CALABRIAINARMI

"PER LA PATRIA!"

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 L'ECCIDIO DELLA COLONNA GAMUCCI

 

 

 

 

 

 
     
 

 
     
 

 
     
 

   
     
 

 
     
 

 
     
 

 
     
 

da CATANZARO INFORMA del 2 ottobre 2019

 
 

 
     
 

COMUNICATO STAMPA

L'Eccidio della Colonna Gamucci - Una pagina di storia da far conoscere, un libro-inchiesta di Antonio Magagnino, che fa chiarezza e invita a riflettere su uno di quegli episodi della nostra storia affidati all'oblio del tempo. Se n'e' discusso al MUSMI di Catanzaro, durante un incontro-dibattito organizzato dalla Federazione Provinciale dell'Istituto del Nastro Azzurro del capoluogo regionale e dalla sezione di Catanzaro dell'Associazione Nazionale Carabinieri.  

Il piu' crudele eccidio perpetrato contro militari italiani, dopo quello di Cefalonia: cosi' viene definito dagli storici l'eccidio della Colonna Gamucci, ovvero la barbara uccisione di oltre cento militari guidati dal colonnello fiorentino Giulio Gamucci, comandante della Legione dei Carabinieri di Tirana, in Albania, nel 1943. Prima di cadere con i suoi compagni Gamucci esclamo' "Sparate subito e mirate al petto", una frase la cui risposta fu una spietata raffica di mitra da parte dei partigiani comunisti albanesi. Una frase che e' risuonata nella mente e nel cuore del Luogotenente Antonio Magagnino, autore del volume "L'eccidio della Colonna Gamucci" (Herald Editore - Roma), che dopo lunghi anni di intense ricerche e' riuscito a fare luce su una pagina oscurata dal tempo e dalla storiografia ufficiale e a rendere onore e giustizia a coloro che hanno offerto la loro vita per la Patria. Se ne e' discusso durante un incontro - dibattito organizzato dalla Federazione Provinciale dell'Istituto del Nastro Azzurro di Catanzaro, presieduta dal Cap. Vincenzo Santoro e dalla Sezione di Catanzaro dell'Associazione Nazionale Carabinieri, presieduta dal Ten. Maurizio Arabia, tenutosi nella prestigiosa sede del MuSMi (Museo Storico Militare) del capoluogo regionale, col patrocinio della Provincia e dell'Associazione Culturale Calabria in Armi. Un parterre ricco di presenze autorevoli e competenti in materia storica e militare ha animato il dibattito, introdotto e moderato dal presidente Santoro, cui sono seguiti i saluti del presidente ANC, Ten. Maurizio Arabia. E' toccato allo storico Salvatore Scalise, rappresentante del sodalizio Calabria in Armi, tracciare il profilo storico ed il ruolo del Regio Esercito Italiano nei Balcani nel 1943, cui ha fatto seguito la relazione in merito alle condizioni di vita dei Carabinieri nel Balcani nel 1943, del Col. Girolamo Galluccio, figlio del Carabiniere Antonio Galluccio, deportato dall'Albania a Mauthausen. La ricerca sui Caduti italiani in terra albanese e' stato il tema centrale trattato dal Luogotenente Domenico Caccia, Segretario Generale dell'Istituto del Nastro Azzurro, il quale ha preannunciato il possibile recupero dei resti di altri militari seppelliti nella tristemente nota "Grotta dei pipistrelli". All'incontro hanno presenziato tra gli altri, il Col. Montanaro, Comandante Provinciale dei Carabinieri di Catanzaro, il Magg. Candeloro, in rappresentanza del Comando Militare Esercito Calabria ed il Cap. Angeletti, Comandante Compagnia Carabinieri di Catanzaro, nonche' il Dirigente dell'Amministrazione Provinciale di Catanzaro, dott. De Vinci. Numerose le delegazioni e le rappresentanze di associazioni d'arma regionali e nazionali giunte per l'occasione. Al termine della manifestazione il Col. Galluccio ha donato al Dirigente De Vinci, una foto d'epoca riproducente il Quarto Battaglione Carabinieri di Palermo partito per l'Albania, che andra' ad arricchire la prestigiosa collezione di reperti, cimeli e documenti del MuSMi. Vari e qualificati gli interventi dal pubblico che hanno posto all'autore quesiti e riflessioni circa la ricerca della liberta', della verita' e della giustizia, specie nei casi come quello dell'eccidio della Colonna Gamucci, spesso considerato "scomodo". Ad Antonio Magagnino sono state affidate le conclusioni dell'incontro che si e' rivelato una porta aperta su vecchi e nuovi scenari che saranno approfonditi nel prossimo volume dell'autore. Un vero e proprio "velo di Maya", dunque, quello che ha coperto l'eccidio della Colonna Gamucci, che Magagnino, come Shopenhauer, intende squarciare per far chiarezza intorno alla verita', non come appare, ma come e' realmente.

