stazioni, nelle piccole brigate, molti CC non hanno fatto
piu' ritorno: sono caduti nella insidiosa, oscura lotta
contro l'invasore oppure sono rimasti lassu', nei tristi
"lagers" della Westfalia e della Polonia, forse senza
neppure una Croce che ne ricordi il nome, rivolgendo
l'ultimo tormentoso pensiero alla Patria oppressa,
fedeli a costo della morte a un giuramento.
Essi non debbono essere dimenticati e non
saranno dimenticati e rimarranno quale magnifico esempio
per i soldati di oggi e di domani.
Si attestarono sulla trincea dell'Onore,
perche' certi uomini non sanno fare passi indietro.
Per questo li chiamiamo Eroi ricordandoli
con commozione e sentendoci indegni.
Nei secoli fedele e' il motto della
Benemerita e la fedelta' non e' mai stata e mai sara' per i
CC d'Italia vana parola.
Infine la pace, dopo la pace il
referendum, altro momento di crisi per l'Arma: ma
Umberto prima di andarsene a Cascais, perche' l'Italia
scelse la Repubblica, sciolse i Carabinieri dal loro
giuramento al Re, e i Reali Carabinieri divennero i leali
Carabinieri.
A epilogo di queste righe, la memoria
storica richiama alla mente, le parole di un narratore
cecoslovacco Karel CAPEK :
"Adesso che il dolore era diventato piu'
forte di me, sentivo perfino con orrore quanto grande
fosse la vita.
Sentivo che quel dolore era come un
sacrificio, ed e' per questo, capite, che ogni religione,
ha messo la sofferenza sull'altare di Dio".
E come non rammentare i versi del Nigra, poeta, diplomatico e uomo del Risorgimento, che
possiamo ripetere ancora con giusto orgoglio
"Risonate tamburi, salutate Aste e
Vessilli! Onore, Onore ai Prodi Carabinieri.
Grazie !!!!! |