Amore e morte nella
Grande Guerra
Il nuovo libro di Enzo Santoro
racconta la vita di Catanzaro del tempo
La Grande Guerra è ancora fonte di
ispirazione per scrittori e cineasti.
Gli storici continuano a scavare negli
archivi militari, rileggendo le carte con l’occhio distaccato
del tempo, sicché viene ricomponendo il puzzle dei tragici
eventi racchiusi in un campionario di vicende umane, di
conflitti sociali, di sradicamenti, nell’affresco sanguinante
del secolo che verrà dichiarato breve.
Il primo di questo mese, su Repubblica,
Paolo Rumiz, ha ripercorso la battaglia del Piave annotata
sorvolando il teatro delle operazioni con vecchi trabiccoli
d’epoca. Ogni regione italiana ha il suo pezzo di storia nella
vittoria mutilata. La Calabria ha un posto d’onore nella
memorialistica epica attraverso le vicende eroiche della
"Brigata Catanzaro" che sono state riportate alla luce, con una
puntuale e sorprendente rivisitazione dallo storico Mario Saccà.
Il quale, al termine di una lunga rincorsa documentale, è
riuscito a dare un nome ai fanti della brigata calabrese,
fucilati con l’accusa di ammutinamento, nel muro di cinta del
cimitero di Santa Maria La Longa (UD), testimoni i poeti
Gabriele D’Annunzio e Giuseppe Ungaretti (quest’ultimo, fante
della "Brigata Catanzaro").
Oggi nel capoluogo, all’interno del Parco
della Biodiversità c’è un museo militare dedicato alla "Brigata
Catanzaro". E il 29 maggio scorso, nella sala conferenze del
museo storico militare, è stato presentato il romanzo storico di
Vincenzo Santoro, "La decimazione – Amore e morte sullo sfondo
della Grande Guerra", edito da Città del Sole.
Il libro, frutto di ricerche svolte
dall’autore, narra, in forma romanzata, le vicende della
"Brigata Catanzaro" durante la Grande Guerra e soprattutto i
tragici fatti che culminarono nell’applicazione della terribile
pena delle decimazione, descrivendo anche la vita di Catanzaro
in quegli anni.
Il libro di Enzo Santoro rappresenta una
novità nel campo letterario e s’inserisce nel filone che
recupera la memoria della Grande Guerra, molto diffuso
nell’editoria delle regioni dove essa venne combattuta ma,
ahinoi, assente nel Mezzogiorno. Il libro non è un racconto
destinato al pubblico regionale perché i suoi contenuti
riguardano i grandi temi culturali e politici degli anni
immediatamente precedenti la Grande Guerra: interventismo,
pacifismo, neutralismo, che sottolinearono anche la discussione
in Calabria, dando vita a manifestazioni attestate dalla
letteratura e dai documenti reperiti negli archivi di Stato.
Corrado Alvaro in Ventenni e Mastrangelina ricorda i cortei
studenteschi di Catanzaro, ai quali partecipò.
Nel corso della presentazione del libro
sono stati resi noti alcuni rapporti inviati dalla Prefettura
del capoluogo al Ministero degli Interni su quegli eventi,
sicché letteratura e verità si saldano. Ma la città e la regione
dibatterono il tema della guerra e dell’avversione all’Austria
anche perché esisteva un grande retroterra risorgimentale con
protagonisti illustri e di rilevanza storica nazionale: i
fratelli Bandiera, il tenente Morelli, Settembrini, i fratelli
Guglielmo e Florestano Pepe. I martiri catanzaresi De Jesse,
Pascale e Monaco.
Inoltre si sentiva molto la vicinanza
agli irredenti dell’area triestina e trentina e in città si
celebrò spesso la memoria di Guglielmo Oberdan l’attentatore
alla vita dell’asburgico Francesco Giuseppe. Un legame con gli
irredenti collegato anche alla grande solidarietà che essi
avevano regalato alla popolazione calabrese nel corso del
terremoto devastante del 1908 intervenendo in tanti, malgrado lo
stato delle comunicazioni di quel tempo. In quei tragici giorni,
invece, il capo di Stato Maggiore dell’esercito, generale Conrad
avrebbe voluto attaccare l’Italia approfittando delle condizioni
di prostrazione derivate dal sisma, che costrinse tanta parte
delle nostre Forze Armate ad intervenire, abbandonando le aree
tradizionali di impiego.
I motivi della presa di posizione a
favore della guerra all’Austria- Ungheria non mancavano ed erano
sentiti anche dalle popolazioni meno acculturate per via degli
eventi appena detti.
I due giovani protagonisti del libro di
Enzo Santoro, Stefano e Giovanni, mostrano i loro diversi
atteggiamenti sulla partecipazione dell’Italia alla guerra
avendo alle spalle tutto questo patrimonio sviluppato nel corso
del secolo precedente, con l’Unità d’Italia appena realizzata ma
non divenuta una fusione fra le popolazioni: ma questo avvenne
nel corso della Grande guerra nelle trincee.
Stefano e Giovanni, tuttavia sono dei
patrioti e vanno a combattere pienamente consapevoli delle loro
scelte.
Nell’esperienza bellica si imbattono
nelle nuove e terribili tecnologie del conflitto: la
mitragliatrice, il cannone, l’aereo, le nuove e veloci
trasmissioni ma anche in una normativa militare non adeguata
alla modernità della guerra, spesso condotta con tecniche
antiquate.
Santoro, che conosce molto bene tutto
questo, pavimenta il racconto anche con diversi aspetti tecnici
che, però non lo appesantiscono, la lettura resta avvincente e
richiama le pagine velocemente per capirne il finale.
Entrambi i giovani vengono destinati alla
"Brigata Catanzaro", uno per reggimento (141° Stefano,142°
Giovanni), e vivono, oltre a tutte le più importanti battaglie,
le tragiche decimazioni subite dalle rispettive unità nel maggio
1916 sul Monte Mosciagh (141°) e a Santa Maria la Longa (142°)
il 16 luglio 1917.
Raccontare i particolari nella recensione
priverebbe il lettore del piacere della lettura. L’aspetto che
si può evidenziare riguarda l’amarezza per il contrasto fra
l’entusiasmo patriottico iniziale e la terribile realtà della
guerra. Tutto il racconto, che comprende la storia d’amore fra
Stefano e Betta, sorella di Giovanni, completa il ritratto
"umanitario" dei protagonisti che non erano carne da cannone ma
uomini provenienti da un contesto sociale e non privi di
sentimenti affettivi.
Va rilevata la modernità di Betta che,
tenendo presente il tempo in cui si svolge la narrazione, sembra
proseguire un filone di modernità femminile, collegandosi alla
vicenda della giovane De Nobili e il suo spasimante Marincola,
vecchia di quasi un secolo. Il romanzo ha infatti la
caratteristica di citare la cultura, i nomi ed i toponimi
catanzaresi senza essere un racconto spiccatamente localistico.
Insomma, un regalo che l’autore ha fatto alla sua città
collocandola nel contesto della storia generale da buon
italiano.
Bruno Gemelli – Calabria Ora 4 giugno 2008