                             Federazione Provinciale di Catanzaro dell'Istituto del Nastro Azzurro

 
     
 

Relazione Colonnello Polizia  Municipale di Catanzaro dott. Girolamo GALLUCCIO   

 
 

                             

 "I Carabinieri Reali nei Balcani nel 1943"

 

Buongiorno, porgo il saluto,

- al tavolo dei Relatori,

- alle Autorita' Militari e Civili

- al Presidente Reg.le ANPI

- ai Partecipanti tutti

- consentite a me figlio dell'Arma, un affettuoso abbraccio alla "BENEMERITA" che ho sempre avuto accanto sin da quando nacqui in una antica Caserma di Calabria, e non ultima la presenza del Presidente Ten. Arabia e Soci dell'ANC di Catanzaro per la consegna della Medaglia d'Onore da parte del Presidente della Repubblica, al mio defunto Genitore Carabiniere Reale per essere stato deportato nel Campo di sterminio di MATHAUSEN e in altri, nell'Europa dell'Est durante la seconda guerra mondiale,

- al Lgt. Magagnino fedele interprete dei piu' alti valori della Benemerita, che con sagacia e costanza ha portato a compimento questo libro, facendoci conoscere, una delle tante pagine della Storia dei CC Reali, scritta con il sangue nel nome d'Italia.

===O===

Ritengo che quando si inizi un discorso sui Carabinieri e' necessario sempre  rammentare queste poche righe che riporto, tratte dal Regolamento Generale del Corpo (anno1821-art.526) che bastano a spiegare chi sono i Carabinieri:

"La disciplina base principale dell'ordine in ogni milizia, deve dal Corpo dei Carabinieri Reali essere considerata come l'elemento che lo sostiene. Suddiviso per l'istituzione sua in tutti i punti dello Stato, questo Corpo non saprebbe esistere se non trovasse nella costante emulazione, nella cieca obbedienza, nella stretta unione, nella mutua considerazione e rispetto, nell'illimitato amore dell'ordine, quella uniformita' di sentimenti, quello spirito di corpo, che quantunque separati dal centro, vi tiene tutti i membri moralmente uniti, e ne conserva l'intiera forza".

In relazione all'impiego dei CC Reali in Albania, si appalesa necessario un breve collegamento tra gli anni 1928 e 1939 che hanno visto protagonisti i CC Reali, ed esattamente:

Erano entrati in terra di Albania gia' nel 1928 con un gruppo di istruttori di educazione fisica appartenente alla missione militare italiana. Questa missione aveva seguito le due precedenti missioni (una delle quali aveva fornito l'occasione per il bombardamento di Corfu') incaricate essenzialmente di delineare i confini greco-albanesi.

Durante lo svolgimento di quelle missioni dal 1923 al 1926 i militari italiani avevano assistito alla rapida ascesa al potere di un giovane ed ambizioso feudatario della regione del Mali. Alimed Bej Zogolli, alla testa della sua fedele milizia di Dibrani e di sudditi del Mati, era riuscito al termine di una serie di complicate lotte intestine a conquistare il potere a Tirana.

Nel gennaio 1925 Zogolli si era fatto proclamare presidente e capo del governo, affrettandosi prima a sostituire il precedente esercito con una milizia a lui fidata e poi a creare la coscrizione obbligatoria. Insieme ai loro colleghi di altre armi, i carabinieri avevano tenuto corsi di istruzione post-militare, propedeutici al servizio di leva, e corsi di educazione post-militare per migliorare la qualita' dei riservisti. La loro attivita', coronata dal successo dell'introduzione della leva obbligatoria, si era conclusa nel 1933.

Nel 1939 i Carabinieri Reali sbarcarono nuovamente in Albania insieme con 16 sezioni e plotoni mobilitati al seguito della forza d'invasione. Il compito loro affidato era fondamentalmente quello di mantenere l'ordine tra la popolazione civile e svolgere le usuali funzioni di polizia militare, complicate dalla presenza di numerose spie straniere. Il 12 aprile 1939 un'assemblea costituente, sostenuta dal governo di Roma, dichiaro' decaduto Zogu (che nel 1928 si era fatto proclamare Re d'Albania dal Parlamento) decretando l'unione personale di Italia e Albania nella persona di un luogotenente del Re.

