IL MIO RICORDO DELL
ECCIDIO A CEFALONIA
La Medaglia donore concessa con
legge dello Stato ai cittadini italiani deportati in
Germania nei lager nazisti
Gaetano Renda,
nato a Sambiase nel 1923, lha avuta il 2 Giugno di
questanno, dalla mani del Prefetto di Catanzaro e del
Sindaco di Lamezia Giovanni Speranza. Pochi sapevano
che quell uomo è uno degli ultimi reduci della strage
di Cefalonia compiuta dai tedeschi a danno dei soldati
italiani dopo la firma dellarmistizio dell8 Settembre
1943.
La storia di quello scontro fra
ex alleati, durato circa 20 giorni e concluso con la
fucilazione di migliaia di nostri militari , è stata
riproposta negli ultimi anni dal Presidente della
Repubblica Ciampi nel corso della visita del 2001 ai
luoghi dove avvennero i combattimenti.
Nel 2006 il Parlamento licenziò, dopo un oblio di oltre
sessanta anni, la legge che riconosceva ai reduci ed ai
civili imprigionati nei campi di concentramento
nazisti la Medaglia d Onore della Presidenza del
Consiglio.
Gaetano Renda a sinistra del Prefetto Antonio Reppucci
Gaetano Renda la mattina della
Festa della Repubblica, accompagnato dall affetto della
figlia, del genero e dei nipoti, era seduto sulla sedia
a rotelle e non ha trattenuto le lacrime quando gli è
stata consegnata la Medaglia d Onore. I suoi occhi
vedono poco, ma nella sua mente sono tornate le immagini
di quei giorni tragici durante i quali dovette
assistere alla strage dei suoi compagni d arme.
La storia laveva raccontata a me
il Martedì 6 Novembre 2012 nella sua casa di Sambiase,
presenti i familiari e il genero Albino Gigliotti che mi
aveva parlato di lui qualche giorno prima su Corso
Numistrano, dove ci siamo rivisti, per caso, dopo molti
anni.
Quelli della generazione che ha
combattuto nella II guerra mondiale hanno vissuto in
famiglie numerose dove i bambini lavoravano fin dall
età scolare in aiuto ai genitori che, contadini oppure
operai dell edilizia, avevano nella sola forza delle
braccia gli strumenti per mettere insieme le risorse
necessarie. Tuttavia costruirono un robusto punto di
riferimento che li porto a realizzare una vita
dignitosa e un altrettanto sicuro avvenire per i figli.
Anche Gaetano fu fra questi. Iniziò a raccogliere le
olive a 10-12 anni dopo avere frequentato le prime
classi elementari. Il padre era muratore e la madre si
occupava della casa e dei numerosi figli. Quelli avuti
con il primo marito dovevano aiutare i piu piccoli,
nati dalle seconde nozze della donna. Lavoravo solo
per mangiare racconta , e la mia gioventù è trascorsa
così, con rari momenti di svago con i coetanei , in
prevalenza nei giorni festivi o nelle ricorrenze
tradizionali. Gli anni fra le due guerre mondiali erano
quelli del fascismo e la sua generazione crebbe in quel
contesto. L istruzione pre militare settimanale era
un appuntamento al quale era difficile sfuggire. Il
podestà di Sambiase in quel tempo era Rubino, l
istruttore del Sabato fascista Dario Mauro. Marce,
percorsi di guerra, tecniche di combattimento erano le
esercitazioni prevalenti. Nelle cerimonie ufficiali i
Balilla venivano convocati per far parte delle parate.
Renda ricorda la visita di Vittorio Emanuele III e la
rassegna ai soldati che partivano per la guerra.
Mussolini lo vide a Santa Eufemia allorchè, intervenendo
in occasione della bonifica della piana, aveva promesso
che al loro compimento sarebbe diventata una città. Non
sbaglio, oggi Lamezia lo è. Il nostro intervistato non
amava il fascismo per due motivi: si stava male e col
lavoro delle braccia si poteva appena campare. Inoltre
mancava la libertà di parola e pronunciarne qualcuna
sbagliata comportava l arresto da parte dei
carabinieri. Anche dopo la guerra ha mantenuto
invariato il suo punto di vista.
LA GUERRA, CEFALONIA
Giunsero per lui gli anni della
maggiore età che coincisero con linizio della II
guerra mondiale. La visita di leva la sostenne nel
Maggio 1942, dopo il compimento del 18° anno; seguì il
congedo provvisorio. Ma nel Gennaio 1943 , a 20 anni ed
a conflitto iniziato, fu arruolato nel 61° Reggimento
Fanteria ( brig. Sicilia) con destinazione Trento.
