L’Associazione
culturale Calabria in armi, in occasione
dell’anniversario della liberazione intende ricordare quanti
sono caduti per restituire, all’Italia, democrazia e libertà.
Come in tutte le
vicende belliche della storia nazionale, anche durante la guerra
di liberazione 1943-1945, che si è combattuta prevalentemente
nelle regioni del nord Italia, il contributo dei nostri
corregionali è poco conosciuto.
La conclusione del
‘900 consente di affrontare tutti i problemi storici di quel periodo
con attenzione verso tutte le parti in causa. La disponibilità
di nuove fonti documentarie, che la pubblicistica di questi anni
ha messo in grande risalto (v libri di Pansa), consente di
avviare un grande progetto per ridisegnare la diffusione delle
idee politiche in Calabria, la formazione dei gruppi dirigenti e
dei militanti, il ruolo che essi ebbero nel quadro della storia
del Paese negli anni del regime fascista e delle lotte che
seguirono per l’affermarsi della democrazia.
Durante la
Resistenza, caratterizzata dalla presenza di formazioni
partigiane con tendenze politicamente diversificate, molti
militari calabresi che dopo l’otto settembre 1943 si trovavano a
centinaia di chilometri di distanza dalle proprie case, sia per
l’impossibilità di poter ritornare in sede che per combattere
contro l’ex alleato germanico, iniziarono ad alimentare le fila
della resistenza in vari ruoli.
Prova ne sono, ad
esempio, le tre Medaglie d’Oro al Valor Militare alla memoria:
Aldo Barbaro, Vinicio Cortese e Saverio Papandrea; tutti e tre
ufficiali del Regio esercito italiano che, dopo l’armistizio,
si aggregarono a formazioni partigiane nelle quali combatterono
fino ad immolare le loro giovani vite.
Il ruolo che
ebbero nella guerra di liberazione e nella resistenza gli ex
militari delle varie armi è un po’ sottovalutato e poco
approfondito. Sicuramente gli oltre 600.000 prigionieri di
guerra catturati dagli ex alleati, nei vari fronti, attuarono
quella che viene impropriamente definita “resistenza passiva”, e
cioè preferire l’internamento senza lo status di prigioniero di
guerra (e quindi una prigionia dura e priva di tutele di diritto
umanitario) all’arruolamento presso le unità militari delle neo
costituita repubblica sociale italiana.
In occasione della
“Giornata della Memoria” del 2008 Calabria in armi
ha documentato come 13 militari di Catanzaro morirono nei campi
di concentramento in Germania, avendo subito la deportazione da
parte dell’esercito tedesco.
Ma il fenomeno è
ben più diffuso e riguarda tanti comuni della nostra Regione e
meriterebbe di essere ripreso e reso noto alle comunità.
Furono anche molti
i militari sbandati rientrati nelle proprie case, mentre nel
Regno del sud si ricostituiva l’esercito italiano, sotto la
denominazione di 1° Raggruppamento motorizzato, che iniziò
risalire la penisola al fianco delle truppe anglo-americane
combattendo con onore .
Tanti militari,
anche in mancanza di ordini chiari e specifici, preferirono
combattere direttamente per non arrendersi, come ad esempio, la
divisione Acqui a Cefalonia, pagando però un prezzo altissimo in
termini di rappresaglia, oppure darsi alla macchia e prendere le
armi contro le truppe nazi-fasciste.
Significativo al
riguardo è il ruolo del prof. Federico Tallarico di Catanzaro,
da noi conosciuto e intervistato che, con il nome di battaglia
di Frico, all’indomani dell’otto settembre, da sottotenente del
91° Reggimento di fanteria, si rifugiò in montagna arrivando a
comandare una brigata autonoma (e quindi senza connotazione
politica) molto combattiva nella zona delle Prealpi torinesi e
più precisamente in Val Sangone.
Frico, forte della
sua esperienza nel regio esercito, diede ai suoi uomini
un’organizzazione di tipo militare, sia dal punto di vista
logistico che tattico, che consentì di portare a termine, con
successo, varie e pericolose azioni di combattimento.
Il nostro impegno
nel recupero delle nostre storie, che si inseriscono in quella
italiana, offre questo modesto contributo, certamente
incompleto, in occasione della giornata del 25 Aprile con l’
auspicio che oltre alle manifestazioni ufficiali le nostre
istituzioni diventino protagoniste di nuovi impegni per offrire
alle comunità radici ben più consistenti e ricche di spunti.
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