A partire da quella data fu avviata la costruzione di un apparato statale fedele al nuovo governo. Per rimettere ordine nella polizia locale il governo albanese affido' il comando generale della gendarmeria albanese al divisionario dei Carabinieri, generale Agostinucci (24 maggio). La gendarmeria era stata creata proprio vent'anni prima da ufficiali italiani ed Agostinucci era un buon conoscitore della situazione locale, in quanto era stato proprio lui il capo di quel famoso gruppo di istruttori di ginnastica.

L'allora Comandante Generale dell'Arma, generale Riccardo Moizo, dispose lo scioglimento di nove sezioni e plotoni mobilitati per affiancarli nel servizio territoriale alla gendarmeria albanese. Nell'estate del 1939 si dette luogo alla fusione tra le forze armate italiane ed albanesi, nonche' all'invio di altri effettivi dall'Italia per infittire il dispositivo di sicurezza.

I compiti operativi erano tre: disarmare le popolazioni, arrestare sovversivi e resistenti, restaurare la pubblica sicurezza specialmente nelle zone montane. Missioni difficili, che furono compiute con l'ausilio di apposite compagnie miste mobili (due nel Mali e nello Scutarino) e di plotoni mobili (regioni del Dibran e del Kossovo). Queste unita', insieme al dispositivo territoriale, riuscirono, in circa un anno, a cogliere risultati sostanziali pacificando quelle zone turbolente. Una fatica di Sisifo presto vanificata da un'altra grande guerra.

In particolare per lo sforzo bellico l'Arma mise a disposizione un notevole numero di unita': 36 battaglioni; un battaglione paracadutisti; uno squadrone a cavallo; un gruppo autonomo; 19 compagnie autonome; un nucleo per la base tradotte; 410 sezioni (miste, alpine, motorizzate, celeri, per l'aeronautica); nuclei per gli uffici postali, nonche' comandi Carabinieri presso tutte le grandi unita' dal gruppo d'armate alla brigata e presso le basi aeree e navali.

La campagna di Grecia sara' il vero battesimo del fuoco per i Carabinieri in guerra. E' un'avventura decisa d'impulso da Mussolini, irritato per l'inattesa invasione tedesca della Romania; pianificata in modo molto approssimativo (anche perche' il duce ha ignorato ostinatamente le cifre della forza greca fornitegli dai servizi) ed eseguita ancor peggio.

Le dieci divisioni comandate dal generale Visconti-Prasca urtarono ben presto contro le munite difese apprestate dal generale Alexandros Papagos lungo l'asperrima catena del Pindo. E' una catastrofe perche' dopo appena un mese l'offensiva italiana viene frustrata da duri contrattacchi di soldati greci, maestri nell'uso del mortaio e nell'assalto di fanteria, fierissimi nella difesa della loro antica patria e disgustati per l'attacco da parte di un popolo considerato confratello.

A migliore contezza sul piano dell'organizzazione militare i CC.RR. vennero organizzati da un lato, per mezzo del Comando superiore carabinieri reali d'Albania avente la sede nella citta' di Tirana, dall'altro, attraverso due legioni territoriali, dislocate una a nord (Tirana), l'altra a sud (Valona).

In seno alle suddette legioni, vennero istituite diverse compagnie e stazioni. Nell'ottobre 1940, la mobilitazione dei carabinieri reali in Albania contro la Grecia si riassumeva in: 1) diverse sezioni, aggregate alle grandi unita' organiche, che affiancavano i reparti combattenti; 2) un battaglione composto da italiani e albanesi; 3) un plotone costituito dalla Legione di Tirana e incorporato nella Divisione Siena.

Alla fine di novembre 1940, in una fase politica e militare piu' intensa, la sua struttura organizzativa veniva pero' sottoposta a un ulteriore riordinamento attraverso l'istituzione e la formazione di:

 a) due Comandi carabinieri d'armata (Comando dei carabinieri d'armata: Armate 9^ e 11^); b) tre battaglioni carabinieri subordinati al Comando superiore forze armate d'Albania, alla 9^ Armata e all'11^ Armata (uno per ciascun comando); c) uno squadrone di carabinieri per il Comando superiore forze armate d'Albania; d) due battaglioni carabinieri per la copertura; e) dieci battaglioni carabinieri per il servizio territoriale. Con l'armistizio del 1942 (23 aprile) i piani del comando italiano decisero un graduale ridimensionamento del quadro organizzativo dell'Arma, mantenendo e impiegando sul territorio: le Legioni di Tirana e di Valona, i battaglioni IV, VII, XIII, XVII e XXVII, i carabinieri del IV e XXV Corpo d'armata, i CC.RR. del Quartier generale del Comando superiore forze armate Albania e della Regia Aeronautica d'Albania.

