CALABRIAINARMI

 " PER LA PATRIA! "

 1943: le speranze ed i versi del reduce Salvatore Caroleo
 

racconto del figlio Antonio:

GAGLIANO (CZ): 4 NOVEMBRE, FESTA DELLE FORZE ARMATE COMMEMORAZIONE DEI CADUTI DI TUTTE LE GUERRE. 

Il 4 novembre in tutte le piazze dei comuni d’Italia, le Autorità civili, militari, religiose e tutte le comunità, convengono davanti ai monumenti del milite di tutte le guerre, per celebrare la festa delle Forze Armate e commemorare tutti i caduti.

Anche in piazza Fontana a Gagliano (CZ) abbiamo assistito ad una cerimonia solenne che, come sempre, tra sventolio di bandiere e intonazioni di marce militari, prevede la deposizione di una corona di fiori ai piedi del monumento e la benedizione solenne, quest’anno, impartita da don Gregoire Nsabimana, sacerdote della nostra Parrocchia,  nativo del Ruanda  (terra sferzata dall’odio razziale, deturpata dagli orrori della guerra). Non si tratta di una funzione retorica, né di una tradizione da rispettare e tramandare, ma della rimembranza di tutti i caduti delle guerre a cominciare dalla prima grande guerra mondiale. Eventi drammatici e sconvolgenti che l’uomo ha il dovere di scacciare dalla sua mente.

Ebbene, sembra proprio una contraddizione in termini: da una parte si celebra la memoria, quindi il ricordo lucido e presente della guerra, della grande guerra, delle guerre giuste e sante, con i loro episodi patriottici ed eroici; dall’altra si rammentano gli orrori delle guerre, le devastazioni la miseria, la barbarie delle armi fratricide, azioni scellerate, peggiori del diritto delle tigri che uccidono e sbranano le vittime si, ma per fame, mentre gli uomini si massacrano a volte per dei cavilli, per delle virgole,  dei paragrafi.

Tuttavia è grazie a questa contraddizione in termini che l’uomo moderno nutre la speranza  di non cadere mai più nel baratro dell’odio, dell’intolleranza, di anelare ad un mondo di pace. Solo ricordando alle nuove generazioni i milioni di morti causati dalle scellerate brame umane si può sperare di scacciare dal cuore e dalla mente dell’uomo il desiderio di belligerare. Perché è nella mente degli uomini che hanno origine le guerre ed è nella mente degli uomini che bisogna costruire la pace. E’ necessario ricordare e vedere la guerra per quello che è, nella sua cruda e drammatica realtà, non esiste, ne esisterà mai, una "guerra grande" una “guerra giusta” una “guerra santa” esistono soltanto guerre che provocano distruzione, fame, miseria e cadaveri su tutti i campi, su tutte le sponde.

In questa giornata di commemorazioni, il nostro compito è di onorare la memoria dei caduti di tutte le guerre, tenere vivo il ricordo di ciò che è stato. Occorre memorizzare i nomi scritti su quella lapide che gridano a gran voce una sola cosa: Mai più guerra, avventura senza ritorno. Non dimentichiamo ciò che è stato per non commettere gli stessi errori: la via della pace non può passare per la guerra, deve necessariamente passare per il dialogo, la tolleranza, la non violenza, la cooperazione.

I nostri padri, memori degli orrori della “guerra” e consapevoli dell’alto valore umano della Pace  ci hanno fatto dono della Costituzione Italiana, esplicitando in maniera forte e decisa nell'articolo 11 che: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali […]”. Allora ben venga il giorno della commemorazione e della memoria il giorno in cui i popoli dell’Europa, e in generale tutta l’umanità, ricorda l’olocausto, rammenta la follia dell’uomo, il black aut dei valori umani,  il  periodo storico in cui la morale, la politica, la filosofia, la scienza, la tecnologia, alleate insieme nell’unica volontà di potenza, hanno esaltato l’egoismo, l’intolleranza, la superbia, l’individualismo, l’offesa dell’essere umano, creando il super io, un uomo superiore tanto superiore che alla fine è caduto miseramente nel peggiore dei suoi incubi:”nove milioni di morti nella prima guerra mondiale, ventisei milioni di morti nei lager nazisti, trentadue milioni di morti nelle trincee, sui campi di battaglia, nelle campagne e nelle città, tra civili e militari, questo l’orrore,  questo il frutto velenoso delle guerre”.