Trascorso il periodo di istruzione fu trasferito a
Montecorvino ( SA) e da lì a Brindisi. Inquadrato nel
16° RF ( brig. Savona) a Giugno del 1943 si imbarco
per la Grecia. Giunto nella zona di guerra fu assegnato
al 17° Reggimento della Divisione Acqui, prima a
Patrasso e successivamente, nel Luglio, a Cefalonia.
Erano quasi mille , utilizzati come complementi furono
divisi fra vari reparti. Renda andò ad Argostoli,
capoluogo dell Isola, quando arrivarono le unità
tedesche. La guerra non aveva sviluppi positivi per
loro e neppure per gli italiani. Il nostro Paese era
stato attaccato dalle forze alleate, sbarcate in Sicilia
nel Luglio del 43. I germanici avevano incassato il
colpo e stavano ritirandosi verso Salerno per opporre
maggiore resistenza all avanzata anglo- americana
utilizzando la linea
Bernhardt nei pressi di Mignano Montelungo e la
linea Gustav a Montecassino.
Un soldato tedesco, probabilmente
deluso per quegli eventi disse a Renda Tu andare a
combattere in Sicilia, significando che la difesa dell
Italia non riguardava piu le divisioni di Hitler ma
solo i nostri connazionali. I soldati italiani di
Cefalonia avevano saputo della caduta e dell arresto di
Mussolini il 25 Luglio ma non avevano festeggiato .
Qualche giorno prima dell 8 Settembre il generale
Gandin, comandante della Divisione Acqui, aveva chiesto
al nostro Gaetano da dove proveniva preannunciandogli
l arrivo di buone notizie molto presto. Evidente il
riferimento alla firma dell armistizio di Cassibile poi
reso noto via Radio, pur essendo stato firmato qualche
giorno prima dopo numerosi contatti segreti fra gli
uomini del Re e i rappresentanti Alleati. Ascoltammo
l annuncio alla vicina emittente della Marina. I
nostri soldati esultarono e festeggiarono sparando in
aria, verso il mare. Gli ufficiali intervennero subito
per frenare gli entusiasmi. Ci dissero che il nemico era
alle nostre spalle e avremmo dovuto difenderci, se
attaccati. La notte ci misero in marcia; sostammo dopo
un cammino di alcune ore. Al mattino dopo venne un
maggiore che disse essere di Nicastro ( probabilmente
Galli ndr) e ci invitò a consegnare le armi ai tedeschi
perché ci avrebbero portati in Italia. Non accettammo la
proposta , temevamo per la nostra libertà e per la vita:
i nostri ex alleati ci avrebbero presi prigionieri e
avviati chissà dove. Non immaginavamo quello che sarebbe
successo in seguito. Avevamo le armi e le munizioni,
anche se non erano giunti altri rifornimenti. Un
colonnello di artiglieria ci disse di andare a tenere
fermi i tedeschi: questo fu un ordine che condividemmo
tantè che in fila indiana ci mettemmo subito in cammino
verso le postazioni utili. Lo scontro iniziò anche a
colpi di cannone e di mitraglia. Un aereo tedesco fu
abbattuto dalla nostra Marina. Ma dopo si scatenarono
gli Stukas che bombardarono per l intera giornata.
Continuammo a combattere e ad andare all assalto al
grido di Savoia! ;costringendo i tedeschi alla resa
. Catturammo molti prigionieri in quella fase della
battaglia... Ma non era finita: Il mattino seguente gli
Stukas tornarono e bombardarono il comando italiano.
Vidi la scena da vicino tanto da assistere alla sua
distruzione.
In seguito il nostro
raggruppamento fu trasferito sull altro lato dell
Isola di Cefalonia . Fu li che i greci abitanti del
posto ci informarono delle fucilazioni di massa dei
nostri commilitoni di Argostoli. I tedeschi avevano
ricevuto i rinforzi che vinsero la nostra resistenza e
per 48 ore ebbero mano libera per compiere la strage.
Uccisero TUTTI i miei compagni , dice Gaetano Renda
allontanandosi con lo sguardo verso quel luogo e con
voce commossa. Erano trascorsi quasi venti giorni dall
8 Settembre e gli italiani erano rimasti senza ordini e
rifornimenti, abbandonati da Roma, malgrado il tentativo
dell equipaggio di un MAS che era riuscito a
raggiungere Brindisi per informare i nostri comandi di
quanto stava accadendo a Cefalonia. Il Re i i suoi
generali avevano lasciato l Italia e gli italiani,
soprattutto i soldati che avevano combattuto per loro.