Tali reparti naturalmente rimasero sotto le direttive del Comando superiore carabinieri reali d'Albania. Importante evidenziare, altresi', che sotto il profilo amministrativo e militare i carabinieri reali mobilitati in Albania furono adoperati sia in operazioni militari vere e proprie, sia in mansioni di polizia informativo-investigativa, ovvero con funzioni di spionaggio e di controllo territoriale, tra cui mansioni di scorta, di aiuto nelle funzioni processuali e di sicurezza ai confini .

Tra il novembre e il dicembre 1940 i greci attaccano con successo la posizione chiave di Koritza e ributtarono indietro gli italiani in Albania con gravi perdite di uomini e materiali. L'inverno 1940-41 vede una difesa della linea Valona-Tepelino-Lago di Ocrida.

La campagna di Grecia viene generalmente ricordata per le imprese degli alpini, in particolare quelli della divisione "Julia", ma accanto a loro vi sono anche i carabinieri del terzo battaglione. I seicento uomini del battaglione furono accolti a Durazzo e a Tirana da un violento bombardamento della britannica RAF (Royal Air Force). Il 19 novembre vennero schierati cosi' e il IX reggimento alpini sulla linea a cavallo della strada Premeti-Perati.

Quando il nemico attacco' la critica quota 665, i carabinieri comandati dal tenente colonnello Giuseppe Contadini tennero duro e non accennarono alla ritirata nemmeno quando la pressione avversaria si rese quasi insostenibile. I militi fecero piovere dozzine di micidiali bombe a mano e solo il cedimento di un altro settore li obbliga ad arretrare. Una loro compagnia ebbe il difficile incarico di coprire la ritirata e guadera' il fiume Sarandaporos dopo che i genieri italiani avevano fatto saltare il ponte di Perati.

Quindi come non ricordare Ponte Perati in Albania? Il tragico sacrificio degli Alpini e dei Fanti, dei Bersaglieri durante il ripiegamento?

Ebbene c'erano i CC Reali a tenere duro con il loro III BTG, a fianco della "JULIA" e della "BARI". Tennero Ponte Perati per tre giorni, poi furono inviati nella zona di Klisura, a riconquistare Quota 287, da cui altri reparti erano stati costretti a ritirarsi. 

In questo contesto memorabile risalta l'eroismo dei CC Reali del Colonnello Gamucci.

Una brevissima parentesi sugli accadimenti a cui di qui a poco, dara' autorevole risalto l'autore del libro.

Ho letto  con avidita' storica i fatti inerenti l'Eccidio della Colonna Colonnello Gamucci, scritta dal Lgt. Magagnino che ci ha consegnato con una dettagliata ed esaustiva ricostruzione una realta',  che ci lascia sgomenti per la brutalita' degli accadimenti ma che ancora una volta esalta le virtu' di un'Arma che tutto diede alla Patria, senza nulla chiedere.

A Fushe Gura, in lingua Albanese significa Altopiano, piu' di cento Carabinieri, 121 o secondo alcune versioni 129, compresi i loro ufficiali e il loro comandante, vennero massacrati da partigiani comunisti Albanesi in questo sito, dopo un calvario di brutalita' e di sevizie, probabilmente in due momenti diversi.

L'Ufficiale in comando dei Carabinieri era il Colonnello Giulio Gamucci, di Firenze che mori' dopo immani sofferenze, con i suoi soldati.

E' una storia quasi sconosciuta in Italia, se non in certi ambienti, soprattutto storici o militari, ancora oggi non se ne parla.

Il reparto di Carabinieri, noto come colonna Gamucci faceva parte della Legione Carabinieri Reali di Tirana.

L'8 settembre 1943, con l'armistizio tra l'Italia e gli alleati le truppe Italiane che scelsero di non collaborare con gli ex alleati vennero fatte prigioniere.

Il reparto del Colonnello Gamucci in custodia ai Tedeschi fu trasportato, a fine settembre, su un treno verso Bitola in Bulgaria, nel corso di alcuni attacchi di formazioni partigiane catturato da partigiani che si professavano comunisti ed odiavano i Carabinieri in quanto tali e in quanto Italiani, vennero disarmati ed internati nel piu' orrendo dei lager Albanesi, Tepelene.