Per non dimenticare anche la piccola comunità di Gagliano commemora i suoi militi, non importa quanti, non importa se caduti valorosamente, quello che importa e che i loro nomi vengano scritti a chiare lettere nella nostra mente e siano ben leggibili sulla lapide. Non vogliamo apparire polemici se da queste pagine ci permettiamo di ricordare ai nostri amministratori di intervenire affinché la lapide posta in piazza Fontana, deturpata dal tempo e dall’incuria, e sulla quale i nomi dei caduti risultano sbiaditi e illeggibili, siano esaltati e visibili. Non è polemica, ripetiamo, siamo convinti che non possa bastare deporre corone e intonare marce un solo giorno, ma occorre ricordare tutti i giorni il sacrificio e l’eroismo dei nostri cari, leggere bene i loro nomi, uno ad uno, meditare continuamente e convincersi che l’unica battaglia da combattere, l’unica guerra da vincere è  quella per la Pace, per la fratellanza tra tutti i popoli della terra. Scriveva Voltaire, nel suo “Trattato sulla tolleranza”: Vi dico che bisogna considerare tutti gli uomini come fratelli. Come mio fratello il turco? Mio fratello il cinese? L’ebreo?  Il siamese? Proprio così: non siamo forse tutti figli dello stesso Padre e creature dello stesso Dio?

Ahimè!!!! Nonostante tali giusti e saggi insegnamenti, vecchi di secoli, sembra ancora che l’uomo moderno e intelligente non voglia apprendere, la sua stupidità non ha limite. Si susseguono altri conflitti altre guerre di religione, eccidi, pulizie etniche il cui conto dei morti risulta quasi impossibile, si dice due milioni nella Cambogia di Pol Pot, un milione di sventurati figli di Dio nell’eccidio  del popolo ruwandese e cosi di seguito, un ecatombe senza fine del genere umano.

Per questo facciamo nostro il grido lanciato da Paolo VI all’Assemblea dell’ONU del 1965, “Non più la guerra! Ma la pace deve guidare le sorti dei popoli e dell’intera umanità”  E’ la pace l’unica battaglia da combattere. Il pacifismo sarà imbelle, come enunciava uno slogan di regime, ma il bellicismo è ripugnante.

 

Per ricordare i militi, le loro angosce, i loro sacrifici riportiamo di seguito una poesia scritta da un soldato nel momento sicuramente più difficile; sottolinea i sentimenti che gli episodi di guerra dovettero suscitare nel suo cuore, la cui sola  aspirazione era tornare nella casa natia.

 

 “ A babbo e Mamma Mia”  di Salvatore Caroleo

( Siamo nell’anno 1943, l’esercito italiano è allo sbando, senza precisi ordini, ogni soldato cerca di raggiungere con mezzi di fortuna la propria casa. Dall’aereoporto militare di Ciampino – Napoli, dopo un bombardamento, inizia il lungo viaggio di ritorno verso la città di Catanzaro).

 

Nel tragico anno 1943, ognuno erra senza una meta in balia al destino.

Anch’io cerco la via, quella che porta a casa mia, per poter riabbracciare babbo e mamma mia.

Dopo circa un mese di lungo andare, a piedi scalzi e senza mai stancare ritorno a casa

Sorretto da quell’ardore che solo l’amore di mamma può donare.

Qui, nella tristezza di questi giorni bui, tra fuochi, bombe e sibilanti spari, nei silenzi della notte tetra

e scura, di colle in colle vo’ vagando, solo con l’imago tua vo delirando.

Mamma da te son tornato, tra le braccia tue mi son buttato

non è un sogno, non è un ‘utopia, è finalmente il dolce abbraccio di Mamma mia.

Ferventemente pregherò il Signore perché mi conceda a lungo il tuo amore.

Egli per Mamma ci ha dato la Madonna, mamma celeste,

ma qui su questa terra  Tu rappresenti Lei.

Tu mi donasti al mondo con tanto amore, portandomi su, su come un fiore,

guerra crudele mi strappo a te, lasciandoti sola, senza capire perché.

 

 

 

     
   

 

 
 

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