Non giunse mai nessuna risposta! Nella parte dell
isola dove mi trovavo-prosegue Renda- vennero portati
da Argostoli 9 marinai e alcuni civili. Ci fecero
scavare una fossa e mentre lavoravamo con il dubbio che
era giunta la nostra ora un soldato tedesco disse che
non era destinata a noi. Infatti i marinai ed i civili
furono fatti entrare dentro lo scavo ed uccisi a colpi
di mitraglia, coperti con poca terra e lasciata compiere
a noi la sepoltura definitiva. Non siamo stati fucilati
forse per due motivi: per non avere sparato contro i
nostri avversari e perché loro erano ormai sazi di
sangue italiano dopo il massacrato di ottomila nostri
soldati, imposto da Hitler. A sopravvivere fummo circa
4000. Nelle ore che seguirono ci portarono sul luogo
dell eccidio per bruciare i cadaveri dopo averli
cosparsi di benzina. Unopera crudele che non ha
bisogno di essere commentata!
Ma non era finita: i superstiti
furono imbarcati su 4 navi e condotti ad Atene. Altre
tre navi erano saltate sulle mine e durante il percorso
veniva usata la mitraglia per colpire quelle vaganti e
farle saltare. Giunti a destinazione due generali, uno
italiano e l altro tedesco, chiesero a ciascuno di noi
se intendevamo collaborare con i germanici . Chi era
disponibile doveva schierarsi da un lato, gli altri su
quello opposto. Io fui fra i secondi e venni percio
deportato nel campo di prigionia di Vilnius nella
Russia Bianca dove lavorai . Ma le sorti della guerra
non erano favorevoli ai soldati di Hitler e man mano che
le divisioni russe recuperavano il terreno perduto le
truppe germaniche si ritiravano e noi dovevamo seguirli
in altri campi: prima a Pruzany e poi a circa 100 Km da
Varsavia.
MARISHA
Giungemmo in Polonia ,un luogo
dove la durezza della prigionia fu compensata dall
incontro con una ragazza del luogo, operaia in una
fabbrica di salumi, che si chiamava Marisha. Era
socievole, ma parlava con tutti e non con me. Decisi
allora di aspettarla nascosto dietro un muro, vicino al
reticolato del campo ; riuscii a incontrarla e a
parlarle. Iniziò l amicizia che si trasformò in affetto
fino a che decidemmo di fidanzarci nel modo in cui era
possibile nella condizione di prigioniero. Nello stesso
periodo ero riuscito ad avere un buon rapporto con un
soldato tedesco addetto ai lavori di muratura. Lo
sostituivo nella fatica e questo mi valse la sua
gratitudine. Alle volte per andare a trovare Marisha
saltavo il reticolato e rientravo per la stessa strada
per essere presente alle verifiche dei presenti nel
campo. Successe che una volta mi videro mentre tornavo e
rischiai una punizione severa, forse anche la
fucilazione. Fu il mio amico tedesco che parlo con il
suo capitano e lo convinse a non procedere oltre. Era
ormai la fine della guerra ed i tedeschi, sconfitti,
fuggirono dal campo lasciandoci liberi. Non ebbi il
tempo di salutare Marisha come avrei desiderato.
LA LIBERAZIONE E IL
RITORNO A CASA
Ci incamminammo per le strade
pericolose perché gli aerei americani . Quando
finalmente i loro reparti ci raggiunsero fummo trattati
con dignità e liberati dopo poco tempo. Con il treno
raggiungemmo prima il Brennero e poi Verona. Da qui
altri treni condussero ciascuno di noi a destinazione.
Negli anni della prigionia non avevo avuto notizie dalla
famiglia ne avevo potuto darne. Il mio arrivo a
Sambiase fu una sorpresa. Durante il percorso dalla
stazione di Sant Eufemia alla cittadina incontrai mio
cognato e mio fratello e con loro raggiunsi mio padre,
casa mia e la fidanzata che già avevo , ecco perché non
sono rimasto in Polonia!
IL seguito fu la ripresa della vita
normale e la ricostruzione del tratto disperso dell
esistenza.
Signor Gaetano qual è il ricordo
più intenso della sua esperienza della guerra?
Il volto di quei marinai scesi
nella fossa per essere fucilati, è un dolore che vive
dentro di me e non passerà mai!
art.1, commi 1271-1276, legge n°296 del 2006
Nel
1982 il presidente Pertini ruppe il nostro imbarazzo
sull evento recandosi in visita di Stato nell' isola
per esaltare i caduti italiani di Cefalonia e della
vicina Corfù. E pochi mesi prima il governo della
Repubblica (premier Cossiga) aveva inviato il ministro
della Difesa a presiedere una manifestazione di massa a
San Pellegrino, in Lombardia, per rievocare la tragedia
delle isole ioniche. Era in quegli anni che cercavamo di
restituire alla Resistenza il suo carattere di lotta
nazionale al di sopra di ogni aspetto ideologico. Non
era facile. Cefalonia ha sempre fatto discutere. Era il
primo vero atto della nostra guerra di Liberazione
(assieme alla resistenza nel Dodecanneso) e questo non
rientrava nello schema storiografico prevalente
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