La mattina del 16 novembre 1943, inizio' un orrore senza fine, tutti i Carabinieri, piu' qualche ufficiale compreso il comandante, Gamucci furono costretti a marciare, percorrendo una distanza incredibile, 250 km senza scarpe, su e giu' per sentieri impervi e raggiunto l'altipiano, furono assassinati.

Su queste stragi, i media Italiani non pubblicarono quasi nulla e l'opinione pubblica non venne informata in modo adeguato.

Il Col. Gamucci e i suoi uomini offrirono la loro vita alla disciplina della guerra, che non era per loro se non il primo comandamento della Patria.

Questa e' l'Arma della fedelta' immobile e dell'abnegazione silenziosa: l'Arma che nel folto della battaglia, nella trincea e nella strada, nelle citta' distrutte e nel camminamento sconvolto, nel rischio repentino e nel pericolo durevole, da' ogni giorno eguali prove di valore tanto piu' gloriosa quanto piu' avara e' la gloria.

Nell'avviarmi  alla conclusione ritengo doveroso riportare un mio pensiero in merito affermando che ci sono storie che tracciano la tragedia, e la tragedia non smette di scorrere come sangue oltre il ricordo stesso.

Ognuno di noi ha destini da raccontare, ma ognuno di noi ha il diritto di testimoniarsi.

Chi ha vissuto e conosce ha il dovere di non tacere !!!!!!!!!!

Il Colonnello Gamucci e i suoi uomini e gli altri Reali, non ci sono piu'. Le sue parole "Sparate subito e mirate al petto", insistono come un tambureggiare nel mio tempo e mi ricollegano alle parole che il Capitano Acme Bonzagni disse ai trenta CC Reali superstiti del IV BTG a Scutari, quando furono circondati da oltre trecento soldati tedeschi della Wermacht: "Scarse sono le munizioni, innestare la baionetta  e prepararsi al combattimento corpo a corpo" fedelmente mio Padre aveva annotato per i posteri tale atto di quello sparuto gruppo ............

Fu la successiva trattativa tra il Capitano dei Reali e il Colonnello dei teutonici che evito' il massacro con la resa delle armi ......! E qui ritornano ancora una volta le parole del Comandante Bonzagni verso mio Padre (era stato suo attendente): "Conserva la Bandiera del IV BTG nel tuo zaino, difendila a costo della vita".

Papa' l'avvolse in uno straccio, la nascose nel suo zaino, e la preservo', sino al giorno della Liberazione 24 maggio 1945, e la isso' sul pennone piu' alto nel suo ultimo Campo di Concentramento di KONNIGRATZ in Boemia.

Echi.

La storia diventa debole .

La verita' e' un patto di sangue! Non esiste una storia condivisa. Tanto meno un immaginario collettivo.

Da una parte chi vince ha sempre tradito la verita', e si inventa l'occupazione dell'immaginario. Anzi occupa l'immaginario. I vinti ricostruiscono un'altra storia.

La fedelta' e' una eleganza che non si conosce piu'.

"La fedelta' e' un atto di coraggio che appartiene a chi conosce la coerenza" !!!

Ancora una volta la storia della Patria dovette registrare una delle piu' belle pagine di gloria per questi valorosi "Benemeriti", che sotto il terrore di un nemico implacabile non vacillarono un istante, confermando quelle nobili tradizioni di sacrificio e fedelta'.

Con l'olocausto della vita essi diedero al Paese, nel silenzio che caratterizza la tradizione dell'Arma, la prova tangibile della suprema dedizione al dovere e della loro fedelta' sino alla morte a Dio e ai fratelli italiani.

E' una storia semplice, ma dura la loro. Una storia intessuta di eroismi oscuri, di  rinunzie, di angosce tormentose.

Le virtu' ataviche della "Benemerita" e le qualita' peculiari dei suoi gregari sono rifulse come non mai dall'otto settembre 1943 sino alla Liberazione.

Queste mie parole, e' bene sottolinearlo, non costituiscono e non vogliono costituire assolutamente un'illecita ingerenza nelle attivita' ed iniziative altrui, ne' meno ancora vuole apparire come un tentativo di attribuire tutti i meriti all'Arma, offuscando la meritoria opera di altri.

Posso affermare senza tema di smentita che i Carabinieri tutti, fieri e gelosi della loro tradizione di fedelta', rivendicano soltanto il merito di avere lottato silenziosamente, tenacemente, coraggiosamente per la Causa della liberta', pronti ad ogni sacrificio, senza ambiziose mire di riconoscimenti e di ricompense, paghi del dovere compiuto e sempre pronti a nuove lotte per il bene supremo della Patria.

Non vi sarebbe stata l'ultima guerra mondiale ne' una Patria unita, cosi' come oggi la conosciamo, se non vi fossero stati uomini che, con spirito di sacrificio ed animati da ideali in cui si riconoscevano totalmente sotto l'emblema del tricolore, non avessero esitato a sfidare l'impossibile per la gloria del loro Paese. Grazie Eroi d'Italia!!!!!!

Tutto quello che loro hanno vissuto e' anche la storia di una vittoria: contro la menzogna, le torture e le umiliazioni,  contro la fame, il freddo e l'ottusa violenza.

La storia anche nei suoi momenti piu' drammatici e tumultuosi, anche quando l'irrazionalita' sembra prendere il sopravvento, segue dei percorsi che vanno prima di tutto individuati e compresi: e' solo cosi' che la conoscenza del passato si trasforma in coscienza del presente.

La seconda guerra mondiale chiese all'Arma un altissimo tributo: su tutti i fronti i Carabinieri si batterono, dall'eroismo di Salvo D'Acquisto, all'Amba Alagi attorno al Duca d'Aosta, come a CULQUABER nel novembre 1941, sul PODGORA, sul Sabotino, in Grecia, nei Balcani, in Albania, in Russia, in Africa Orientale e Settentrionale, a Cefalonia dove i CC.RR. del VII Battaglione vennero massacrati, ovunque e dovunque irrorarono con il loro sangue le aride zolle dei campi di battaglia.

E' una storia intessuta di indimenticabili episodi di eroismo; storia semplice cui conferisce pero' dignita' di epopea il sublime olocausto di tanti martiri.

Ora il tempo e' passato. Sempre passa il tempo e la memoria diventa di ghiaccio, ma quei massacri, quei genocidi hanno tagliato non solo la storia.

Questa grande storia conferma le tradizioni piu' belle dell'Arma: la fedelta', lo spirito di sacrificio, la fede nei destini della Patria, il sentimento legalitario dei suoi piu' umili gregari che, tenendo in spregio i compromessi, decisamente si orientarono contro il secolare nemico e, nella lotta, subito affiancarono coloro che rappresentavano il potere legittimo, senza subire il contagio delle passioni politiche, fieri e disinteressati come sempre.

Nel dopoguerra, nelle ricostituite stazioni, nelle piccole brigate, molti CC non hanno fatto piu' ritorno: sono caduti nella insidiosa, oscura lotta contro l'invasore oppure sono rimasti lassu', nei tristi "lagers" della Westfalia e della Polonia, forse senza neppure una Croce che ne ricordi il nome, rivolgendo l'ultimo tormentoso pensiero alla Patria oppressa, fedeli a costo della morte a un giuramento.

Essi non debbono essere dimenticati e non saranno dimenticati e rimarranno quale magnifico esempio per i soldati di oggi e di domani.

Si attestarono sulla trincea dell'Onore, perche' certi uomini non sanno fare passi indietro.

Per questo li chiamiamo Eroi ricordandoli con commozione e sentendoci indegni.

Nei secoli fedele e' il motto della Benemerita e la fedelta' non e' mai stata e mai sara' per i CC d'Italia vana parola.

Infine la pace, dopo la pace il referendum, altro momento di crisi per l'Arma: ma Umberto prima di andarsene a Cascais, perche' l'Italia scelse la Repubblica, sciolse i Carabinieri dal loro giuramento al Re, e i Reali Carabinieri divennero i leali Carabinieri.

A epilogo di queste righe, la memoria storica richiama alla mente, le parole di un narratore cecoslovacco Karel CAPEK :

"Adesso che il dolore era diventato piu' forte di me, sentivo perfino con orrore quanto grande fosse la vita.

Sentivo che quel dolore era come un sacrificio, ed e' per questo, capite, che ogni religione, ha messo la sofferenza sull'altare di Dio".

E come non rammentare i versi del Nigra, poeta, diplomatico e uomo del Risorgimento, che possiamo ripetere ancora con giusto orgoglio "Risonate tamburi, salutate Aste e Vessilli! Onore, Onore ai Prodi Carabinieri.

Grazie !!!!!

 
 

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